
Il reflusso gastroesofageo costituisce uno dei motivi più frequenti per cui un essere umano si rivolge a un gastroenterologo; quello che però è peculiare è che il suddetto umano non viene dallo specialista di riferimento per una diagnosi, ma con una diagnosi… Cosa non così comune, invece, per la maggior parte delle malattie note!
Ormai il reflusso ha preso il posto della “gastrite”, che una volta avevano un po’ tutti. Qualunque disturbo genericamente attribuibile ai processi digestivi “alti” – quelli “bassi” portano ancora alla tradizionale diagnosi di “colite” – viene rapidamente e definitivamente inquadrato nella malattia da reflusso gastroesofageo, con le inevitabili conseguenze terapeutiche, nutrizionali come farmacologiche.
Come non bastasse, da alcuni anni a questa parte poi, anche sintomi non strettamente digestivi, come il “fastidio alla gola”, bruciore al cavo orale e tosse, sono sempre più spesso attribuiti al famigerato reflusso. Conseguenza inevitabile: l’aumento vertiginoso dei cosiddetti farmaci “gastroprotettori” – invano cerco di spiegare ai miei pazienti che lo stomaco non ha bisogno di protettori, salvo in casi particolari e ben definiti – e restrizioni alimentari in grado di mettere alla prova anche il più ascetico dei santi!
Dal gastroenterologo di solito si va per un paio di motivi: innanzitutto perché, malgrado tutto questo, i sintomi persistono o, in alternativa, perché il proprio curante oppone una (giusta) resistenza alla prescrizione reiterata di farmaci ritenuti opportuni. Il punto è che spesso la diagnosi, da qualunque parte arrivi, non è quella giusta, ed è questo il motivo per cui i farmaci non funzionano e magari il medico non li vuole prescrivere.
Per capirci, il reflusso è una condizione normale, che si verifica in tutti noi alcune volte al giorno, per cui i succhi acidi dallo stomaco risalgono in esofago, che non gradisce e può farsi sentire. Quando questi episodi si verificano oltre una certa frequenza, allora si parla di malattia da reflusso gastroesofageo, che è comunque frequente – fino al 20% della popolazione dalle nostre parti – ma spesso banale e di modesta entità.
Per essere pratici, prima e facile cosa da fare è evitare gli eccessi (che purtroppo piacciono a tutti…): mangiare poco e spesso – il cibo di per sé “tampona” l’acido, i classici cinque piccoli pasti possono essere sufficienti – masticare con calma, abolire fumo ed alcool.
Oltre a questo, si possono ridurre i cibi un po’ più a rischio di secrezione acida inappropriata: sono però alimenti non proprio “primari” in una buona dieta mediterranea, come brodo di carne, menta, cioccolata, fritti vari, eventualmente agrumi. Si può vivere più che dignitosamente limitandoli, credo.
Poi, ovviamente, una discreta attività fisica moderata, che fa bene per un sacco di motivi e che, in realtà, non è in cima al pensiero di molti di noi; sovrappeso e sedentarietà, purtroppo, hanno molto a che vedere con la malattia da reflusso. Il resto (diagnosi e farmaci eventuali) è lavoro, croce e delizia, del povero gastroenterologo.
C.I.D. s.r.l. Società a Socio Unico – Casa editrice del settimanale Gente Veneta – CF e PI 02341300271 – REA: VE – 211669 – Capitale Sociale 31.000 euro i.v. – Dorsoduro,1 – 30123 Venezia
Iscriviti a GREEN&SALUS e non perderti nessun aggiornamento, ti invieremo 1 volta a settimana i nuovi articoli!