Logo Ve-Nice

La Venezia perduta di Mion

È uscito il primo libro che raccoglie l’arte fotografica del veneziano Tito Mion, edito dalla casa editrice Il prato

Si chiama “Venezia ora non più” ed è il libro di fotografie del veneziano Tito Mion, edito dalla casa editrice Il prato. Il libro, uscito da poco più di due mesi, è stato recentemente presentato allo Spazio Eventi de La Toletta a Venezia dal libraio Giovanni Pelizzato, dalla figlia del fotografo Michela e da Maurizio Crovato che, insieme al fratello Giorgio, ha curato la prefazione del volume. Mion è nato come fotografo autodidatta: per lui la fotografia è sempre stata una passione enorme. Ha sempre scattato in modo spasmodico, alla ricerca di tanti attimi da immortalare e che insieme costituivano la sua Venezia, quella dei suoi luoghi preferiti e dei suoi affetti. Nato a Venezia nel 1939, Mion ha sempre girato per la città con la macchina fotografica in mano, pronto a cogliere quell’attimo irripetibile. Portava con sé la macchina fotografica anche quando accompagnava a scuola le nipoti perché, seppure la strada fosse sempre quella, ogni giorno poteva regalare momenti inattesi. «Quando mi è capitato di non portare come me la macchina fotografica me ne sono sempre pentito. Se vedi qualcosa che ti colpisce bisogna fotografarla subito altrimenti poi il momento passa e addio. – racconta il fotografo, che ha iniziato a scattare alla giovane età di 15 anni –  Il mio interesse inizialmente era rivolto proprio alla macchina fotografica come oggetto, poi man mano che scattavo mi sono appassionato dei risultati. Gli scatti diventavano sempre più importanti e significativi». Negli anni Mion ha seguito tutte le innovazioni e cambiato moltissime macchine: «Confesso però che quella digitale l’ho usata mal volentieri. La fotografia che si può manipolare non mi piace, amo gli scatti genuini che non si possono modificare».

Il volume tra fotografie e letteratura

Il libro che consta di 120 foto, il primo che Mion realizza, è nato in una ventina di giorni, quando si è trovato costretto a casa per motivi di salute. Così si è messo a riguardare e riordinare le tante fotografie scattate anni addietro. Le ha organizzate per argomenti e poi ne ha scelto una selezione che ha associato a testi di autori quali Diego Valeri, il sindaco poeta Riccardo Selvatico, Ezra Pound e Iosif Aleksandrovič Brodski: «Mi sono divertito ad unire i miei scatti alle parole di autori che hanno narrato la città. Tra gli scrittori citati i versi ai cui sono più affezionato sono quelli del sindaco poeta». Dalle sue foto emerge l’occhio di un fotografo innamorato della sua città, oggi  completamente trasformata. Le fotografie del passato sono ora testimonianza storica concreta di un tessuto cittadino che si è andato man mano perdendo. Nelle fotografie di Mion Venezia è la città a misura d’uomo che ora le nuove generazioni non conoscono perché quasi completamente snaturata. I suoi scatti, risalenti principalmente agli anni ’70 e ’80, ritraggono il lavoro degli artigiani e in particolare il mercato di Rialto con i suoi tanti banchetti del pesce e della verdura, ora più che dimezzati. «Dai 36 di trent’anni fa ne sono rimasti solo 7 per il pesce e da 50 solo 12 per la verdura» ha sottolineato Maurizio Crovato. Al brulicare dei veneziani impegnati nelle loro mansioni si contrappone poi la delicata visione dei senza tetto, anche loro parte della storia della città. Si tratta di fotografie che si rifanno al filone iniziato da Carlo Naya, Tomaso Filippi, Fulvio Roiter e Giovanni Berengo Gardin.

L’ultima Venezia

Le foto diventano testimonianza concreta di un passato rimpianto dai veneziani che già all’epoca però si intuiva si stesse snaturando: «Emblematica è la foto in cui Mion ritrae l’enorme scritta “no wc” su un muro» sottolinea ancora Crovato. Nelle foto inoltre compare l’ultima Venezia senza i telefonini, dove fanno ancora capolino le cabine telefoniche. Nel libro è poi presente un vasto repertorio di vere da pozzo e il racconto delle regate. Tanta anche la sensibilità verso gli animali che popolano la laguna e danno voce all’aspetto più naturalistico delle fotografie di Mion. Non mancano poi le immagini di Venezia invasa dall’acqua alta o innevata: «Appena nevicato mi muovevo nel silenzio. – ricorda il fotografo con nostalgia – La neve assorbe i rumori e mi sembrava di camminare nel vuoto, quelli con Venezia innevata sono scatti che porto nel cuore».

Un milione di scatti da donare alla città

Ora Mion si è messo a riordinare il suo archivio fotografico, che consta circa un milione di scatti, con l’intento di donarlo alla città: si va dal bianco e nero delle macchine analogiche, al colore e poi al digitale, comprese le scatole di diapositive da riversare in digitale così che non vadano perdute. Tra le fotografie realizzate quelle che gli hanno dato più soddisfazione sono quelle in cui ritrae la sua famiglia. Ma c’è anche il ricordo di uno scatto lasciato a metà, quando anni fa si appostò sul campanile di San Giorgio per immortalare il varo di una barca: «Non avevo però ancora un teleobiettivo sufficiente» ricorda. Inoltre il fotografo ha già promesso la sua biblioteca, che consta di libri d’arte e cultura su Venezia, alla Scuola Grande di San Marco. Ma non è finita qui, Mion sta già selezionando altre foto in vista di un nuovo libro: «Vorrei porre al centro gli squeri e i campielli, quest’ultimi spazi, ora inutili, un tempo pullulavano di veneziani. I ragazzi giocavano mentre le nonne sferruzzavano e chiacchieravano con le comari. Tutta un’altra vita».

Argomenti correlati: , , , ,
Autore:

Iscriviti a VE-NICE e non perderti nessun aggiornamento, ti invieremo 1 volta a settimana i nuovi articoli!