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Mestre: «Così siamo vicini a trenta senza dimora»

Mestre: «Così siamo vicini a trenta senza dimora»
Ponti di solidarietà: la missione settimanale della comunità di Sant’Egidio

Non si vedono neanche i volti delle persone che si trovano per strada, già avvolte nelle vecchie coperte o nei sacchi a pelo alle 9 di sera cercando di ripararsi dal freddo. Molti di loro li trovi soli ma, solitamente, per scaldarsi sono almeno in due in un “letto” creato con vecchie scatole di cartone piegate; alcuni chiedono del cibo in più, probabilmente per avere qualcosa per il giorno seguente o perché aspettano un amico con il quale condividono il luogo nel quale si trovano. 

I primi li incontri alla fine di Corso del Popolo; i volontari passano, salutano, lasciano accanto il sacchetto con dentro un panino, un frutto, dall’acqua… «In una città – spiegano – dove le mense per i poveri ci sono e i dormitori o i servizi sanitari pure, noi vogliamo soprattutto aiutare queste persone a rompere la loro solitudine. A Mestre non si muore di fame, ma di solitudine. E il panino serve non perché sono a stomaco vuoto, ma per avviare una relazione, per accendere umanità».

La notte sarà lunga, la camminata degli adulti della Comunità di Sant’Egidio prosegue per Mestre. «Nel giro di 6 mesi vediamo queste persone cambiare, si vede proprio l’invecchiamento nei loro volti», afferma un volontario.

La prossima tappa è la piazzetta dietro al Centro Le Barche: anche lì c’è un senza dimora conosciuto; anche lì un sacchetto di viveri aiuterà a passare la notte.
Già, perché le notti adesso sono lunghe e ci sono almeno trenta persone – trenta poveracci – che si trovano all’esterno. «Tra breve – spiega una delle volontarie – inizierà “Emergenza Freddo”, l’azione del Comune per cui aumenteranno i posti letto nei dormitori. E qualcuno di questi trenta andrà a dormire nella Casa dell’Ospitalità di via Spalti, al caldo. Ma in ogni caso, anche in dicembre e gennaio, una ventina di donne e uomini resteranno al freddo per strada o in stazione». Questo sottolinea la gravità della situazione e la necessità di ulteriori sforzi per affrontare il problema dell’emergenza abitativa e il bisogno di riparo.

Il valore della compassione e la lotta contro l'emergenza freddo

Questo momento permette ai volontari di avere una maggiore consapevolezza della realtà che li circonda, mettendoli faccia a faccia con gruppi di persone più fragili che spesso, oltre alla situazione nella quale si trovano, soffrono di dipendenze, solitamente legate all’alcool o alla droga. Pertanto, rispetto a qualche anno fa, sono aumentati i giovani tossicodipendenti che si ritrovano in queste condizioni.

Oltre alla semplice fornitura di cibo, coperte e indumenti, si cerca di offrire compagnia e ascolto a queste persone, spesso emarginate e costantemente sole. «Vogliamo portare un senso di umanità e amicizia a coloro che vengono troppo spesso trascurati dalla società durante il corso della giornata», spiega un volontario.

Le persone assistite riconoscono l’importanza del lavoro dei volontari. Non condividono solo la loro storia ma spesso anche quel poco che hanno da mangiare con i membri della comunità di Sant’Egidio. «È una cosa che ti arricchisce interiormente. Senti delle storie e capisci com’è facile cadere in basso», racconta uno dei volontari. Questo evidenzia quanto sia preziosa l’esperienza umana, poiché i volontari entrano in contatto con le esperienze di vita di coloro che assistono e capiscono quanto sia vicina la sottile linea tra la stabilità e l’instabilità.

 

Quattro gruppi per raggiungere tutti i poveri della città

Nel concreto il gruppo della comunità è organizzato per trovarsi una volta alla settimana alle 20 nel patronato della parrocchia del Sacro Cuore di via Aleardi, per confezionare dei sacchetti contenenti un panino, della frutta, un dolce e dei fazzoletti, facendo particolare attenzione nel provvedere ad alternative senza carne di maiale per rispettare le abitudini alimentari di altre culture. Il cibo viene preparato a turno da alcuni dei volontari della comunità.

Successivamente, dopo un momento di preghiera che precede la partenza, i partecipanti si dividono in quattro gruppi distinti.
Uno si dirige verso la stazione, un altro verso Marghera, un terzo va nel centro della città e l’ultimo si reca alla casa dell’ospitalità in via Spalti.

Questo metodo organizzato consente una distribuzione mirata del cibo preparato, coprendo diverse aree e raggiungendo così una più ampia gamma di persone bisognose in vari punti della città di Mestre. 

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