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Italico Brass: l’opera più bella va all’Istituto Veneto

Andrea Brass, nipote del pittore Italico, a conclusione della mostra tenutasi a Palazzo Loredan, ha deciso di donare l’opera “Caffè Florian” all’Istituto Veneto di Scienze, Arti e Lettere

Il dipinto “Caffè Florian” di Italico Brass, uno dei più belli ed iconici della produzione dell’artista, è stato donato all’Istituto Veneto di Scienze Arti e Lettere di Venezia, che a Palazzo Loredan ha da poco concluso la grande mostra dedicata al pittore, protagonista della scena artistica dei primi decenni del Novecento. La mostra “Italico Brass, il pittore di Venezia”, promossa dall’Istituto e da Linea d’acqua, che ha visto la curatela di Giandomenico Romanelli e Pascaline Vatin, ha segnato la riscoperta da parte del pubblico e la doverosa riaffermazione critica di Brass sulla scena artistica dopo che non veniva realizzata una mostra su di lui dal ’48. La cerimonia di donazione dell’opera si è svolta ieri, giovedì 25, nella Sala degli stucchi di Palazzo Loredan alla presenza del nipote dell’artista Andrea Brass, donatore del dipinto, e di Andrea Rinaldo, Presidente dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, accompagnati da Luca Zentilini di Linea d’acqua e il curatore Giandomenico Romanelli.

Un’ opera che racconta una storia

Il dipinto “Caffè Florian” è una delle opere più note e importanti dell’intera produzione brassiana, non solo dal punto di vista artistico ma anche per il valore storico e documentario. L’opera, un olio su tela di 150×160 cm, è stata realizzata nel 1912. Con vivacità e il suo  tocco tipico, Brass ripropone uno dei luoghi centrali della vita culturale veneziana tra XIX e XX secolo. Il pittore in quest’opera non coglie solo un momento della vita e delle dinamiche cittadine, in uno dei luoghi più vivaci e rappresentativi della città, ma ritrae anche in primo piano nell’angolo sinistro dell’opera tre indiscussi protagonisti del governo e della cultura veneziana dei primi del Novecento. Seduti a un tavolo dello storico caffè sotto le Procuratorie Nuove, luogo in cui nacque l’idea di realizzare la Biennale d’Arte, si distingue primo fra tutti Pompeo Molmenti, straordinaria personalità di letterato, critico d’arte e giornalista, amico e frequentatore di artisti come Ciardi, Nono, Favretto e Paoletti, assessore all’istruzione a Venezia, deputato e poi senatore del Regno d’Italia, nonché presidente dello stesso Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. Seduto di profilo, porta un cappello di paglia chiaro ed è intento a leggere un giornale. Insieme a lui a sinistra, contraddistinto dalla sua folta barba, c’è Antonio Fradeletto, Segretario Generale della Biennale fino al 1919, mentre è ancora incerto se l’uomo a destra con bombetta e sigaro, completamente rivolto verso l’osservatore, sia Filippo Grimani, sindaco di Venezia dal 1895 per ben 24 anni. Grimani non fu tra i fondatori della Biennale, come invece il sindaco Riccardo Selvatico che però di certo non può essere stato rappresentato visto che morì nel 1901. Alcuni sposano invece l’idea si tratti di un commerciante che avrebbe appoggiato la Biennale.

Rara monumentalità

«È un’opera importante dal punto di vista del passaggio linguistico nella produzione del pittore. Si tratta di un unicum in quanto presenta una monumentalità rara in Brass, solitamente molto più interessato alla rappresentazione della vita quotidiana, alla gente, alle piccole cose, alla Venezia minore che pure compare sullo sfondo dell’opera. – sottolinea Giandomenico Romanelli – In questo caso però, forse proprio per sottolineare la presenza di questi protagonisti nella storia culturale della città, Brass dà all’opera un’enfasi notevole». Il pittore realizzò sicuramente un altro dipinto che rappresentava il Florian e diversi sono gli studi preparatori. Brass dipinge quest’opera in un periodo di grande affermazione artistica a livello internazionale e di riconoscimento in città come cultore ed esperto d’arte antica. L’anno prima della realizzazione dell’opera 70 sue opere avevano girato l’Europa in una mostra personale e in quello stesso 1912 Brass veniva invitato a far parte del Consiglio Superiore d’Antichità e Belle Arti presso la Regia Accademia e nominato membro del Comitato di Sovraintendenza dei Musei Civici d’Arte e di Storia veneziani. Due anni più tardi, nel 1914, il gallerista francese di maggior influenza, Georges Petit – colui che aveva portato fama alla pittura impressionista – organizza per Brass una gigantesca mostra personale: 139 olii e 24 disegni, tutti di soggetto veneziano.

Il successo della mostra

L’esposizione da poco conclusa a Palazzo Loredan è stata un successo. Oltre 10 mila sono stati i visitatori paganti su 14 mila totali. «Altro dato importante è stata la vendita del catalogo. Solitamente le vendite durante le mostre si attestano al 2%, noi invece siamo arrivati al 9%, con oltre 900 cataloghi venduti» ha detto Luca Zentilini di Liea d’acqua. Il dono dell’opera “Caffè Florian” all’Istituto corona il successo dell’esposizione che ha riacceso l’interesse dei veneziani nei confronti di Italico Brass. «Ringraziamo Andrea Brass per questa donazione straordinaria. L’opera penso resterà nella Sala degli stucchi. Appena l’ho vista qui adagiata sul cavalletto ho pensato fosse fatta apposta per questa sala» ha detto il presidente dell’Istituto Andrea Rinaldo, anticipando che con Linea d’acqua proporranno altre mostre sull’800. «Sono contento che ora quest’opera, la più importante che ho ereditato e tra le mie preferite, abbia trovato nuova casa. Con questa volevo lasciare un segno all’Istituto dopo la grande mostra ospitata che ha ridato luce all’arte del mio predecessore» dice Andrea Brass, a cui l’opera venne data in eredità quando nel 1975 il giudice decise la divisione casuale del patrimonio in quattro lotti.

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