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NasonMoretti: quando il vetro parla a tavola

Al Museo del Vetro di Murano una mostra celebra i 100 anni della nota azienda artigiana

Sono pezzi per la tavola esemplari quelli esposti nella mostra “Cento anni di NasonMoretti. Storia di una famiglia del vetro muranese”, allestita al piano terra del Museo del Vetro di Murano fino al 6 gennaio, a cura di Cristina Beltrami e Chiara Squarcina, che apre un ciclo di esposizioni dedicate alle aziende del vetro. La mostra, che rientra tra gli eventi di The Venice Glass Week, celebra la nota realtà muranese, una delle eccellenze veneziane più famose al mondo, che quest’anno festeggia cent’anni di attività. Al piano terra del museo si dipana l’importante racconto di una storia aziendale che negli anni ha realizzato oltre 10 mila modelli, svelando non solo i pezzi più iconici ma anche parte degli archivi: esposto infatti il primo disegno realizzato in cui si vede la cifra stilistica dell’azienda. In mostra sono presenti gli oggetti di maggior successo creati dalla fornace, tra cui alcuni intramontabili degli anni ’50 e ‘60 ancora a catalogo. Inoltre una sezione della mostra è dedicata alle realizzazioni più attuali, a dimostrazione della vitalità della grande impresa familiare muranese.

La storia

<La Cristalleria NasonMoretti fu fondata nel 1923 dal mio bisnonno insieme ai suoi figli e al cugino Francesco Moretti> ricorda Piero Nason, che insieme a Marco e Giorgio Nason oggi portano avanti l’impresa. L’azienda scelse fin da subito uno specifico indirizzo: l’arte della tavola. <Il Bisnonno con i figli lavoravano per la Franchetti, altra grande azienda muranese che ora non esiste più e che faceva in particolare calici, bicchieri e bottiglie. Quando decisero di mettersi in proprio iniziarono l’attività facendo quello che avevano imparato quando erano dipendenti> racconta Nason, dicendo che negli anni ‘50 poi la famiglia Moretti venne liquidata e i Nason decisero di tenere il marchio invariato. Un’azienda che, con profonda modernità, è stata capace di tenere fede alla tradizione tecnica del passato reinterpretandola secondo formule contemporanee e una lavorazione, già allora, semi-industriale per l’ampio utilizzo dello stampo.

Il Compasso d’oro

La prima sala evidenzia fin da subito come la peculiarità della NasonMoretti sia legata all’arte della tavola con 400 oggetti dalle forme più varie e dalle colorazioni intense. Il percorso espositivo prosegue cronologicamente con servizi simbolo, come quello da rosolio per il Vittoriale del 1930, databile con certezza visto che a cavallo tra le due guerre gli ossidi disponibili che arrivavano a Murano erano solo il nero e il rosso corallo. Forte di una palette ricchissima e di una costante apertura al nuovo, la NasonMoretti è divenuta un punto di riferimento del design fin dal 1955, quando le coppe Lidia si aggiudicano il Compasso d’oro: <Le coppe nascono da un’intuizione formidabile di Umberto Nason, che decide di applicare la tecnica dell’incamiciato invertito>. Si tratta di una rivoluzione stilistica e tecnica: se normalmente l’incamiciato prevede il colore all’esterno e il bianco latte all’interno, la novità consiste nell’invertire i due fattori. I colori si appropriano di forme quasi d’ispirazione nordica, dando vita ad un classico senza tempo. Una serie di vetri, questi, che due anni più tardi, nel 1956, l’architetto Philip Johnson dona al museo MoMa di New York. Sempre selezionati per il MoMa, agli anni ‘50 appartengono i bicchieri del progetto arlecchino con base rientrante dello scultore muranese Giovanni Gariboldi. Non manca una lampada realizzata nel 1923 che fa parte delle sperimentazioni dell’azienda.

Il ritorno al colore

A partire dalla metà degli anni ‘50 la NasonMoretti è anche una presenza costante delle Biennali veneziane, con un’intensa fase progettuale che si estende agli anni’70. Da un periodo molto colorato, negli anni ’70 – ’90 si passa al vetro trasparente con piccole punte di colore per assecondare i gusti dell’epoca che snaturano un po’ l’azienda, come nei lavori del designer muranese di Sergio Asti. Successivamente, dopo la caduta Muro di Berlino si assiste ad un’invasione di prodotti trasparenti dell’est europeo a basso costo. <La ditta così nel ’90 si reinventa e torna a colorare le sue  produzioni>. Cifra che caratterizza l’azienda è infatti la grande tabella di colori che presenta solo per il verde 23 tonalità e 9 per il blu: <Le nostre sono ricette uniche. Vengono dalle esperienze con architetti, designer e uffici tecnici. – spiega Piero Nason – Ogni collezione viene proposta almeno in sei colori diversi>. Nuovi colori nascono anche dai lavori eseguiti su commissione, come quelli per le aziende di moda come Valentino che chiedono di sviluppare la collezione casa>. L’esposizione si chiude infine con una serie di vetri iconici più recenti che arrivano al 2020, per lo più ancora in produzione e con alcune collaborazioni con artisti e designer contemporanei quali Fabio Bortolani, Maria Grazia Rosin, Marco Zito, Matteo Zorzenoni e maestri vetrai come Lino Tagliapietra. <Oggi – conclude Nason – andiamo rielaboriamo pezzi del passato adattandoli con nuovi colori e forme o applicazioni diverse>.

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