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Nucleare: energia a zero emissioni di anidride carbonica

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Chiara Bustreo ne ha discusso a presso il patronato della chiesa all’Angelo Raffaele nel ciclo di incontri realizzato da “Viviamo Venezia”

È possibile eliminare i combustibili fossili nei sistemi energetici e negli altri settori? Entro quando? A che punto è l’Italia rispetto a questi obiettivi? Nella seconda conferenza organizzata da “Viviamo Venezia” presso il patronato della chiesa all’Angelo Raffaele, sul tema “Crisi climatica – Quali strategie per ridure l’impatto ambientale”, la dottoressa Chiara Bustreo ha messo in luce quali siano gli scenari energetici per il futuro dopo aver descritto il quadro dell’attuale fabbisogno energetico. Chiara Bustreo è ricercatrice specializzata nello sviluppo di scenari energetici e direttrice del team europeo del progetto EUROfusion. Bustreo concorda con De Lorenzi, relatore della precedente conferenza, sull’importanza della fusione nucleare come fonte energetica in un orizzonte temporale che si estende fino alla fine del secolo

«L’elevato interesse sulla tecnologia, non solo della ricerca pubblica ma anche delle aziende private, risiede nel grandissimo potenziale della fusione – spiega – Un impianto a fusione, infatti, sarebbe in grado di produrre in modo continuativo e sicuro, grandi quantità di energia elettrica a partire da isotopi dell’idrogeno, il deuterio e il trizio. La produzione di energia avverrebbe senza emissioni di anidride carbonica, con livelli contenuti di elementi a bassa radioattività. La tecnologia a fusione potrà rendere più sicuro e affidabile il sistema di produzione dell’energia elettrica di qualsiasi Paese. Ciò vale anche per l’Italia, che nel corso del processo della transizione energetica si sta muovendo verso un sistema sempre meno dipendente dalle fonti fossili».

Nucleare vs rinnovabili: impatto economico e ambientale

La fonte nucleare, sia a fissione che a fusione, sarà probabilmente accompagnata anche dalle fonti rinnovabili, per creare un giusto mix energetico che migliori il sistema: «A livello mondiale sono state raggiunte elevatissime competenze sulla tecnologia a fissione e questo ha permesso anche di ridurne i costi, consentendo quindi di produrre energia elettrica a prezzi molto competitivi – spiega l’esperta- Accanto al nucleare, un posto rilevante ma non preponderante, lo dovranno sicuramente avere anche le fonti rinnovabili, in primis solare e eolico. Infatti, la compresenza di una tecnologia nucleare che produce energia in modo continuativo e di solare ed eolico, definite “rinnovabili variabili” perché la loro produzione è intermittente e variabile in quanto legata all’ora del giorno e alle condizioni meteorologiche, rende più facilmente gestibile il sistema e ne aumenta l’affidabilità, consentendo di azzerare il rischio di non disporre di sufficiente generazione per soddisfare la domanda di energia in alcuni periodi dell’anno. È bene sottolineare che un sistema di generazione elettrica bassato solo sulle rinnovabili, non è tecnicamente impossibile, ma richiede costi, legati alla sua gestione per assicurarne l’affidabilità, strettamente legati alle caratteristiche geografiche e socioeconomiche del Paese in cui è realizzato».

L’impatto ambientale del nucleare, inoltre, risulta molto basso grazie ai progressi della ricerca degli ultimi anni. Addirittura, secondo Bustreo, inferiore a quello del fotovoltaico: «Sicuramente, l’impatto ambientale di un impianto nucleare a fissione di ultima generazione (Gen III o Gen III+) o di un futuro impianto a fusione è bassissimo – spiega la ricercatrice- Questo è dovuto agli elevatissimi standard di sicurezza che impediscono incidenti gravi, alla limitata occupazione di suolo e alla produzione di energia elettrica senza emissioni di anidride carbonica. Si stima che i costi esterni, ovvero i costi non monetizzabili e legati agli effetti della costruzione e dell’operazione di un impianto sull’ambiente e sulla popolazione, siano tra i più bassi tra tutte le fonti di generazione elettrica disponibile, alla pari della fonte idroelettrica e di gran lunga inferiori rispetto al fotovoltaico».

Il vincolo di azzerare le emissioni di gas a effetto serra entro il 2050

Seguendo le indicazioni date da istituzioni scientifiche e governative internazionali quali l’International Panel of Climate Change (IPCC) e l’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA), le politiche energetiche dell’Europa e anche di altri Paesi si sono poste come obiettivo l’azzeramento delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2050 per rallentare il progressivo aumento della temperatura del pianeta. Bustreo riporta che sono già stati fatti notevoli passi in avanti: «Il contributo delle fonti rinnovabili sta progressivamente crescendo – osserva – passando dal coprire il 18% della generazione elettrica nel 2000 al 29% nel 2024. Inoltre, si è assistito, almeno nei Paesi più sviluppati, ad un progressivo abbandono dell’utilizzo del carbone per la produzione di energia elettrica».

Ma aggiunge: «Non dobbiamo dimenticare che i combustibili fossili sono utilizzati anche al di fuori del settore della generazione elettrica. Pensiamo per esempio al gas naturale, utilizzato per alimentare le caldaie per il riscaldamento delle abitazioni; alla benzina e al diesel, utilizzati nel settore dei trasporti. Da non dimenticare anche il settore industriale che contribuisce con 18,4% alle emissioni globali di anidride carbonica, piazzandosi al terzo posto dopo il settore della generazione elettrica (44%) e il settore dei trasporti (23%). Per raggiungere un sistema energetico a emissioni di anidride carbonica nulle, i cambiamenti devono dunque toccare tutti i settori».

Immagine generata da AI Crayion
Transizione energetica e impatto sull’economia in Italia

Tuttavia una transizione energetica è un processo lungo e fortemente impattante da un punto di vista economico: «Sicuramente è un processo molto costoso perché richiede un cambiamento tecnologico sia dal lato della produzione che del consumo di energia – spiega Bustreo – L’Italia, secondo quanto affermato nel Piano nazionale Integrato Energia e Clima, con orizzonte temporale che si estende fino al 2030, si impegna a investire tra i 120-134 miliardi di euro all’anno. La sfida che ci troviamo di fronte è quella di identificare un percorso di cambiamento che permetta di raggiungere il risultato desiderato, ovvero la realizzazione di un nuovo sistema in grado di soddisfare le esigenze del Paese nel rispetto dell’ambiente e della popolazione, a costi più bassi possibile».

L’esperta ricorda, inoltre, l’importante ruolo dell’Italia nella ricerca sulla fusione dato dal lavoro del Consorzio RFX di Padova, attivo dagli anni Ottanta e attualmente collaboratore del progetto ITER: «Il Consorzio RFX ospita un esperimento per studiare la fisica del plasma, che rappresenta il cuore di un impianto a fusione perché proprio in esso avvengono le reazioni tra nuclei di idrogeno e il rilascio di grandi quantità di energia. Si occupa, inoltre, della realizzazione per ITER dell’iniettore di neutri, componente che permetterà di mantenere elevata la temperatura del plasma al fine di consentire la continuità delle reazioni di fusione nucleare».

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