
Di montagna Moreno Pesce se ne intende parecchio («la adoro, fin da bambino») e le sfide estreme a cui sottopone mente, cuore e fisico sono il risultato di una grande preparazione e di un team rodato sempre al suo fianco. Lui, classe 1975 e originario di Noale, ha trasformato una tragedia personale in una vera risorsa per superare i propri limiti e per trasmettere agli altri dei valori di cui troppo spesso, nella frenesia di tutti i giorni, tendiamo a scordarci. Càpita, quando si danno per scontate cose a cui non riusciamo a pensare diversamente da quello che sono in superficie, finché la vita arriva a segnare un “prima” e un “dopo” che Moreno racconta senza filtri, anche fra i giovani. Un incidente motociclistico, che gli è costato la gamba sinistra, ha segnato per sempre, nel ‘97, la sua esistenza. Una «fortuna», la definisce l’uomo, poiché gli ha consentito di imparare «a guardare e a pensare» davvero, come non aveva mai fatto prima. La protesi in fibra di titanio che ne detta il passo, è l’“alleata” che permette a Moreno di affrontare le sue imprese, dall’asticella ogni volta sempre più alta. E se da un lato le sfide a cui si sottopone lo portano a confrontarsi con se stesso, dall’altro il tema del rispetto dell’ambiente circostante è qualcosa che per lui non deve mai venire meno. «In montagna c’è molta sporcizia, specie in estate, a causa del turismo. È un dato di fatto: la gente tende spesso ad abbandonare carte e rifiuti di vario genere a terra, ma l’ambiente va rispettato, salvaguardato», è il mantra di Moreno.
«“Green” è colui che rispetta la montagna, non certo chi si limita a sceglierla per le proprie vacanze. Se ho immondizie, le devo portare con me, finché ho modo di smaltirle nel modo opportuno. I rifugi devono essere in tal senso da supporto a chi va a passeggiare, un punto d’appoggio per le escursioni». Una tematica, quella dell’attenzione verso l’ambiente, che deve essere affrontata anche nelle scuole, sensibilizzando i ragazzi e le ragazze. Dopodiché chiaro, i genitori non possono che giocare un ruolo importantissimo. «L’educazione civica è fondamentale. E, quando si va in montagna, bisogna tenerne conto». Moreno si sofferma su ulteriore tema, sul quale bisognerebbe insistere: quello del turismo inclusivo. «Negli ultimi tempi le cose stanno iniziando a cambiare, in positivo, ma va comunque aumentata la proposta». Il suo pensiero è rivolto a guide (coperte dall’assicurazione in caso di incidenti) e ad accompagnatori di montagna, che potrebbero ampliare il proprio ventaglio di clienti, rendendosi sempre più disponibili anche per quei turisti con disabilità motoria o sensoriale, affinché possano godere – in sicurezza – delle bellezze offerte dalle località montane. E proprio le manifestazioni sportive dell’atleta non sono altro che un mezzo prezioso per tenere accesi i riflettori su una tematica che altrimenti farebbe un po’ più fatica ad essere raccontata dai media.
«Mai affrontare la montagna senza preparazione», prosegue Moreno. «Personalmente mi alleno 5 giorni su 7, in palestra, dedicandomi anche al nuoto 2 volte alla settimana». Le sue imprese le conduce con una squadra collaudata, pronta a sostenerlo, garantendogli di fronteggiarle sempre in sicurezza, poiché le persone che la compongono sono di esperienza. «Questo non vuol dire che chiunque, al fianco di una guida alpina, può arrivare a raggiungere determinati obiettivi. L’affiatamento di gruppo è necessario, ma ancor di più un’adeguata preparazione. Nel mio caso sono partito dalle piccole distanze, incrementando la difficoltà gradualmente, in base alla mia preparazione fisica». Ricominciare a vivere e rimettersi in gioco con forza, anche quando nulla, nella vita, sembra andare per il verso giusto: questo il messaggio che lo sportivo desidera trasmettere a chi rischia di sentirsi travolto dagli eventi. D’altronde – come lui stesso afferma – non si è disabili poiché manca o è ridotta una funzione corporea, ma perché non si usano tutti i talenti di cui disponiamo per raggiungere i nostri obiettivi, i nostri sogni e le nostre aspirazioni.
L’ultima sfida, in ordine di tempo, è quella che Moreno ha affrontato a febbraio sulle Dolomiti d’Ampezzo, che tanto ama. «È stata una magia vivere determinate emozioni in “casa”, nella mia regione, grazie al supporto di tante persone. Ed è bello poterlo raccontare. Non sono salito facilmente. Avevo con me dei ramponi troppo corti e non credevo che la pista fosse così tanto ripida. Fortunatamente mi ero portato via delle stampelle munite di coltelli frontali che si aprono, come fossero una piccozza. Toccando con mano l’effettiva pendenza, ho capito perché fino a quel momento non mi avessero concesso di andare lì». Un’altra, l’ennesima salita per dimostrare che nessuna vetta è davvero irraggiungibile. Nemmeno per chi ha subìto un’amputazione importante come la sua. La risalita narrata da Moreno è quella della pista Olympia delle Tofane, tra i percorsi più impegnativi di Cortina d’Ampezzo, che ogni anno ospita la Coppa del mondo di sci femminile. Il 22 febbraio, alle prime luci dell’alba, Pesce ha risalito la discesa, contraddistinta da pendenze che superano il 56%. Il tutto grazie al permesso esclusivo concesso da Ista Spa, la società che gestisce gli impianti e le piste di Cortina, con il patrocinio del Comune. Ad accompagnarlo, la guida alpina Lio De Nes e il videomaker Jacopo Bernard, in un’impresa al buio, con lampada frontale a illuminare il tragitto. Il rifugio Pomedes l’obiettivo finale, al termine di un dislivello di 760 metri. Poi, una volta raggiunta la meta, l’accensione di una fiaccola fornita dall’Associazione nazionale Atleti olimpici e Azzurri d’Italia. Ad attendere Moreno c’erano la figlia Elisa, la compagna Antonella e la sua famiglia. Ed è stata proprio sua figlia a regalargli una medaglietta, attaccata da Moreno alla sua protesi insieme a tutte le altre. Con il progetto Team3Gambe condivide la propria esperienza con altri amputati, insegnando loro che la montagna è un luogo di crescita.
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