
Le porte della Sala dell’Albergo di schiudono e finalmente, dopo due anni di intensi lavori di restauro, la “Crocifissione” di Tintoretto, si staglia agli occhi dei presenti in tutto il suo splendore, emanando quella luce ritrovata che testimonia come passando per la croce l’uomo sia destinato alla salvezza e all’amore del Padre che, come quella luce dipinta, avvolge e abbraccia. Si è tenuta sabato 12 alla Scuola Grande di San Rocco a Venezia la presentazione del restauro della “Crocifissione” di Jacopo Robusti detto il Tintoretto (Venezia, 1518 -1594) alla presenza del Guardian Grande Franco Posocco, della direttrice dei lavori Maria Agnese Chiari Moretto Wiel, di Caterina Barnaba, restauratrice e capo cantiere della CBC Conservazione Beni Culturali che ha eseguito i lavori, e Melissa Conn, direttrice della sede veneziana di Save Venice che ha finanziato per 672 mila euro il restauro, possibile grazie al generoso contributo del benefattore Arnold M. Bernstei, «artista – ha spiegato Conn – che non è mai stato a Venezia ma che ammira molto il genio di Tintoretto e i maestri veneziani». Insieme a loro anche il soprintendente Fabrizio Magani e il Patriarca Francesco Moraglia che, in concomitanza con l’inizio della Settimana Santa, ha benedetto l’opera che da oltre 50 anni non riceveva una manutenzione (leggi qui). Il restauro della più grande opera mai realizzata da Tintoretto, di oltre 5×12 metri, si è svolto in loco. Dopo aver valutato la buona adesione della pellicola pittorica al supporto, durante la fase di progettazione, in accordo con la Soprintendenza, il team di sei restauratrici ha infatti preferito non smontare il dipinto ma lavorare direttamente in parete, realizzando una struttura di servizio e permettendo così ai visitatori di vedere il cantiere.
I lavori, iniziati nel marzo 2023, sono stati lunghi e impegnativi. Dopo le prime indagini diagnostiche eseguite da S.T.Art-Test, che hanno permesso di studiare la tecnica esecutiva e di scoprire le problematiche conservative dell’opera e gli strati sovrapposti all’originale, è iniziata la fase vera e propria del restauro sul telero di 65 metri quadri, che ha permesso con oltre 9 mila ore di lavoro di rimuovere la stratificazione disomogenea e spessa di vernici ingiallite e ossidate, nonché la presenza di residui di colla e strati sedimentati di polveri compattate che ostacolavano una corretta lettura dei valori cromatici e dei piani prospettici dell’opera. Le stuccature esistenti, che presentavano un aspetto irregolare, sono state livellate e, dove necessario, integrate con nuovo stucco. Inoltre, sono stati rimossi e reintegrati numerosi ritocchi pittorici, sovrapposti all’originale e realizzati durante precedenti interventi di restauro. Le piccole lacune sono state poi colmate con gesso di Bologna e colla di coniglio. Infine, al termine dell’integrazione pittorica, è stata applicata una verniciatura a protezione dell’opera. «Il restauro è uno strumento di studio che non solo permette di acquisire dati sulla tecnica esecutiva e conservativa, ma fornisce anche indicazioni sulla scelta dei materiali da utilizzare» ha detto la restauratrice Caterina Barnaba, sottolineando il privilegio di aver potuto lavorare su un’opera così importante.
Da Cristo in croce s’irradia una raggiera di luce a rappresentare il Suo trionfo sulle tenebre e la speranza di resurrezione per tutta l’umanità, ora ancora più enfatizzata grazie alla nuova illuminazione di Francesco Pasetti Bombardella. In basso a sinistra in un cartiglio compare l’iscrizione dedicatoria e la firma del pittore: “1565. Al tempo del magnifico Girolamo Rota e fratelli. Jacopo Tintorectus”, che sottolinea il ruolo centrale svolto da Girolamo Rota, il Guardian Grande del tempo, grande sostenitore dell’artista.L’organizzazione della scena e la resa dei suoi personaggi rivelano la grande abilità dell’artista: dalle figure in primo piano, plasticamente delineate, alle comparse sullo sfondo, ai volti dei protagonisti, così caratterizzati da far pensare a dei veri e propri ritratti. Grazie al restauro è stato possibile capire di più le fasi compositive, le tecniche e i ripensamenti attuati da Tintoretto in corso d’opera per alcune figure, ad esempio girando e modificando i volti di alcuni personaggi. Tutti i dettagli e le scoperte emerse saranno rese note durante un convegno che si terrà il 15 e 16 maggio in collaborazione con l’Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti(iscrizioni qui entro il 30 aprile). «Il restauro, che ha rivelato un Tintoretto quasi inedito, non solo ha consentito al dipinto di ritrovare un corretto equilibrio di valori cromatici e una grande profondità prospettica, ma ha svelato anche novità circa il metodo di lavoro del maestro. – anticipa Maria Agnese Chiari – La scoperta di un complesso sistema di griglie tracciato a carboncino ed esteso a tutta la superficie del dipinto per trasferire le figure dai disegni preparatori alla tela smentisce l’affermazione di Giorgio Vasari, secondo il quale “Tintoretto lavorava ‘a caso e senza disegno, quasi mostrando che quest’arte è una baia”. – e continua la storica dell’arte – All’inizio si pensava il restauro fosse inutile e che il dipinto stesse bene. Nonostante questo apparisse in tutto il suo splendore, ha sofferto molto. Delle sue condizioni difficili si parlava già nei primi ‘600, in particolare per i problemi dovuti al tetto della Scuola che ancora ci preoccupa».
L’opera, che rappresenta il capolavoro assoluto del maestro cinquecentesco per cui fu pagato 250 ducati, fu completata nel 1565, lo stesso anno in cui Tintoretto divenne membro della Scuola, luogo che divenne la sua “Cappella Sistina” dove attuare la Bibbia dipinta, che nella Sala Capitolare vede anche il dipinto che dell’Ultima Cena (leggi qui) che anticipa la Passione. Il telero della Crocifissione è collocato in una posizione di preminenza sulla parete di fronte all’ingresso della Sala dell’Albergo ed è posto sopra il bancone che era destinato a ospitare le riunioni del governo della Scuola, i cui pannelli frontali in cuoio sono stati anch’essi restaurati per mezzo di Save Venice da Oscar Restauri di Lucia Castagna. Il dipinto culminante del ciclo della Passione, realizzato con un assetto quasi cinematografico, godette subito di straordinaria fama tra i contemporanei, come attestano non solo le fonti a stampa, ma anche le molte traduzioni incisorie, tra cui quella realizzata da Agostino Carracci nel 1582, e in seguito lo studio da parte di grandi protagonisti della pittura europea del Seicento, da Rubens a Van Dyck. «È un dipinto che toglie il fiato e che viene incontro. Vasari definiva Tintoretto come “il terribile” per affermare quanto il pittore fosse audace di spirito. Tintoretto è terribile perché ancora oggi sa parlare a noi con i suoi contenuti e significati» ha detto il soprintendente Fabrizio Magani, spiegando come al dipinto si sono ispirati molti artisti, come Gianbattista Tiepolo nel realizzare “La Salita al Calvario” nella chiesa di Sant’Avise. Ma a lui guardarono anche artisti molti distanti come Vedova e Burri. «È stato un lavoro intenso e appassionato. Ringraziamo Save Venice che ha permesso il restauro. – ha concluso il Guardian Grande Franco Posocco – Insieme a quello riguardante la pala dell’Assunta dei Frari di Tiziano, il restauro della Crocifissione costituisce il più importante intervento di conservazione artistica realizzato negli ultimi anni a Venezia».
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