«Per comprendere il clima potremmo partire dalla storia, sfatando qualche mito, basterebbe studiare alle volte prima di cavalcare l’onda di false verità che ci portano a evitare cambiamenti che oggi non possiamo più rinviare». Ospite del Museo di Storia Naturale di Venezia, Luca Mercalli, famoso climatologo e Presidente della Società Meteorologica Italiana, va dritto al punto dell’importanza dell’informazione in materia di clima: «La buona informazione scientifica ha bisogno di attenzione e approfondimento, mentre il negazionismo fa presa sulla pancia e in fretta, anche se le sue tesi non stanno in piedi, sono un comodo alibi per non cambiare».
«Il clima è un elemento che è sempre mutato e continuerà a farlo – spiega l’esperto – bisogna individuare però quali sono le cause. Dalle glaciazioni che hanno fatto scendere la temperatura fino a -5° a fenomeni come l’innalzamento del livello del mare che 15.000 anni fa chiuse l’accesso alla famosa grotta di Cosquer, da cui forse deriva il mito del diluvio universale, si sono verificati fenomeni estremi, ma a un ritmo molto più lento di quello che stiamo affrontando ora. Se Papa Francesco stesso nella “Laudate deum” condanna i negazionisti climatici facendo appello alla scienza, significa che non possiamo più ignorare il problema».
«Il principale fattore di accelerazione dei cambiamenti climatici è la combustione di materiali fossili – chiarisce Mercalli – che provoca l’immissione in atmosfera di milioni di tonnellate di carbonio accumulate più di 300 milioni di anni fa. Nonostante drastici cambiamenti come la Piccola età glaciale dal 1300 al 1800 causata dall’esplosione del vulcano Salamas in Indonesia, che ha determinato fenomeni come l’anno senza estate del 1816, dove l’Europa è stata interessata da temperature rigide che hanno messo in crisi la produzione di cibo, famosa testimonianza è il quadro “La laguna ghiacciata alle Fondamente Nuove” del 1708 ospitata alla Fondazione Querini, negli ultimi 200 anni la temperatura è aumentata a dismisura per colpa dell’uomo».
«Qualcuno si appella ad alcuni miti per sottostimare questi fenomeni – spiega il climatologo – come nel caso della Groenlandia, definita “terra verde” in modo improprio da Erik il Rosso attorno al 985, che però non la esplorò mai limitandosi a vivere in una piccola area costiera, ma che sfruttò questa “pubblicità inagannevole” per attrarre altri coloni islandesi che occuparono l’isola solo per qualche secolo. Altro esempio è la traversata delle Alpi di Annibale con gli elefanti, peccato che buona parte degli animali perirono per il freddo e che i soldati scivolavano sulla neve nuova stratificata sulla vecchia in settembre, segno della rigidità delle temperature, come narrato da Polibio e Tito Livio».
«Ormai non possiamo ignorare i cambiamenti climatici in corso – avverte Mercalli – ma possiamo ancora provare a mitigarli cambiando i nostri comportamenti, riducendo come prevedono gli accordi di Parigi le emissioni mondiali a zero entro il 2050. Per capire quanto è grave la situazione attuale basti pensare che il 2022 è stato l’anno record per inquinamento dell’aria, con valori di CO2 pari a 423 parti per milione, quando il valore massimo negli ultimi 800 anni era 300. Dobbiamo mettere in atto tutte le tecniche e le proposte della green economy note già dal 1992 con la conferenza sul clima di Rio de Janeiro e puntualmente disattese da lì in avanti».
«Se non dovessimo riuscirci non ci resterà che l’adattamento – continua lo scienziato – che non si tratta di sposare soluzioni bizzarre di geoingegneria che propongono di togliere CO2 dall’aria e rimetterla sottoterra, ma attrezzarci per ridurre il rischio riducendo la produzione di anidride carbonica, sarà un processo doloroso perché potremmo trovarci ad affrontare emergenze come la rapida fusione di ghiacciai con il relativo repentino innalzamento del livello del mare con conseguenze catastrofiche per una città come Venezia, dove il Mose potrebbe non bastare per 100 anni come promesso. Non è questione di essere catastrofisti, ma di fare il possibile per salvare il pianeta e noi stessi».
«La soluzione più semplice e immediata è bruciare e consumare di conseguenza di meno – spiega Mercalli – ma la principale alternativa è economica, passando da un modello di crescita infinita, insostenibile per un sistema con dei limiti come il nostro, a uno di stazionarietà. Una recente ricerca individua nove limiti planetari che se superati portano al collasso, ne abbiamo già superati sei. Il negazionismo va superato con l’accettazione della realtà, dobbiamo prenderci le nostre responsabilità e avere il coraggio di cambiare. Certo la politica, la crisi economica e la situazione mondiale di conflitti non sono incoraggianti, ma è una ragione in più per far partire da noi stessi il cambiamento».
«Una delle prime cose che possiamo fare è rendere più sostenibili le nostre case – chiarisce – dotandole di pannelli solari, l’energia solare ha 38 milioni di anni , è pulita e rinnovabile, è davvero il caso di iniziare a usarla per tagliare almeno il 36% delle emissioni globali. Potremmo ridurre al minimo l’uso dell’aereo, favorire il telelavoro, consumare meno carne da allevamenti intensivi (15% della CO2 globale) oltre a smettere di comprare oggetti che diventano rapidamente rifiuti. Va ripensato il nostro modello economico ma in attesa che si smetta di cercare le soluzioni esclusivamente in una forma di tecnologia salvifica, meglio iniziare da noi stessi e dalle nostre scelte. Ogni italiano produce 7.000 kg di CO2 all’anno, possiamo sicuramente migliorare».
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