Tecniche, culture e geografie diverse: è ciò che contraddistingue la collezione d’arte di Gemma De Angelis Testa, donata al Comune di Venezia per essere esposta al Museo d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro della Fondazione Musei Civici di Venezia, attualmente visibile in mostra fino al 17 settembre negli spazi del secondo piano del museo. La mostra è a cura di Gabriella Belli, ex direttrice MUVE che durante il suo mandato ha seguito le fasi della donazione con cui Gemma De Angelis ha voluto rendere pubblico il proprio patrimonio artistico, costruito dal 1994. Si tratta della più importante donazione dai tempi del lascito De Lisi Usigli, avvenuto nel 1961, che conferisce a Ca’ Pesaro una veste sempre più contemporanea. Sono in totale 105 le opere realizzate dal 1950 fino ad oggi dai protagonisti della scena artistica contemporanea, che testimoniano la passione della collezionista.
La raccolta presenta opere che abbracciano tutti i mezzi espressivi, dalla pittura alla videoinstallazione, toccando temi che vanno dalla violenza all’emancipazione femminile, dall’immigrazione alla cultura e società di massa. La raccolta annovera capolavori di Cy Twombly e Robert Rauschenberg, affiancati ai maestri dell’Arte Povera come Michelangelo Pistoletto. Il viaggio nell’arte del secondo ‘900 si articola con opere fondamentali della produzione di Anselm Kiefer e con lavori iconici di Gino De Dominicis, Francesco Clemente, Enzo Cucchi, Mario Schifano e ancora sculture di Tony Cragg ed Ettore Spalletti. L’altra metà dell’avanguardia è ben rappresentata nella collezione con le visioni di Marina Abramovic, Vanessa Beecroft e Candida Hofer. Il gusto collezionistico si esprime anche nelle importanti presenze di Sabrina Mezzaqui, Paola Pivi e Marinella Senatore, in una collezione che mette in relazione tra loro autori diversi dell’arte internazionale con lavori di Anish Kapoor e Marlene Dumas passando dal sudafricano William Kentridge al britannico Chris Ofili e all’americano Bill Viola, fino al cinese Ai Weiwei. Tutte opere, molte di queste monumentali, in continuo dialogo con 17 capolavori del geniale pubblicitario torinese Armando Testa (1917-1992), nonché marito di De Angelis, che ne ripercorrono l’universo immaginifico.
Tra i tanti temi presenti, una sala in particolare è dedicata al dramma delle guerre e dei conflitti. Qui, come in un antico compianto sul figlio morto, padroneggia l’immagine di Marina Abramovic (Belgrado 1946), fotografata durante la performance “Balkan Baroque” premiata con il Leone d’oro alla 47^ Biennale di Venezia nel 1997. L’artista, come una Madonna dolente, seduta su un cumulo di ossa animali, tenta di ripulire dai brandelli di carne residui le 1500 ossa accumulate ai suoi piedi in una sorta di rituale contro le stragi dei Balcani. Nel ciclo di opere fotografiche “Rage”, invece, realizzate alla fine degli anni ’90, l’iraniana Shirin Neshat (Qazvin 1957), in esilio dal 1979 in America, racconta il coraggio e la forza delle donne iraniane costrette a vivere prive di diritti in subordinazione all’uomo e alle leggi dell’Islam.
<Mi sono sempre adoperata nel promuovere gli artisti affinché avessero visibilità e negli ultimi anni ho pensato fosse arrivato il momento di dare loro un futuro. – spiega De Angelis, dicendo che da tempo aveva un progetto orientato al mecenatismo più che al collezionismo privato, per condividere con il pubblico la sua passione – La mia non è una collezione studiata, volevo avesse messaggi di quello che avveniva nel mondo, per questo ci sono artisti occidentali ma anche provenienti da America, Africa e Asia che ben dialogano con le opere di mio marito. – afferma, ricordando la prima volta che arrivò a Venezia nel 1970 per la 35^ Biennale d’Arte – La città mi ha regalato i due incontri più importanti: quello con l’arte contemporanea e quello con Armando> ha detto, ammettendo che probabilmente non si fermerà con il collezionismo.
<Questa collezione fa di Ca’ Pesaro una vetrina sempre più legata al contemporaneo. Compito specifico di ogni direttore museale è pensare all’arricchimento del patrimonio. – ha sottolineato Gabriella Belli, commentando l’atto più importante della sua direzione scientifica a Venezia – In mostra ho cercato di ragionare per affinità elettive, tentando di ricostruire il percorso delle opere>. La collezione, presentando autori del secondo dopoguerra, va di fatto a ricucire una ferita per Ca’ Pesaro: <Le raccolte hanno cessato di essere forti dopo il 1948. – ha proseguito la direttrice del museo Elisabetta Barisoni – Sono lavori provenienti da nazioni che finora avevamo visto a Venezia praticamente solo durante la Biennale> dice, ricordando che tra l’altro molte sono le opere di mano femminile, genere che prima non era molto rappresentato a Ca’ Pesaro. Al termine della mostra due sale del museo resteranno a disposizione della collezione, mentre a cadenza regolare verranno riproposte tutte le opere.
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