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La scienza? Deve conoscere il mito per superarlo

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Fulvio Zezza, docente universitario di geologia, racconta il suo libro alla Scuola Grande di San Rocco

«Io dico che la scienza si sviluppa dal mito, nasce spinta dalla tradizione e dai racconti per verificarli e superarli, leggere il passato è uno dei migliori motori per guardare al futuro senza porre limiti al sapere». Fulvio Zezza, professore ordinario di Geologia per lungo tempo alla Facoltà di Architettura dell’Università Iuav di Venezia, esordisce così presentando il suo ultimo libro “Viaggi tra scienza e mito”, edito da Mazzanti Libri, alla Scuola Grande di San Rocco a Venezia, lo scorso 9 marzo 2024.

«Se non ci fosse stato il Covid-19 forse questo libro non sarebbe nato – ha affermato – mentre la sofferenza e le preoccupazioni invadevano le nostre giornate rinchiusi in casa, io ho fatto un po’ di ordine fra decenni di viaggi di ricerca alla scoperta di minerali e culture diverse dalla nostra e ho sintetizzato in un volume la fascinazione per i miti che popolano i luoghi che ho conosciuto e il rapporto che lega questo patrimonio storico allo sviluppo della scienza. Ho così navigato fra i ricordi alla riscoperta di questo percorso di conoscenza. Anche se qualcuno si potrebbe giustamente chiedere come mai uno come me, che si occupa di geologia, parla di mito…».

Quando geologia e mito si incrociano

«In realtà mi è capitato spesso di incrociare la memoria con le esperienze vissute grazie ai miei studi geologici – ha aggiunto – per i vari continenti del mondo sono incappato molto spesso in monumenti che ho visitato per studiare la conservazione dei marmi impiegati e proprio la pietra conserva le tradizioni di un popolo, sotto forma di narrazione. La geologia infatti non si ferma solo a rocce e minerali, ma più di tutte le scienze si occupa della terra. Quindi a un certo momento deve capire l’evoluzione dei territori e quale miglior modo se non attraverso lo studio dei suoi racconti tradizionali?».

«Così quando si pensa alla costruzione di qualsiasi opera e ci si approccia allo studio dei terreni e alla loro composizioni, bisogna conoscere l’evoluzione dell’area – ha spiegato il docente – è necessario capire e riscoprire gli avvenimenti, soprattutto naturali, con le lenti del passato per predire il futuro. In questo modo la geologia riesce a creare un ponte fra ieri e domani, risalendo alle fonti classiche, composte anche da materiale millenario, quindi non è così infrequente imbattersi nel mito per trovare tracce di sconvolgimenti del terreno. In questo modo è anche possibile leggere e spiegare alcuni fenomeni tramandati dal mito, che così facendo sprona la scienza moderna a capire».

Gilgamesh e leone, Museo del Louvre. Foto di Ninara da Flickr
Il rapporto complesso fra scienza e mito

«La scienza nasceper superare il mito – ha ricordato Zezza – ma non può esimersi dal conoscerlo, perché può spronarla a superare i propri limiti, se non avessimo ricercato l’origine divina della terra non avremmo mai scoperto le costellazioni e i pianeti. Il mito parla un linguaggio universale capace di far riflettere sul destino dell’umanità, dispensa punizioni e ammonizioni, l’incontro fra natura e uomo che si ritrova nella tradizione può insegnare molte lezioni, non solo etiche, noi veniamo dal passato per cui ogni disciplina, non solo quelle umanistiche, si può legare al mito».

«Anzi forse proprio aver diviso il sapere in compartimenti stagni nell’epoca moderna ci ha portato un po’ fuori rotta rispetto alla tradizione del sapere – ha precisato Zezza – d’altronde bisogna ricordarsi che è arrivato prima Omero che Anassimandro e i grandi pensatori della Grecia antica. La causa la possiamo trovare con le traduzioni dei classici, che hanno frammentato il sapere mentre nei tempi antichi le grandi menti erano tali perché spaziavano fra discipline. Oggi la scienza ha fatto progressi incredibili, tanto che viviamo tutti meglio, ma non abbiamo ancora dato le risposte alle grandi domande del genere umano: da dove veniamo e dove andremo? La nostra esistenza resta avvolta dal mistero, ma il mito è penetrato in questa lunga storia del genere umano, a cui spesso ci si è appellati per “vedere la luce” anche nei momenti più difficili».

Un viaggio personale, che guida il sapere

Fra gli ospiti della presentazione Marino Folin, ex rettore Iuav, ha aggiunto: «Questo libro in qualche modo parla anche di come l’uomo abita la terra, nella ricerca di comprenderla. La meta di questo viaggio è riportare al centro l’attenzione su come viviamo». Come ha aggiunto Enzo Siviero, Rettore dell’Università degli Studi eCampus: «Sono viaggi tra scienza e mito o mito e scienza? Con il pensiero che suggerisce Zezza stiamo costruendo un ponte e i migliori sono fra persone e culture, non luoghi. Il punto della questione è ricomporre il legame fra uomo e natura grazie al mito». Come ha ricordato poi Carlo Mazzanti, editore del volume: «Il maggior valore di questo pensiero è la demolizione delle avversioni fra i concetti di umanistico e scientifico, per un sapere libero dalle limitazioni».

«Siamo tutti segmenti del divenire – ha concluso il geologo – e come tali abbiamo delle possibilità limitate nel voler osservare e capire un insieme, come diceva Hegel il mistero non mortifica la ragione, ma fa sentire all’uomo l’infinità del suo compito, lo rende cosciente di vivere una realtà complessa che lo sprona a comprenderla. Quello che ci compete è continuare su questa via della ricerca, non tutto quello che hanno lasciato gli antichi è stato superato e ce lo portiamo dentro di noi, il sapere di una civiltà è cumulativo e come loro eredi dobbiamo continuare su questa strada di scoperta: il passato non lo possiamo cancellare, ma lo dobbiamo superare, il mito in qualche modo ci ispira da sempre».

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