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Il rapporto speciale di Marangoni con il vetro

La mostra al Museo del Vetro, dal titolo “On the road”, racconta il percorso dell’artista veneziana che durante la sua lunga carriera ha realizzato gran parte dei suoi lavori in vetro 

Una ricerca votata alla sperimentazione continua e pionieristica attraverso diversi mezzi tecnologici e materiali, in cui persiste il rapporto speciale con il vetro. È questa la cifra dell’artista e designer veneziana Federica Marangoni, classe 1940, che da oltre cinquant’anni ha intrapreso il suo percorso artistico in modo eclettico e interdisciplinare. Proprio questo è oggetto della mostra “On the road. 1970 -2024 Non solo vetro“, a cura di Chiara Squarcina e Federica Marangoni che, affrontando diversi percorsi tematici, da domenica 19 fino al 24 novembre aprirà al pubblico al Museo del Vetro di Murano. Un excursus artistico, quello di Marangoni, che in diversi percorsi tematici prende forma negli ambienti del Museo. Il percorso inizia nell’ex spazio conterie dove sono esposte le prime sperimentazioni che l’artista realizza con il vetro a partire dal 1970, anno in cui Marangoni apre a Venezia il suo “Fedra Studio Design” e inizia a usare questo materiale, lavorando con frequenza costante in molte fornaci muranesi a stretto contatto con i maestri vetrai più importanti, tra cui Signoretto e Cenedese. Progetta oggetti di design, così come sculture in vetro e grandi installazioni, combinando video e luce al neon con la trasparenza e la fragilità del vetro.

Grandi e piccole opere

«Ad accogliere i visitatori all’ingresso del museo l’opera “La bricola”, realizzata nel 1971 su richiesta di Giò Ponti per l’Euro-Domus di Torino: un prototipo che darà poi il via ad una serie a lampade di design» spiega la critica d’arte Roberta Semeraro. Lo spazio delle “ex Conterie” si articola in più sezioni. Si parte dagli anni ’70 e ’80 in cui trova posto, tra gli altri, il gruppo “Natura sotto vetro”, le lampade a matita e molti bozzetti di lavori poi presentati su vasta scala. Opere monumentali esposte nelle principali città di tutto il mondo che sono poi state miniaturizzate dall’artista in originali gioielli da indossare. Tra questi spiccano l’anello e il pendente “La gabbia” con cubo in vetro azzurro all’interno, ispirato all’opera “La Gabbia di Luce” istallata a Tenerife nel 2004. In mostra anche la ricerca portata avanti dall’artista negli anni sull’uso dell’elettronica, come le opere “Broken Comunication” e “Crashed Tv”, realizzate da Signoretto, in cui al vetro di Murano sono accostate tv esplose, segno di una comunicazione impazzita. Dialoga con queste “Stairway to heaven” del 1998, una scala di vetro in cui sopra l’ultimo gradino è appoggiata una TV in vetro massiccio con inclusioni di bolle d’aria: «Mi immagino che arrivati in paradiso ci dicano “ora siediti e guarda”» ironizza l’artista.

Tracce di memoria

Significative poi le grandi opere “L’Archivio della memoria”, un grande libro in vetro con retroproiezionededicato a tutti i libri e gli archivi devastati dall’intolleranza umana, e “Il volo impossibile” di un grande aquilone in vetro. La memoria infatti per l’artista è leggera perché evanescente e vola via «così come gli archetipi della mia arte che ritornano a visitarmi periodicamente» dice l’artista. Domina infine, sulla parete in fondo all’entrata della sala, l’opera a led “Art has no sex”: «Non avete idea di quanta fatica ho fatto agli inizi, quando l’arte non era considerata una cosa per donne» spiega l’artista, che nell’ultima sala presenta una grande bobina da cui si srotola un filo rosso, che rappresenta la sua vita. «Per un artista avere una lunga vita vuol dire molto, è il tempo infatti a creare la memoria. Spero che di tutto questo percorso, simboleggiato dal filo rosso al neon che ho realizzato, ne resti traccia».

La dicotomia del vetro

In quella che è stata nominata la “Stanza della leggerezza” sono raccolte invece le opere realizzate dagli anni ‘80 ad oggi, che richiamano i concetti di aria, luce, volo e bellezza, archetipi di memorie antiche e allo stesso tempo eterne. Qui nuvole e farfalle vengono tradotte nel linguaggio del vetro fino ad ospitare l’ultima realizzazione di Marangoni: il grande lampadario “Scomposizione di un volo” realizzato da Cenedese. «Quello che interessa in particolare l’artista è la dicotomia tra la leggerezza e la pesantezza del vetro» spiega ancora la critica Semeraro. Infine, nel giardino trovano posto le grandi sculture multimediali, come la scala “Go Up Ladder” in cracked neon rosso e rete metallica, ma anche le opere degli anni ’80 legate al tema del giardino e delle sue implicazioni simboliche. «Siamo felici di ospitare in una mostra così ricca un’artista trasversale come Federica Marangoni, che ha saputo tenere sempre vivo il legame con il vetro di Murano. – dice Chiara Squarcina, Dirigente Area Attività Museali MUVE e curatrice dell’esposizione – Ci tenevamo a fare questa mostra in particolare per presentare il suo lavoro alle giovani generazioni. Quando si tratta di vetro contemporaneo infatti molto è già stato scritto e Marangoni in questo senso è stata fin dagli anni ’70 grande precursora».

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