«Tutto è iniziato nel 2014, quando abbiamo deciso di lasciare Venezia – racconta Piero Pellegrini – io e mia moglie avevamo bisogno di trovare un luogo dove nostra figlia non dovesse incontrare barriere architettoniche visto che anche noi, con l’età che avanzava, facevamo sempre più fatica ad alzarla e spostare la carrozzina fra calli e ponti. Così è nata la Casa di Anna, ma ci siamo accordi fin da subito che per una persona sola era troppo spazio, per cui abbiamo deciso di aprire le porte e realizzare la prima fattoria sociale della Città Metropolitana di Venezia, oggi riconosciuta anche dal “Premio Adriatico“».
«Quando siamo arrivati qui a Zelarino, c’era solo un bosco selvaggio e un rustico che cadeva a pezzi – continua Pellegrini – abbiamo deciso di bonificare e fare rinascere questo luogo rimettendo a nuovo l’edificio che era del ‘700, che sistemato si è rivelato di grande fascino storico. Siamo sensibili alle persone più svantaggiate e visto che il luogo si prestava, abbiamo deciso di dare la possibilità di venire da noi a chi ha problemi di inclusione sociale come disabili, persone che devono svolgere servizi sociali e minori che vengono da famiglie svantaggiate o sfortunate».
«Come fattoria sociale, iscritta regolarmente all’albo della Regione dal 2016 – spiega Piero – la realtà svolge una vera e propria attività di azienda agricola. Quindi chi viene da noi, lavora! Secondo le proprie possibilità ma tutti hanno dei compiti precisi. Siccome siamo ambientalisti e coscienti dei danni che il degrado naturale sta causando abbiamo creato una vera e propria oasi di ecosostenibilità, la nostra orticultura è esclusivamente biologica e siamo in regime di autosufficienza energetica. Riduciamo al minimo lo spreco alimentare perché produciamo compost e trattiamo tutte le acque reflue con fitodepurazione. I nostri mezzi sono elettrici e caricati grazie al nostro impianto fotovoltaico».
«Sostenibile e sociale, ma il nostro è un business – continua l’imprenditore – non siamo emanazione di nessuna fondazione e non riceviamo finanziamenti, al massimo ogni tanto qualcuno ci regala qualcosa. Arriviamo a occupare fino a 18 persone, fra contratti a tempo indeterminato e stagionali e ci sosteniamo esclusivamente con la vendita dei nostri prodotti ortofrutticoli. Se vendiamo stiamo in piedi, altrimenti non abbiamo aiuti. Per questo offriamo un alto livello che può competere sul mercato, oltre ai prodotti, che si possono trovare anche in cinque diversi punti vendita partner, di servizi con un ristorante nella forma di agriturismo e camere per soggiornare».
Oltre al protocollo attivato con l’ULSS3, per cui vengono individuate persone con disabilità che sono però adatte alle mansioni della fattoria e sono seguite da educatori, i minori vengono inviati qui in accordo con il Ministero della Giustizia e la Città Metropolitana. «Abbiamo anche una serie di attività per le persone più in difficoltà – aggiunge Pellegrini – fra cui il nostro “Lavoratorio”, dove chi non ha grande energia fisica può comunque dare il suo contributo creando e decorando le etichette dei prodotti che vendiamo e scrivendo dei frasi e poesie che inseriamo nelle nostre cassette regalo natalizie. E’ un modo per dare anche a loro modo di esprimersi, spesso con pensieri davvero struggenti».
«Si è inoltre appena concluso il “Memory garden” – racconta l’imprenditore – un progetto in collaborazione con il Lions Club e la Chiesa Valdese per i malati di Alzheimer. Con l’Associazione Alzheimer Venezia abbiamo creato un percorso per le varie forme di stadio della malattia, che attraverso la raccolta di erbe aromatiche in aiuole rialzate, con lo stimolo degli odori favorisce il ricordo di emozioni passate. Questo progetto è stato svolto anche assieme alla dottoressa Meneghello dell’ospedale San Camillo, che è anche docente IUSVE, dalla misurazione della risposta dei malati agli stimoli sensoriali è nata anche una tesi di laurea, che verrà discussa fra qualche mese. I pazienti che abbiamo ospitato venivano dalle RSA della Gazzera e dall’IPAB Mariutto di Mirano oltre che dall’associazione malati».
Il lavoro della Casa di Anna è stato recentemente premiato con il “Premio Adriatico” per il Veneto tra le eccellenze delle terre che bagnano il Mar Adriatico, dalla Puglia all’Albania. Il Premio, giunto alla quinta edizione, considera diverse categorie di eccellenze, fra cui il sociale, e decreta i vincitori con la valutazione di una commissione. «E’ stato il riconoscimento di quanto fatto finora – commenta Pellegrini – è una professione che io e mia moglie ci siamo inventati per Anna e le persone come lei, io vengo dall’imprenditoria, mi sono sempre occupato di tutt’altro settore».
«Qui da noi lavorano tutti e vengono controllati per fare le cose fatte bene – conclude – dal frutto del lavoro dipende la nostra sopravvivenza ma anche la dignità che le persone riconquistano. Chi è occupato qui, anche i dipendenti stabili, sente come propria questa missione, non vengono solo a timbrare il cartellino. Abbiamo creato questo luogo per dare un’alternativa e una speranza ad Anna, diversamente avremmo dovuto metterla in un istituto per lasciarla morire mentre qui vive. Io e mia moglie però non saremo eterni, per questo siamo stati fra i primi in Italia a seguire la legge sul “dopo di noi”, che definisce le regole ma non l’applicazione, per creare un fondo speciale che garantirà il futuro e la dignità a nostra figlia. E’ stato un lungo lavoro di tre anni, ma esserci riusciti ci rende orgogliosi, anche per questo la Casa di Anna potrebbe essere da riferimento per chi si trova in situazioni simili e non sa come fare di fronte al vuoto di applicazione delle leggi».
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