
«Qui la fede diventa cultura. Siamo nell’imminenza della Settimana Santa e il dipinto di Tintoretto emoziona e colpisce per la sua grandezza e ritrovata brillantezza nei contrasti tra chiari e scuri, tra luce e tenebre, l’insieme variegato dei personaggi e il genio del maestro che ci pone dentro l’evento decisivo della fede cristiana e della storia». Ha esordito così il Patriarca Francesco Moraglia, intervenuto sabato 12 per benedire la “Crocifissione” di Tintoretto (Venezia, 1518 – 1594) durante la cerimonia di inaugurazione del restauro del grande telero alla Scuola Grande di San Rocco a Venezia, i cui lavori si sono conclusi proprio a ridosso dell’inizio della Settimana Santa. L’enorme telero, completato dal maestro nel 1565, è stato restaurato in due anni di intenso lavoro grazie al finanziamento del Comitato Save Venice, attraverso la generosa donazione di Arnold M. Bernstein, dai restauratori della CBC Conservazione Beni Culturali, di cui è stata capocantiere la restauratrice Caterina Barnaba e direttrice dei lavori la storica dell’arte Maria Agnese Chiari Moretto Wiel (leggi qui).
Durante la presentazione dei lavori, svoltasi nella Sala Capitolare, il Patriarca ha sottolineato quanto all’interno della più grande opera mai realizzata da Tintoretto (misura oltre 5 metri di altezza e 12 di larghezza) e destinata alla Sala dell’Albergo della Scuola, dove è tuttora, sia riassunto e rappresentato l’intero dramma dell’uomo e di Dio: «Dramma è inteso nel senso greco di azione: il bene e il male, il dolore e il suo significato ultimo». Il richiamo alla teologia della storia nel capolavoro letterario di sant’Agostino, il “De civitate Dei”, torna in questa tela» ha detto il Patriarca alla vigilia della Domenica delle Palme. Il Capolavoro del Tintoretto, raffigurante Gesù in croce, rimanda al Vangelo di Giovanni, in particolare ai versetti che recitano “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto”: «L’opera ci rimanda a quella che per l’evangelista Giovanni è l’ora di Gesù, dell’uomo e del mondo. La fede diventa linguaggio e poesia».
Poi parla dello scandalo della croce issata 2000 anni fa al Calvario, simbolo di sofferenze e ingiustizie: «Nel Dio crocifisso c’è speranza per ogni uomo, perché quella croce e quella morte sono diventate risurrezione. Il Tintoretto ha saputo esprimere tenebre e luce nel modo migliore». Poi sottolinea come osservando la Crocifissione del Tintoretto venga in mente il motto caro alla tradizione monastica certosina: “Stat crux dum volvitur orbis”, ossia “La croce rimane mentre il mondo passa”: «Il motto traduce perfettamente il mistero del Venerdì Santo: la Croce di Cristo che rimane salda sulla roccia del Calvario, sospesa tra terra e cielo, mentre passa la scena di un mondo che prosegue ignaro la sua corsa effimera continuando a inseguire idoli e chimere. – e conclude Moraglia – Gesù è issato sulla croce in segno di perenne alleanza tra Dio e gli uomini. Mentre il suo costato viene trapassato da una lancia, il Figlio bagna ancora la terra col suo sangue perché nessuno dei suoi fratelli si perda, ma ognuno ritorni pentito al Padre volgendo lo sguardo a Colui che ha trafitto col proprio peccato». Proprio Tintoretto nel telero dell’Ultima Cena presente nella Sala Capitolare racconta il concitamento degli apostoli che non si accorgono dell’istituzione dell’Eucarestia mentre invece a Giuda, il traditore, non sfugge la scena (leggi qui). L’opera della Crocifissione ancora oggi fa riflettere sui valori cristiani: «Ringrazio il Patriarca che è voluto venire all’inaugurazione per l’eccezionalità di questo quadro, che sintetizza gli aspetti della fede della cultura e della civiltà veneziana che nel ‘500 presentava un mondo ancora rispettoso dei valori della persona e dei ceti sociali che la componevano. – sottolinea il Guardian Grande Franco Posocco – Siamo in un tempo in cui c’è bisogno di messaggi civili quando giorno dopo giorno le nuove barbarie sembrano rievocare antiche guerre e conflitti».
I restauratori hanno lavorato molto per poter terminare i lavori entro la Settimana Santa: «Nell’ultimo mese è stata una corsa contro il tempo. Per via del meteo, del troppo freddo e della troppa umidità, avevamo paura di non riuscire a verniciare l’opera entro i termini previsti, ma ce l’abbiamo fatta e siamo riusciti a consegnare l’opera prima della S. Pasqua come ci eravamo ripromessi in questo periodo due anni fa» ha detto la direttrice dei la lavori Maria Agnese Chiari Moretto Wiel. Al termine della presentazione del restauro, insieme al Guardian Grande, ai responsabili dei lavori e a Melissa Conn di Save Venice, il Patriarca si è recato nella Sala dell’Albergo per ammirare l’opera tornata al suo antico splendore. Dopo aver benedetto il telero, ha sostato per un momento in preghiera: «Ammirando questa ritrovata Crocifissione, guardando a Lui, innalzato come segno di salvezza, anche la nostra storia può tornare a sperare. Guardiamo a questa tela come a un momento in cui l’arte, che è creazione dell’uomo immagine di Dio, illumini il nostro cuore e le nostre menti».
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