
Il teatro, che dà possibilità di esprimersi e valore a tutti, diventa luogo di incontro, sorrisi e cura per l’anima. Si è svolto mercoledì 16 pomeriggio all’Auditorium del Museo M9 di Mestre l’evento conclusivo del progetto Teatro di Cittadinanza, ideato dall’attore e regista veneziano Mattia Berto e realizzato per l’Associazione Italiana Persone Down (AIPD) di Venezia Mestre, quest’anno intitolato “Suona e risuona, mappatura sonora della città”. Il percorso avviato l’11 febbraio scorso, possibile grazie alla collaborazione con le associazioni San Francesco della Vigna, Il Castello ODV, la società Duri i Banchi e alla Regione Veneto che ha finanziato parte del progetto, si è svolto ogni martedì nella sala Cube del museo e ha visto la partecipazione di un gruppo misto, composto da 11 ragazzi di AIPD tra i 20 e i 60 anni e 11 storici cittadini-performer del Teatro di Cittadinanza. Durante la serata i partecipanti al progetto si sono esibiti in una performance, in coro o singolarmente, presentando il lavoro che è consistito nel mappare i suoni della città e crearne di nuovi. «L’idea era di catturare e reinterpretare in ottica rigenerativa l’identità acustica di Mestre, stimolando un dialogo tra comunità e spazio urbano. – spiega l’ideatore Mattia Berto – Solitamente parto da testi teatrali di Shakespeare o Pirandello ma per il laboratorio con i ragazzi down ho preferito scegliere un tema a loro più vicino e far sì che la città diventasse cuore pulsante da mappare e narrare. Scopo era infatti quello di far emergere le abilità di ciascuno stimolando i sensi, e far star bene soprattutto chi ha più difficoltà relazionali».
I suoni sono stati pensati in ottica rigenerativa: «Abbiamo svolto un lavoro di raccolta e mappatura dei suonicoinvolgendo la cittadinanza e pensando a come potevamo crearne di nuovi per tre luoghi iconici di Mestre. Fermavamo i passanti dicendo loro se volevano donare un suono alla città. – continua Berto – In Piazza Ferretto, scelta come agorà, luogo simbolico e di aggregazione della città, abbiamo scelto di mettere campane, suoni di baci, saluti e come sfondo una marcia nuziale. Negli spazi industriali e residenziali di Marghera abbiamo invece voluto riproporre i suoni degli indiani, un modo metaforico per parlare di una comunità di emigrati varia con cui dobbiamo fidelizzare, imparando a condividere tempo e spazi. – spiega il regista – Al Parco Bissuola, infine, vista la presenza del Teatro del Parco, ci ha divertito l’idea di realizzare un connubio tra i suoni della natura e quelli dello spazio teatrale come gli applausi e il silenzio». Oltre al teatro quest’anno il percorso laboratoriale si è arricchito di una nuova dimensione narrativa: i partecipanti infatti oltre al linguaggio teatrale hanno potuto approfondire anche quello audiovisivo, dando vita ad un cortometraggio che è stato proiettato in anteprima durante la serata. Nella realizzazione è stato mostrato il backstage delle varie fasi laboratoriali del Teatro di Cittadinanza, la parte di ricerca e mappatura dei suoni della città e l’ultima in cui vengono mostrate le immagini dei luoghi scelti associati alla nuova musica scelta durante il lavoro. A fine serata poi la band inclusiva “Foglie in movimento” ha suonato e fatto ballare i presenti.
«È il secondo anno che faccio casa all’M9 con il progetto Teatro di Cittadinanza per i ragazzi down. Con l’associazione AIDP avevo iniziato a collaborare già tre anni fa al Cinema Teatro Kolbe» spiega Berto, raccontando come il suo progetto rivolto alla cittadinanza sia iniziato da tanti anni, espandendosi sempre più a nuove realtà del territorio. «Da circa 15 anni il mio progetto è diventato strumento per le comunità, per riflettere su temi sociali e politici». Teatro di Cittadinanza prese silenziosamente vita quando Berto assunse per dieci anni la direzione del Teatrino Groggia a Sant’Alvise, che era chiuso da tempo. Lì nacque il primo seme del progetto: «In questi anni di Teatro di Cittadinanza ho lavorato per e con la comunità, assieme a cittadini di tutte le età. Negli anni siamo stati in vari spazi della città, in istituzioni come le Gallerie dell’Accademia e la Fondazione Querini Stampalia, nelle botteghe, in alberghi, giardini, in spazi pubblici e perfino nelle case dei veneziani e in carcere». Ora il Teatro di Cittadinanza da circa 8 anni ha trovato casa al Teatro Goldoni, dove nella sala prove ogni mercoledì Mattia Berto e il suo collettivo si trovano per portare avanti il progetto, dando vita a numerosi laboratori e performance volti a valorizzare l’inclusione e la partecipazione attiva. Un progetto che da tempo si è esteso anche oltre laguna: Teatro di Cittadinanza ha infatti recentemente viaggiato a Cagliari, Cesena, Pieve di Cadore, e sarà presto a Treviso, Rossano Veneto e Vicenza. «Lavoriamo sempre site specific per costruire performance ad hoc. I cittadini collaborano con me e anche insieme ad altri attori professionisti. Scopo per chi partecipa è attivare uno sguardo collettivo in cui ci si mette in gioco e si riflette su temi diversi che riguardano la comunità. I miei infatti sono tutti progetti partecipati che possono diventare seme per ripensare le comunità di domani» sottolinea il regista.
Quest’ultimo progetto per persone down fa felici tutti e porta il sorriso: «Le famiglie dei ragazzi sono contente perché vedono che diamo loro un momento di svago che mette insieme tutti senza giudizio, in cui ognuno è vero protagonista nella sua città ma allo stesso tempo fa gruppo sviluppando capacità empatiche e relazionali. – e sottolinea – Molti dicono che il mio lavoro è terapeutico e fa star bene. Mi piace lo spirito di spontaneità e generosità nello stare insieme. Il tema del teatro che cura mi è molto caro, negli anni ho lavorato anche con centri psichiatrici e contesti complessi» dice, sottolineando come la rete virtuosa di associazioni e realtà che contribuiscono a questo progetto è un segno tangibile di quanto agire insieme attraverso arte, cultura e bellezza sia una formula vincente che crea ponti e sinergie. Infine racconta di come per lui nello specifico sia un grande dono lavorare con persone con la sindrome down: «Hanno una teatralità, una spontaneità e il brivido dell’imprevedibile che è nella natura del teatro e che difficilmente si riscontra in altri cittadini» dice, spiegando che ora alcuni ragazzi down con cui ha lavorato lo seguiranno anche in altri progetti futuri.
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