«I grandi brand per cui il distretto calzaturiero del Brenta lavora sono sempre più attenti alla sostenibilità, quindi anche le nostre aziende si devono adeguare» – racconta Alice Marcato direttrice del Politecnico Calzaturiero – «Questo è un grande stimolo per l’intera filiera, non solo per fornire prodotti sempre più tracciati, ma anche per garantirne la riparazione come sta chiedendo l’Unione Europea, per questo potranno nascere nuove opportunità fra industriali della scarpa e la rete dei calzolai».
«Le aziende devono infatti garantire la possibilità di riparazione dei prodotti in garanzia per due anni anche per scarpe e pelletteria, ma a marzo di quest’anno la Commissione Europea ha elaborato una proposta di regolamento comune per introdurre il così detto “diritto alla riparazione”» – prosegue Marcato – «Tra Politecnico, Unione Calzaturieri e il gruppo dei Calzolai 2.0 di Confartigianato ci sono accordi già esistenti, l’introduzione di norme simili può essere un’opportunità di ulteriore sinergia nell’intera filiera della calzatura».
La proposta della Commissione Europea sull’introduzione del “diritto alla riparazione” rientra all’interno di un percorso a cui le aziende di produzione sono sempre più vincolate, dato che l’Unione sta intervenendo sempre di più per allineare l’industria a criteri e standard ambientali progressivamente più rigidi. «Questo è un grande motore di cambiamento per il distretto calzaturiero, che si somma alla richiesta di innovazione che viene dalle aziende di alta gamma che affidano alla Riviera le loro produzioni», aggiunge Marcato.
Nonostante una potenziale riduzione dell’aumento della produzione di mercato, norme come quella ipotizzata permettono un risparmio al consumatore, che da un lato allunga il ciclo di vita dei prodotti che ha acquistato e dall’altro vengono ridotti i rifiuti potenziali che derivano dal gettare via l’abbigliamento. Entrambi questi aspetti rientrano fra gli obiettivi promossi del “Green Deal” europeo per allineare gli Stati membri a uno stesso orizzonte di sostenibilità. Si tratta di un cambiamento sostenuto, arrivando da decenni in cui la sostituzione è stata spesso privilegiata rispetto alla riparazione in caso di difetti nei prodotti e con politiche di assistenza che hanno scoraggiato interventi dopo la scadenza della garanzia legale.
La sostenibilità di una scarpa oggi si muove lungo due binari distinti, da un lato sull’ottimizzazione di quando usato tradizionalmente e dall’altro sull’introduzione di nuovi materiali. E’ così possibile trovare scarpe realizzate da fibre di bamboo, dalla buccia di mela e dalle alghe, per venire incontro alle richieste di una moda cruelty free e vegan. Ma anche restando su produzioni tradizionali è possibile ridurre gli impatti della realizzazione del prodotto: «Molta della pelle che viene usata è materiale derivato dal processo alimentare, vari distretti si caratterizzano proprio per la produzione di pelle e da economia circolare, ri-immettendo nel sistema produttivo scarti di altre industrie», spiega la Direttrice del Politecnico.
«Oltre a studiare l’uso di materiali a bassissimo impatto, come ad esempio le fibre di lino, lavoriamo a stretto contatto con la Stazione sperimentale per l’industria delle pelli e delle materie concianti (SSIP) di Napoli per valutare le ricadute di pellame trattato in modo alternativo, analizzando anche il ciclo di vita di prodotto su ambiente e salute attraverso trattamenti con processi non chimici» – spiega Marcato – «La ricerca sulla sostenibilità del prodotto non è solo estetica ma anche funzionale, infatti più una scarpa è scomponibile e più i suoi componenti sono riutilizzabili oltre a semplificare l’eventuale “fine vita” di una calzatura».
«Sul tema della sostenibilità c’è sempre più consapevolezza nelle aziende e l’evoluzione in questo senso può essere anche un plus commerciale e di marketing» – continua la manager – «Ma da un lato la regolamentazione impone delle tempistiche e gestire il ri-uso di materiale comporta la necessità di dotarsi di tecnologie. Proprio perché la sfida per il nostro distretto è impegnativa, il nostro impegno come Politecnico Calzaturiero è quello di offrire in questo senso formazione alle aziende».
Il supporto che l’ente eroga è sia in termini di ricerca e sviluppo che di strategia e organizzazione aziendale: «Il nostro intervento è di affiancamento e di gestione della complessità» – spiega Marcato – «Spesso le aziende non sono informate sulle ultime direttive europee, in questo senso diamo informazione e facciamo da guida in certi percorsi evolutivi, formando il personale interno per portare sostenibilità anche a livello di organizzativo, con la ri-definizione dei processi». Conclude la direttrice: «Il mercato spinge l’evoluzione ma il vero motore resta l’interno delle aziende, il nostro distretto è orgoglioso della produzione del proprio territorio con i suoi 20 milioni di paia di scarpe all’ anno che vanno in tutto il mondo, lo spirito a migliorare è diffuso. Noi come Politecnico siamo proprio nati dalla spinta della Riviera del Brenta e vogliamo essere da traino per dare riscontro a tutte le nostre imprese».
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