La morte di Gesù, annunciata da un lungo e doloroso calvario, tra teatralità e devozione. Se c’è un’opera che meglio rappresenta la Passione e Crocifissione di Cristo è sicuramente il ciclo pittorico realizzato da Tintoretto nella Sala dell’Albergo della Scuola Grande di San Rocco, in quella che è considerata la Cappella Sistina veneziana. Focus del ciclo è il grande telero della “Crocifissione”, di 30 metri quadrati, composto da cinque tele orizzontali e una verticale cucite insieme. L’opera è attualmente interessata da un’importante campagna di restauro finanziata, per 650 mila euro, da Save Venice, che in Scuola ha appena inaugurato anche il restauro dell’Annunciazione di Tiziano (leggi qui). Per quanto riguarda il ciclo decorativo della Sala dell’Albergo, tutto ebbe inizio quando nel maggio del 1564 gli organi direttivi di Banca e Zontadella Scuola decisero di iniziare a decorare l’ovale centrale del soffitto. Fu bandito un concorso tra i migliori pittori presenti in città, a cui parteciparono Giuseppe Salviati, Federico Zuccari, Paolo Veronese e, naturalmente, Tintoretto. Secondo quanto racconta Vasari, mentre gli altri erano ancora intenti ad eseguire i loro progetti, Tintoretto colse tutti di sorpresa: riuscì infatti a collocare il dipinto con San Rocco in gloria al centro del soffitto e regalandolo alla Scuola. Una mossa astuta che gli valse la commissione dell’intero ciclo pittorico. L’anno successivo Tintoretto per 250 ducati terminò la vastissima Crocifissione collocata sopra il grande bancone che nasconde l’accesso agli Scrigni, per poi completare il ciclo tra il 1566 e i primi mesi del 1567. Tutto il ciclo che decora la Sala dell’Albergo va compreso a partire dalla Crocifissione. Soltanto successivamente infatti il visitatore volge lo sguardo sulle opere di “Cristo davanti a Pilato”, “Ecce Homo” e “La salita al Calvario”, poste sulla parete d’ingresso secondo un inconsueto ordine narrativo: da destra verso sinistra.
Entrando nella Sala dell’Albergo, infatti, l’attenzione dello spettatore viene immediatamente catalizzata dalla figura di Cristo in croce che domina l’intero spazio del dipinto, collocato più in alto della linea dell’orizzonte. Nel mentre, tanti sono i personaggi su cui lo sguardo dello spettatore piano piano si allarga. Ai piedi della croce il dolore di Maria diventa tangibile, insieme a quello di due donne che simboleggiano la Chiesa e la Sinagoga. Come se fosse un Giudizio universale, Tintoretto divide la tela tra chi sta alla destra del Signore, ovvero chi crede in Cristo, e chi, pur vedendo, non crede in Lui. Guardando il telero, a sinistra, infatti, si trovano il buon ladrone e il centurione romano che, con il capo abbassato e le armi a terra, indica a un giovane colui che riconosce come Figlio di Dio. A destra, invece, un turco infedele e soprattutto un uomo barbuto vestito all’orientale, probabilmente Pilato, guardano con arroganza verso la croce. Sempre a destra il cattivo ladrone volge le spalle al Messia, mentre i soldati si contendono ai dadi la tunica di Gesù. Infine, vicino al ponte collocato in alto a destra, un anziano aristocratico del tempio indica in tutt’altra direzione rispetto al Crocifisso, dimostrandosi incapace di riconoscere il piano salvifico di Dio.
Era da oltre 50 anni che l’opera non vedeva una manutenzione e ora, grazie alle più alte tecnologie, sarà possibile ricostruire l’intero processo creativo. Se una volta si pensava che il maestro, dalla verve cinematografica, lavorasse istintivamente a mano libera, ora invece, grazie alle prime indagini si è intuito che Tintoretto si è servito di quadrettature di impostazione con cui avrebbe riportato sull’opera i disegni preparatori. Tra l’altro all’interno del telero ci sono anche delle sottogriglie che pare servissero per realizzare le figure e i particolari. Il maestro infatti probabilmente si serviva, come da tradizione, di disegni per realizzare i corpi nudi che poi però vestiva a colpi di pennellate non progettate. Si sono inoltre scoperti anche alcuni ripensamenti che Tintoretto ha avuto in corso d’opera per alcune figure, ad esempio girando e modificando i volti dei personaggi rappresentati. Un restauro che conferirà una corretta lettura dei valori cromatici e dei piani prospettici dell’opera, di cui verso maggio verrà reso noto l’avanzamento dei lavori.
Esplicative e vivide sono le scene in cui Tintoretto, come in un flashback cinematografico, nella parte opposta della Sala ripercorre gli eventi che hanno preceduto la Crocifissione. In “Cristo davanti a Pilato”Gesù, vestito di uno sfolgorante manto candido, con le mani e il collo legati, si trova davanti al procuratore romano, il quale non sa riconoscere la Verità che gli sta di fronte. Nemmeno il vecchio sapiente in primo piano vuole comprendere, ma fissa con occhio miope un libro chiuso che tiene con la mano sinistra. Un’immagine, quest’ultima, con cui Tintoretto mostra con un’allegoria la presunzione dei dotti, incapaci di comprendere il Mistero di un Dio che si è fatto carne. La folla chiede la liberazione di Barabba e Pilato, lavandosi le mani, pensa di togliersi ogni responsabilità. Nell’“Ecce Homo” invece Tintoretto inscena uno dei momenti più drammatici. Gesù viene mostrato insanguinato e seminudo in tutta la sua sofferenza, con la corona di spine, il mantello di porpora e la canna: tutti segni volti a ridicolizzare la pretesa di essere “re dei Giudei”. Qui Tintoretto sembra voler presentare un’anticipazione del corpo e del sangue di Cristo come offerta eucaristica. Per quanto riguarda invece “La salita al calvario”, Tintoretto organizza la scena su due livelli obliqui sovrapposti. Nella parte superiore Cristo è portato verso il luogo dove sarà crocifisso con una corda legata al collo, mentre Simone di Cirene lo aiuta a portare la croce. Più in basso invece, da sinistra verso destra, si incamminano anche i ladroni, mentre all’imbocco della cura che congiunge i due livelli, alcune donne con il volto coperto si disperano per la condanna. Lo spettatore, dopo aver seguito la fitta trama ricca di elementi, torna così ad ammirare con più consapevolezza la Crocifissione, in cui può scorgere la promessa della Salvezza che troverà poi forma nella “Resurrezione” che, in un’esplosione di luce, Tintoretto realizzerà per la Sala Capitolare.
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