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L’astronauta Paolo Nespoli: «Il mio sguardo sulla Terra senza confini»

L’astronauta, intervenuto al convegno “Foresta a Venezia”, ideato da Laura Villani e tenutosi alla Scuola Grande di San Giovanni Evangelista, ha raccontato diversi aneddoti e la sua visione dall’alto del Pianeta

Dalla contemplazione della Terra dall’alto al desiderio di mangiare una pizza. È con questa dicotomia, tra l’aulico e il prosaico, che si è raccontato l’astronauta Paolo Nespoli, intervenuto oggi, venerdì 23, nel convegno “Foresta a Venezia” tenutosi alla Scuola Grande di San Giovanni Evangelista a Venezia in occasione della piantumazione nel giardino della Scuola dell’Olivo del Crisma. Si tratta del primo passo di una serie di piantumazioni di alberi estinti o in via d’estinzione che si terranno in città grazie al progetto avviato dalla Fattoria Sociale Casa di Anna, fondata dalla famiglia Pellegrini a Zelarino per l’inclusione lavorativa di disabili e persone fragili, e possibile grazie all’impegno dell’associazione nazionale “Patriarchi della Natura”. Proprio in questa circostanza si è svolto il convegno promosso dal Comitato Foresta a Venezia, presieduto dall’architetto Laura Villani, dove si sono susseguiti vari interventi di esperti a livello nazionale e internazionale sui temi di sostenibilità, design e spazio, tra cui quelli dell’astronauta Paolo Nespoli e della direttrice NASA Deva Newman. Nespoli, grazie all’incoraggiamento di Oriana Fallaci, è riuscito a coronare il suo sogno di diventare astronauta vivendo ben tre missioni nello spazio: nel 2007, nel 2010-2011 e l’ultima nel 2017, in cui è rimasto nello spazio per 313 giorni, 2 ore e 36 minuti detenendo così a livello europeo la permanenza più lunga per un’astronauta nello spazio.

Il lavoro nella Stazione Spaziale Internazionale

La Stazione Spaziale Internazionale, che a differenza di quanto si possa pensare non è cosi lontana dalla Terra, viaggia ad una velocità di 28 mila km all’ora: «Il corpo umano però percepisce le accelerazioni ma non la velocità, altrimenti sentirebbe che sulla Terra è in continuo viaggio nell’universo» spiega Nespoli. Poi parla dell’assenza di gravita: «Bisogna imparare a diventare extraterrestri. La prima volta che nella stazione dovetti raggiungere il “soffitto” mi spinsi con attenzione per non partire come una scheggia. Arrivato, mi tenni perché avevo la sensazione di cadere, dopo poco la stazione si girò su se stessa e tutto si capovolse» racconta l’astronauta, dicendo che prima di andare nello spazio lo hanno preparato ad affrontare il peggio e lui non ha mai avuto paura. Interessante il racconto di come si vive e lavora nella stazione, che è grande pressoché come un campo da calcio: «Il traliccio è lungo circa 100 metri, abitiamo in moduli che sono grandi come una carrozza ferroviaria, che corrispondono a circa 100 mq». Nella stazione gli astronauti lavorano per dodici ore filate dalle sette della mattina: «È come un’officina, c’è di tutto. Io mi definisco un metalmeccanico spaziale. Faccio quello che mi chiedono, capisco come ottenere con precisione i dati richiesti che altri poi useranno» dice, raccontando come nello spazio la percezione del tempo cambi e mentre si lavora la giornata passi velocemente. «Lì riusciamo a fare cose incredibili, spero i nostri politici capiscano l’importanza di tutto ciò così da espandere la stazione».

Guardare la Terra da uno spazio senza confini

«Nella stazione si incontrano persone di altre nazionalità, lingua, religione e cultura: americani, europei, russi e canadesi. Di solito siamo in sei ma ci siamo trovati a vivere anche in 14. – e sottolinea – È bello vedere come non esistano confini quando tutti lavorano insieme per il bene dell’umanità». Poi racconta i momenti di convivialità tra gli astronauti che il venerdì sera cenano insieme andando a turno nella parte americana o russa: «Mangiamo insieme e poi guardiamo un film. A volte ci addormentiamo ma la testa non ciondola e non essendoci la gravità non si russa» scherza. E racconta un altro aneddoto divertente: «Dopo alcune settimane, vista la monotonia del cibo, mi mancava mangiare la pizza e lo dissi in video conferenza al manager della stazione spaziale. Qualche settimana dopo arrivò la navicella del rifornimento con dentro le pizze». Poi racconta di come ha fatto per sopperire ai momenti di noia una volta terminato di lavorare: «All’inizio non sapevo cosa fare e dopo tre settimane mi è venuta nostalgia della Terra, cosa che non avrei mai pensato accadesse. Mi mancava di trovarmi con gli amici o di poter fare una passeggiata. Così andai nella cupola della stazione che ha sette finestroni grandi che permettono di vedere la Terra. Girando intorno alla Terra se iniziavo a vederla che era sera dopo poco diventava giorno, lo stesso accadeva per l’estate e l’inverno. C’era un’incredibilità di cose da vedere che passavano velocissime una dopo l’altra» racconta, dicendo che così decise di prendere la macchina fotografica e, disponendo di obiettivi molo potenti, iniziò a fotografare tutto quello che destava la sua attenzione. «Nella prima missione del 2010 feci 27 mila foto, mentre nell’ultima del 2017 arrivai a 500 mila foto». Dall’alto Nespoli fotografò così quella visione della Terra privilegiata ed inedita, cogliendo dettagli impensabili: dalle aurore boreali ed australi, alle strade nel mezzo del deserto in Iran. «Non c’è un posto in cui non siamo».

L’idea della Terra vista dallo spazio

Infine parla della visione del pianeta dallo spazio: «Guardando la Terrà da lassù dà sensazioni che non so se sono capace di esprimere. – dice – Quello che posso dire è che ti senti veramente parte della Terra. Nello spazio voli su tutti i confini nazionali e capisci che in realtà siamo tutti esseri umani. Questo ti dà consapevolezza sul nostro modo di vivere. Dallo spazio si vede come noi dovremmo convivere con la natura anziché cercare di cambiarla, perché tanto lei poi si ribella. – e riflette – Tutti dicono che stiamo distruggendo il pianeta. Non è vero, in realtà la Terra ha 4,5 miliardi di anni e noi siamo qui da appena 300 mila anni. Dobbiamo stare attenti perché nel caso saremmo noi a sparire e non la Terra, che in breve tempo si riprenderebbe spazi e foreste. Non abbiamo ancora un pianeta b su cui andare, anche se da qualche parte ci sarà, dobbiamo solo scoprirlo e capire come arrivarci».

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