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In mostra le idee da “23 Watt” degli studenti dell’Accademia

Al Magazzino del Sale n.3, fino al 29 luglio, la mostra con i progetti degli studenti dell’Accademia di Belle Arti

I media digitali necessitano ancora oggi di un approccio antropico. È il tema sviluppato nella mostra “23 Watt”, allestita al Magazzino del Sale n.3, realizzata dagli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, visitabile fino al 29 luglio. L’esposizione testimonia la potenza creativa ottenibile attraverso l’intelligenza artificiale, con idee che arrivano fino a 23 Watt: misura che non si riferisce solo all’energia che serve per accendere una lampadina ma anche alla potenza elettrica massima che il cervello può generare in stato di veglia. La mostra, coordinata dal professor Alberto Zanchetta, presenta le opere di 19 studenti dei corsi triennali e magistrali, realizzate in team o singolarmente durante l’anno e come elaborati di tesi. I lavori basati sulle tante declinazioni delle nuove tecnologie si basano sulle più attuali ricerche estetiche e sulle sperimentazioni laboratoriali, coinvolgendo non solo gli studenti della scuola del corso di Nuove Tecnologie dell’Arte ma anche dei corsi di pittura e scultura.

Virtuale, naturale e urbano

Sono cinque le aree tematiche che compongono la mostra. La prima “Rituali (im)materiali” propone una riflessione sul valore della documentazione analogica e virtuale con opere di Atelier 12, Cheng Luna, Cong Yubo, Xu Tongxin, Chen Jinyue e Matilde Bresaola, Marco Luciani, Francesco Masetto, Li Zhiwei e Irma Zorzi. In particolare gli artisti si sono occupati di creare attraverso l’intelligenza artificiale un fittizio museo virtuale del patrimonio artigianale cinese e un influencer di nome Sofia, per metà europea ed orientale, che cerca di fare amicizia tramite profili social accessibili ai visitatori mediante Qr code. Realizzazioni che invitano gli utenti a non credere all’apparente veridicità dei media moderni. “Oltre la soglia” invece riflette sui mutamenti dell’ambiente naturale. Marco Zilja sottopone diversi tipi di vegetazione, pensati come sculture, allo sbiancamento attraverso il processo di decellularizzazione, invitando ad immaginare una seconda natura. Giuliano Vaccai invece analizza la contaminazione del paesaggio urbano con fotografie scattate in notturno e stampate su alluminio, dove ritrae la natura che si impossessa degli ambienti urbani; inoltre attraverso materiali legati all’ambiente urbano crea installazioni per riflettere sulla trasformazione ambientale e delle città.

Meta-realtà

Nella sezione “Derivazioni & proliferazioni” sono portati in scena i cortocircuiti tra la vita reale, l’intelligenza artificiale e l’estetica video-ludica. Se Wang Yuelin, in una versione da “The day after”, narra di come la natura dopo il lockdown si sia ripresa gli spazi crescendo in sincronia con l’architettura, Lin Chengwei medita invece sull’invecchiamento della popolazione con un videogioco testuale dedicato al nonno scomparso. Nel mentre Wu Han cerca di esplorare il confine tra l’estetica video-ludica che nell’uomo crea dipendenza nella vita reale. Si focalizza nello psecifico sulla meta-realtà la sezione di mostra “Accesso libero”. Tra gli ambienti immersivi, quello di Piero Canal mostra come l’esperienza alienante del digitale diventi poi nuova realtà astratta. Tommaso Andrich porta l’esperienza di gioco ambientata in una caverna dalle sembianze umane, la cui uscita è raggiungibile dall’osservatore seguendo un suono realizzato con la tecnica del beat box per rendere l’idea del sottosuolo più realistica. Sempre in questa sezione, Giulia Gaffo, ispirandosi all’antropocene, realizza la mappa digitale di un non luogo. Un giardino in cui lo stereotipo naturale inciampa con l’incoerenza finendo alla deriva, richiamando il sublime dei quadri di Friedrich. Infine, nell’ultima sezione “Quadro elettrico” la videoinstallazione “Monade” di Davide Barbini, riprendendo con una telecamera lo schermo di un pc, come se due specchi fossero uno di fronte all’altro, realizza in loop una riproduzione infinita di immagini arrivando all’astrazione e richiamando, seppur involontariamente, le opere 900esche di artisti quali Malevic e Rothko.

Nuove tecnologie

<La mostra permette di lavorare sul rapporto fra formazione e produzione> commenta il direttore dell’Accademia di Belle Arti, Riccardo Caldura, annunciando che dal prossimo settembre il Dipartimento di Nuove Tecnologie dell’Arte si trasferirà da San Servolo alla Giudecca, in spazi più idonei alla strumentazione tecnologica utilizzata. <Negli ultimi anni l’Accademia si è aperta in modo marcato ai nuovi linguaggi grazie a un aumentato organico di professionisti del settore e ai 450 iscritti al percorso di formazione>. Dalla mostra nasce anche l’incontro che venerdì 16, alle 15.30, vedrà dialogare insieme nell’aula magna dell’Accademia Denis Curti e Giulia Vannucci che, moderati da Gianni Gosdan e Paolo Della Corte, parleranno di fotografia.

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