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Ilaria Capua: una sanità circolare per salvare uomini e pianeta

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La conferenza dà il via a una serie di incontri per i 100 anni del Museo di Storia Naturale di Venezia e i 50 della Fondazione Ligabue

«Per riuscire a superare le sfide e le minacce delle nuove pandemie che abbiamo di fronte, dobbiamo cambiare prospettiva – esordisce la virologa Ilaria Capua ospite del Museo di Scienze Naturali di Venezia – proprio come Dick Fosbury, che nel salto in alto fu il primo a ottenere dei risultati affrontando l’ostacolo di spalle invece che di petto, non solo vincendo la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Città del Messico del 1968, ma cambiando radicalmente questo sport».

La dottoressa, cittadina onoraria di Padova, con la sua lectio magistralis accessibile al grande pubblico ha dato il via a una serie di conferenze (Incontri_23) per celebrare i 100 anni dello spazio espositivo veneziano e i 50 dell’opera di Giancarlo Ligabue, oggi divenuta Fondazione. «Siamo legati da sempre al museo – racconta Inti Ligabue – ma in modo indissolubile dall’intitolazione a mio padre nel 2019. Con lo stesso spirito nasce questa serie di incontri per condividere il sapere e creare conoscenza e benessere, trovando elementi comuni fra uomo e ambiente, dato l’impatto delle nostre azioni sul pianeta. Dopo tre secoli di focus sulla salute umana, bisogna tornare ad agire per la terra».

Sanità circolare: i quattro elementi di base

«Il concetto di salute circolare che sto cercando di diffondere si basa sui quattro elementi naturali che sono interconnessi fra loro – spiega la scienziata – la terra ci dà da mangiare, basta pensare che le sole piante forniscono l’80% del cibo del mondo e i suoi frutti diventano parte di noi, ma il verde è un elemento indifeso, sta a noi proteggerlo. Come ci è fondamentale anche l’aria, che dobbiamo riuscire a ripulire».

«Gli altri due elementi sono forse ancora più preoccupanti – continua la virologa – la salute di mari e oceani è messa a dura prova dall’intervento dell’uomo che li ha riempiti di plastica, che aumenta lo stress delle specie marine, basti pensare che il virus dell’herpes si manifesta anche nelle tartarughe, i derivati del petrolio entrano nella catena alimentare, tanto che è stata trovata nella placenta e nel cordone ombelicale umani. Al fuoco corrisponde il riscaldamento globale e gli incendi che favorisce. Non concentrandosi su questi quattro elementi continuando di questo passo ridurremo l’aspettativa di vita delle generazioni future, lasciandogli un pianeta che abbiamo preso a calci».

Un mondo sistemico: i dati per comprenderlo

«Io sono una virologa, cosa c’entrano questi elementi con il mio lavoro? – s’interroga la professoressa – quello che accade sulla terra, nell’acqua, nell’aria e che provoca il fuoco riguarda la nostra salute favorendo la trasmissione o il salto di specie di alcuni virus. Viviamo in un sistema chiuso, dove ogni cambiamento ha un impatto: le polveri degli incendi in Nord America sono arrivate fino all’Europa, la plastica che disperdiamo è un legante che si porta dietro residui, quindi le microplastiche che si originano potrebbero trasportare elementi estranei, anche patogeni».

«La pandemia, che avevo predetto studiando i dati, ha dimostrato che il sistema si può cambiare, per qualche mese la natura è tornata e “respirare” con meno stress provocato da noi umani – spiega Capua – perché quindi per gestire questa complessità non usiamo le informazioni per capire le interconnessioni fra elementi, superando le barriere che abbiamo creato fra i diversi campi del sapere? Siamo vittime di iper-specializzazione, abbiamo creato nicche che non dialogano fra loro, quando dovremmo cercare linguaggi comuni e generare consapevolezza arrivando a tutta la popolazione, con un effetto “virale” in senso positivo».

Un impegno collettivo, a partire da piccoli gesti

«Non è possibile pensare che i nostri gesti non abbiano un impatto sul pianeta, dobbiamo passare da una visione “ego” a una davvero “eco” anche in ambito sanitario – spiega la virologa – la salute circolare parte dal passato, che ci ha portato a convivere con batteri super resistenti agli antibiotici, al presente in cui uomini e donne devono essere studiati dal punto di vista medico con specializzazione di genere non aggregati come accede spesso e al futuro, dove dobbiamo massimizzare l’impatto delle coperture vaccinali».

«Bastano piccoli gesti per preservare l’ambiente da rischi sanitari – conclude Capua – dal non gettare i farmaci nella normale immondizia in modo da non contaminare altri oggetti o l’ambiente, rischiando di entrare nella catena alimentare, al non sprecare l’acqua fino a igienizzarci le mani. Parlare di salute circolare significa uguaglianza, senso civico e condivisione ma anche divulgazione, c’è bisogno di scienza ma soprattutto di conoscenza, bisogna capire per andare avanti compatti. L’esperienza del Covid non può lasciarci come ci ha trovati altrimenti non saremo degli homo sapiens ma stupidus».

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