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Nuova tutela dell’indicazione geografica in Europa

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La valutazione di due docenti esperti di Ca’ Foscari sul nuovo regolamento europeo

Il Consiglio d’Europa si è recentemente dotato di un regolamento per rafforzare la protezione delle indicazioni geografiche per alimenti e bevande. L’obiettivo è potenziare il ruolo dei consorzi, dando ai singoli Stati membri facoltà di individuarne di nuovi per aree geografiche già riconosciute e dando direttamente alla Commissione Europea il compito di esaminare le domande di nuove zone di produzione da tutelare. Fra le altre novità l’estensione della tutela anche online con la verifica di domini e la protezione della denominazione di origine quando viene interessato un ingrediente e viene riportato nel nome di un prodotto trasformato, informando i produttori e indicando la percentuale di presenza sulla lavorazione finale.

«Il nuovo regolamento semplifica notevolmente il processo di esame delle domande – spiega Christine Mauracher, professoressa ordinaria dell’Università di Venezia Ca’ Foscari, dove dirige l’Agrifood Management and Innovation Lab e membro del Comitato scientifico di Fondazione Qualivita, realtà a supporto del sistema DOP IGP – sia riducendone i tempi, sia assegnando alla Commissione l’esame delle nuove richieste e ai singoli Paesi la competenza sulle modifiche dei disciplinari». Come fa eco il professor Vladi Finotto, membro dello stesso laboratorio di ricerca: «Una volta riconosciuta la certificazione, le modifiche ai disciplinari di produzione, se non toccano argomenti relativi alla concorrenza, verranno approvate a livello nazionale, in una logica di piena sussidiarietà».

La professoressa Christine Mauracher dell'Università Ca' Foscari di Venezia
A che cosa serve la certificazione d’indicazione geografica

«Le prime indicazioni geografiche o IGP sono state introdotte in Europa nel 1992 – spiega la professoressa Mauracher – l’obiettivo era fornire uno strumento per rendere le produzioni agroalimentari più competitive con l’idea di collegare il concetto di qualità con il territorio specifico di origine, sono nati così i marchi di “Denominazione di Origine Protetta” (DOP) e “Indicazione Geografica Protetta” (IGP). Nel primo caso il legame col territorio è esclusivo, tutta filiera è localizzata in modo stringente in un’area specifica come per l’Asiago o la Casatella trevigiana; mentre nel secondo è sufficiente che una sola una fase del processo produttivo avvenga nel’indicazione geografica, come per il radicchio di Treviso, primo ortaggio riconosciuto IGP a livello europeo nel 1996, che deve le sue caratteristiche alla fase di imbianchimento e forzatura che avvengono grazie all’acqua di risorgiva del Sile, non riproducibile in altri territori».

«Questi marchi apportano diversi benefici – aggiunge – fra cui quello di essere un ottimo strumento di differenziazione che consente da una lato di praticare “premium price” giustificati dalla qualità unica che permettono di competere su mercati internazionali e dall’altro di essere tutela verso la contraffazione e veicolo di promozione». Come chiarisce Finotto: «In Italia fra DOP e IGP si contano più di 890 prodotti tra alimenti e vini, di cui 90 nel solo Veneto, il nuovo regolamento accorpa questi ambiti differenti per semplificare la comunicazione al consumatore, soprattutto straniero. Su richiesta dei produttori vitivinicoli questi potranno usare ancora nel mercato italiano le diciture DOC e DOCG in vigore dal 1966, ma per l’estero l’opportunità di avere un’unica indicazione, già conosciuta ai più, per veicolare qualità e appartenenza a un territorio specifico risulta molto vantaggiosa».

Le novità per i consorzi di produttori agroalimentari

«Bisogna dire, andando controcorrente alla vulgata che vede gli italiani restii alla collaborazione e allo spirito di squadra che i consorzi hanno lavorato molto bene, basta pensare alle esperienze di quelli dedicati a prosecco, cioccolato di Modica e vini del Trentino per poter dire che questo modello ha funzionato e il nuovo regolamento è quasi un riconoscimento di quanto fatto sin qui – aggiunge il docente – le organizzazioni di produttori infatti sono ancora uno degli strumenti previsti dall’Unione Europea per concentrare un’offerta di mercato estremamente frammentata, la creazione di nuove associazioni all’interno di aree geografiche specifiche consentirà non solo di sviluppare nuove IGP ma orientare meglio le produzioni verso il mercato, insomma sarà l’ingrediente principale per questa trasformazione verso la maggior tutela».

«La certificazione è un aspetto rilevante soprattutto per i processi di trasformazione che prevedano l’utilizzo di materia prima DOP o IGP – aggiunge Mauracher – la nuova normativa supera il rischio che sfugga il controllo da parte dei produttori, ora sarà previsto un accertamento sulla lavorazione per l’utilizzo di prodotti certificati, in modo da proteggere tutta la filiera produttiva e contrassegnare correttamente anche prodotti derivati a partire da lavorazioni da areali specifici. Il nuovo regolamento impone l’obbligo di notificare ai consorzi di tutela l’utilizzo dei prodotti certificati, in modo migliorare la trasparenza sia al consumatore che ai fornitori che riforniscono l’industria di trasformazione»

Il professor Vladi Finotto dell'Università Ca' Foscari di Venezia
Frodi, comunicazione e rapporto con i consumatori: le sfide per il futuro

«Un passaggio importante è poi la maggior verifica di Internet assegnata ai ruoli che i consorzi dovranno esercitare – spiega Finotto – fino adesso la libera iniziativa concessa al contesto digitale ha avuto effetti distorsivi, basta vedere l’esempio dei domini legati al prosecco da quando la denominazione è stata allargata nel 2009 a Conegliano Valdobbiadene e Asolo, con la proliferazione e l’acquisto di finti siti rivenduti a peso d’oro. Ora i consorzi hanno responsabilità e onere di scandagliare il web per segnalare usi impropri alla UE o agli organi nazionali, una piccola rivoluzione tecnologica che costringerà gli enti a dotarsi di software e competenze ma che potrebbe essere uno stimolo all’innovazione, visto che il digitale oggi è il primo canale per l’accesso di informazioni. L’agro-piratera ha proliferato su buchi normativi, con questo regolamento si potrà fare un passo avanti anche in questo senso».

«Guardare avanti significa anche superare una visione rigida verso l’offerta di prodotti di imitazione per cui, se da un lato non mancherà mai chi li acquisterà per necessità economica non potendosi permettere gli originali – continua i professore – dall’altro attraverso una promozione mirata dei consorzi, soprattutto internazionale, si potrà potenziare l’informazione sulle nostre produzioni anche in chiave culturale e di turismo enogastronomico, per definire una promozione ed educazione strutturata, molti elementi che noi diamo per scontati all’estero sono novità inedite, c’è molto da raccontare e da poter fare, ma sono necessarie strategie mirate e percorsi da gestire nel tempo». «Innovare significa anche affrontare il tema della sostenibilità e dell’impatto ambientale – conclude Mauracher – bisogna abbandonare un atteggiamento di rigido conservatorismo per pensare anche a mantenere i capisaldi produttivi di un territorio adeguando la tutela oltre alla produzione. Un esempio? Ci sono formaggi che vengono ormai cagliati al vegetale senza prodotti animali o a cui viene diminuita la percentuale di sale rispondendo alle richieste in continuo cambiamento da parte dei consumatori e a una rinnovata consapevolezza della necessità di coniugare qualità di prodotto, crescita economica e salvaguardia dell’ambiente».

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