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Madonna col Bambino di Tiziano, il restauro ne svela la storia

Il dipinto, in cui il maestro si autoritrae, fu anche rubato. Il racconto nel volume “Tiziano a Pieve di Cadore”, curato da Stefania Mason

Dopo il restauro e una serie di studi scientifici, la preziosa pala “Madonna col Bambino tra i Santi Tiziano e Andrea”, custodita nella chiesa arcidiaconale Santa Maria Nascente di Pieve di Cadore, rivela le cromie originali e risulta un’opera autografa di Tiziano, senza il coinvolgimento della bottega. Durante l’intervento, realizzato dalla Fondazione Centro Studi Tiziano e Cadore in occasione del suo ventennale, le indagini diagnostiche e d’archivio hanno consentito di ricostruire la genesi e le vicende degli ultimi cinque secoli, inclusi i furti tentati o parzialmente riusciti che ha subito quest’opera. Il capolavoro di forte valenza privata, che presenta l’autoritratto di Tiziano e il volto del fratello Francesco, donato dal maestro al suo paese natale, è stato restaurato anche grazie alla ditta Galvalux e gode ora di un nuovo allestimento e di un nuovo sistema di illuminazione a led, realizzato e donato da Linea Light Group. Il restauro, inoltre, è stato occasione per unire competenze e conoscenze da parte di più professionisti, attraverso confronti costanti tra storici dell’arte, tecnici scientifici, fotografi, ricercatori e studiosi, il cui contributo è confluito nel volume “Tiziano a Pieve di Cadore” pubblicato da Zel Edizioni, a cura di Stefania Mason, Presidente del Comitato Scientifico della Fondazione, con saggi di Elisa Bonaiuti, Alessandra Cusinato, Enrico Maria Dal Pozzolo, Nicole de Manincor, Francesca Faleschini, Stefania Pellizzaro e Francesco Rizzi.

Un ritratto di famiglia

Importanti ed entusiasmanti gli esiti del restauro che ha interessato la pala di Tiziano, un olio su tela di 138,5 x 104 cm, databile tra il 1560 e il 1568. L’intervento, realizzato da Francesca Faleschini e accompagnato da analisi diagnostiche sull’opera, ha rivelato infatti non solo la qualità del dipinto e i colori ritrovati, ma anche la piena autografia di Tiziano, laddove si riteneva che la tela fosse invece frutto della collaborazione con la bottega. La linea sottostante del disegno è un tratto espressivo sul piano tecnico conoscitivo ed emotivo, e rappresenta infatti l’impronta inconfondibile di chi ne è l’esecutore. È proprio confrontando la tecnica di questo dipinto con alcuni esempi di opere recentemente analizzate e restaurate che si è potuta confermare la mano di Tiziano, tra queste “L’Annunziata” di Treviso, sempre ad opera di Faleschini, e “L’Assunta” dei Frari a Venezia restaurata da Giulio Bono, che ha appena portato termine anche il restauro della tela de “L’Annunciazione” alla Scuola Grande di San Rocco a Venezia (leggi qui). Un risultato di rilievo per la biografia dell’autore, considerando anche la valenza quasi “privata” della piccola pala, realizzata per la cappella dei Vecellio nella Chiesa dedicata a Maria – qui dolcemente raffigurata nell’atto di allattare Gesù – e donata da Tiziano alla città. L’opera si può considerare una sorta di ritratto di famiglia. Nel sacro contesto, infatti, il pittore cadorino si raffigura, umilmente, nel fedele a sinistra che regge il bastone pastorale del suo santo omonimo, titolare della cappella della famiglia; mentre nel volto di sant’Andrea, secondo una fonte del 1622, Tiziano avrebbe raffigurato il fratello Francesco, scomparso nel 1560. La tradizione vuole poi che nel vescovo si riconoscano i lineamenti del figlio Pomponio o del nipote Marco, che fu continuatore dell’attività della bottega di Venezia e, infine, nell’immagine della Madonna la figura di Lavinia, la figlia deceduta. Già nella Visita Pastorale del 1604 il dipinto, citato da Vasari nell’edizione delle Vite del 1568, veniva definito “bellissimo” e di mano del Tiziano.

Eliminate le ridipinture e scoperti i pentimenti

La tela da tempo soffriva della perdita di spessore del pigmento originario e versava ormai in mediocri condizioni conservative. L’intervento ha riacceso le cromie dell’opera che erano occultate dai vari strati di vernici ossidate e dalle campiture pittoriche di interventi successivi, che sono state opportunamente rimosse. Un esempio è il tendaggio verde alle spalle della scena: qui sono stati rilevati sette strati sovrapposti. I più superficiali di questi, con velature e pennellate utilizzate nel tentativo di ravvivare la luminosità del dipinto, risultavano alterati e anneriti. La rimozione degli strati compromessi ha riportato così alla luce le pieghe e la luminosità al tendaggio. Durante l’intervento sono poi emersi i vari pentimenti e ripensamenti svolti da Tiziano in fase di esecuzione, come nel caso dell’autoritratto. Nelle radiografie si evince chiaramente il cambiamento della posizione del volto, inizialmente posto di tre quarti, verso l’osservatore, e poi rimodulato con lo sguardo rivolto alla scena centrale della Madonna lattante.

Un dipinto con cicatrici

L’intervento conservativo, oltre a mostrare al pubblico i toni cromatici precedentemente occultati, ha permesso di raccontare anche la storia delle “cicatrici” che questo dipinto porta con sé, come i segni dei tagli eseguiti nel tentato furto settecentesco (precedente al 1729), che circoscrivono la figura della Madonna con Bambino. Avvalendosi anche delle analisi diagnostiche fisiche e chimiche effettuate e dello studio analitico delle fonti storiche e d’archivio, è stato confermato anche il furto subito dall’opera in epoca moderna. «Si è trattato di un intervento di arricchimento per la conoscenza dell’arte del grande cadorino» ha dichiarato la presidente Giovanna Maria Coletti, sottolineando che quest’opera di Tiziano testimonia il profondo legame dell’artista con le sue terre. Un’opera imperdibile per quanti amano il Rinascimento veneziano e vogliono conoscere il maestro nel suo contesto più intimo.

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