Il lavoro del medico di medicina generale in Veneto? Molto stressante a detta dei professionisti che, per stessa ammissione della Regione, spesso soffrono la mancanza di supporto di personale amministrativo. I motivi? Gli accordi che regolano l’esercizio della professione a livello nazionale sono fermi al biennio 2016/2018 e a quello regionale addirittura al 2005. La pandemia ha messo a dura prova i sanitari tra burnout e prepensionamenti, ma come ricorda l’assessore alla sanità, servizi sociali e programmazione socio-sanitaria del Veneto Manuela Lanzarin: «Dopo l’aumento dei posti nelle scuole di specializzazione regionale nel 2025 avremmo nuovi giovani professionisti e stiamo negoziando nuovi accordi».
I dottori oggi si trovano a gestire quasi 2000 assistiti ciascuno, affrontando un carico di lavoro crescente, che va oltre alla normale pratica professionale, con certificati, ricette e prescrizioni a seguito di visite specialistiche nella sanità privata e delle dimissioni ospedaliere. «Una delibera regionale attualmente blocca la possibilità per molti di noi di accedere alla medicina di gruppo, un livello di organizzazione intermedia per aggregare medici e condividere il personale di studio – spiega Maurizio Scassola, medico e segretario F.I.M.M.G., il maggior sindacato di categoria – così il 40% dei medici di base lavorano da soli, senza alcun tipo di supporto di segreteria».
Amir Roberti è un giovane medico con studio a Santa Maria di Sala, vittima di questa situazione di sovraccarico: «Nonostante il sotto-finanziamento del sistema stiamo resistendo, ma a fronte dell’aumento del carico di lavoro, anche burocratico, abbiamo contratti fermi da anni e questo demotiva chi potrebbe scegliere questa professione. Nonostante le difficoltà io continuo a lavorare con passione facendo anche più di quello che dovrei come togliere punti di sutura o fare certificati di malattia per conto di ospedali e case di cura, tutte cose i colleghi ci lasciano da gestire. Il mio telefono è attivo dalle 8 alle 20 ma alle volte non basta».
«Il risultato è che così gli studi si intasano – spiega – e senza un supporto di segreteria sono in grande difficoltà a svolgere tutti i miei compiti che comprendono anche tutte le certificazioni mediche, sportive e professionali. Faccio parte di una medicina di rete, ovvero un’associazione tra professionisti per sostituirci fra colleghi in caso di emergenza, ma non ho accesso a una medicina di gruppo, che mi garantirebbe un supporto di segreteria, finché un altro medico non libera un posto. Tutto il servizio che offro è a mio carico, perché sono un libero professionista e non posso pagare da solo altro personale con i budget che abbiamo. Inoltre i pazienti, che capisco, sono sempre più intransigenti e violenti per la frustrazione che porta l’inefficienza, ma ne facciamo sempre noi medici di medicina generale le spese, stando in prima linea».
«Bisogna migliorare questa situazione – aggiunge Scassola – partendo da aspetti di base che complicano a dismisura i compiti dei sanitari come le procedure operative, come ad esempio l’accesso e l’utilizzo dei sistemi informativi della Regione che rendono complicato anche solo trovare informazioni online e inviare certificati medici. La pandemia ha messo a dura prova i medici che nonostante tutto stanno resistendo al sovraccarico, ma serve creare delle condizioni per lavorare in modo ottimale. Come sindacato F.I.M.M.G. Veneto, chiediamo semplificazioni e fondi per rilanciare la medicina di gruppo, in modo da poter condividere il personale di studio per ammortizzare i costi da un lato e fornire un miglior servizio ai pazienti, esasperati anche loro, dall’altro».
«La Regione non ci ha dato risposte chiare – aggiunge il medico e sindacalista – all’ultimo tavolo di trattative come F.I.M.M.G. Veneto non ci siamo neppure seduti perché abbiamo ritenuto irricevibile la proposta di fornire ai medici solo 7 ore la settimana di personale di segreteria coperte da finanziamenti regionali. Come si può pensare che un’ora al giorno permetta di incidere sullo smaltimento di tutte le pratiche burocratiche e amministrative che ci troviamo ad affrontare? Alla luce di una riorganizzazione del sistema sanitario regionale con la proposta di rilanciare la medicina territoriale creando case e ospedali di comunità, questa non è la ricetta giusta. Da sola la nostra sigla sindacale rappresenta il 60% dei medici sindacalizzati della regione, siamo pronti a farci sentire se necessario».
«La situazione in cui è costretta la medicina generale ci è molto chiara – replica l’assessore Manuela Lanzarin – per l’aggiornamento degli accordi sindacali sia nazionali che regionali ci sono dei tavoli in corso, puntiamo a ottenere nuovi accordi entro i primi mesi del 2024. Stiamo anche progettando il nuovo assetto organizzativo del sistema regionale e delle medicine di gruppo per venire incontro alle esigenze dei medici e migliorare i sistemi informatici di Azienda Zero. Le medicine di gruppo hanno esaurito i propri fondi nel 2023, ma con una delibera di fine anno abbiamo dato la possibilità alle aziende sanitarie e ai professionisti di procedere a sbloccare quelle procedure di avvio che erano rimaste bloccate».
«Stiamo ripensando la sanità regionale sulla programmazione prevista dal Decreto Ministeriale n.77 del 2022 – conclude Lanzarin – che prevede una riorganizzazione con nuovi modelli come le case della comunità e l’assistenza domiciliare. In questo senso il PNRR potrebbe essere una valida opportunità per rafforzare il braccio operativo della sanità esterna alle strutture ospedaliere. Come Regione stiamo potenziando la medicina territoriale con alcune sperimentazioni di case di comunità aperte 24h con medici in turnazione a Dolo e Lonigo, in Veneto a regime ne sono previste 99, una ogni 40.000 abitanti. Riguardo al supporto amministrativo siamo aperti a trovare una giusta via di mezzo per favorire la riorganizzazione complessiva del sistema, di cui contiamo di vedere i primi segnali già nel 2024».
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