
Il Museo Fortuny martedì 10 ha festeggiato 50 anni di attività e con l’occasione per i prossimi tre mesi sono stati allestiti nel percorso permanente invenzioni e nuovi oggetti di moda inediti. Era il 1975 quando Palazzo Pesaro Orfei, casa e fabbrica, centro produttivo cosmopolita della dirompente creatività dell’artista spagnolo Mariano Fortuny y Madrazo (leggi qui) e della moglie Henriette Nigrin, è stato per la prima volta aperto al pubblico, diventando punto di riferimento per la cultura della città di Venezia. Tante le destinazioni d’uso che il palazzo ha visto nel tempo, come quando nel 1969 fu museo-laboratorio dell’Università Internazionale dell’Arte (UIA), luogo di sperimentazione tra arte, restauro e visual design, e del centro di documentazione, officina per fotografia, video, grafica, design e arti applicate. Solo negli anni ’90 il palazzo entrò a far parte dei Musei di Venezia. Il Museo Fortuny non è solo una casa-museo, ma luogo dove la storia del saper fare e la modernità si incontrano. È un luogo che racconta la straordinaria vicenda di una coppia che più di tutti ha saputo trasformare la creatività in impresa. Mariano scelse di vivere, lavorare e creare insieme alla moglie Henriette Nigrin: ispiratrice, compagna di lavoro, artefice con il marito della grande impresa creativa dell’Atelier Fortuny, alla cui generosità e visione si deve la donazione alla città del palazzo e delle sue collezioni.
Per quest’importante traguardo, il percorso espositivo al primo e secondo piano è stato arricchito con oggetti e documenti d’archivio che non sono generalmente esposti per la loro fragilità. Insieme a questi anche alcuni manufatti inediti di recente acquisizione che fanno ritorno a casa, nel luogo dove sono stati creati, finora noti solo tramite documentazione fotografica. Oltre a disegni preparatori, schizzi, matrici e prove di stampa, campionari, fotografie, affiche e depliant pubblicitari, si potranno ammirare i significativi registri di vendita, stampe antiche patrimonio della collezione di Mariano Fortuny tra cui l’album dei “Capricci” di Goya, incisioni di Rembrandt, Tiepolo, Canaletto. In mostra trovano spazio anche pregiate sete parietali, teli e velluti di seta stampata. Nei disegni dei tessuti Fortuny rivivono motivi copti, persiani, turchi, cretesi e minoici, l’arte medio-orientale, i motivi ispano-moreschi, il rinascimento italiano e spagnolo, fino alle influenzedell’Art déco. Inoltre in mostra si possono vedere alcuni “katagami”, stencil giapponesi realizzati con carta Washi finemente intagliata, volumi sulle antiche tecniche di stampa e ricettari presenti nella sua biblioteca privata.
Altra novità sono le cinque copie di brevetti che svelano l’innovazione fortunyana nel campo del tessile. Tra questi il brevetto della plissettatura della seta e un particolare tipo di abito femminile, alla base dell’abito“Delphos”, l’iconica tunica in seta plissettata ispirata alla statuaria ellenistica, e la sua variante, il “Peplos”. Proprio l’immortale “Delphos”, pensato senza taglia specifica per adattarsi a qualsiasi forma, è il simbolo dell’apporto rivoluzionario dei Fortuny nella moda. Il vestito, amato da personalità del cinema e della cultura fino ai nostri giorni, fu indossato da icone come Geraldine Chaplin e Barbara Streisand e fu protagonista nel film “The Wings of the Dove” e nella serie “Downtown Abbey”. Un abito che inventa e brevetta, letteralmente, il “made in Italy“: una dicitura mai vista prima che compare sull’etichetta dell’abito, decenni prima della nascita di questo concetto negli anni ‘50. L’abito restituisce, al contempo, la centralità nell’avventura artistica, creativa e imprenditoriale ad Henriette Nigrin, di cui ricorrono i sessant’anni dalla morte. Lei non fu solo musa di Mariano ma anche una general manager e creativa. Diede il suo fondamentale apporto nell’invenzione e creazione degli abiti, tra cui proprio il “Delphos”, rivelandosi come una figura cardine della storia della fabbrica, del personale e delle vendite, nonché dell’ideazione del museo.
Alla Morte di Mariano Fortuny, la moglie donò la casa museo al Comune affinché diventasse un luogo per le arti. Compito della Fondazione Musei Civici è stato, negli anni, quello di raccogliere, conservare e raccontare l’incredibile vicenda artistica di Mariano Fortuny e il suo patrimonio multidisciplinare, aprendosi a contaminazioni tra antico, arti applicate e contemporaneo. Non è un caso, allora, se accanto all’incredibile storia del saper fare di Mariano, che si dipana nei vari piani del palazzo, il piano terra sia di volta in volta dedicato ad un artista contemporaneo, così che il dialogo con l’arte non venga mai interrotto. Attualmente sono esposte nella mostra temporanea le opere dell’artista spagnolo Alberto Rodríguez Serrano che, in linea con il percorso di Mariano Fortuny, portano suggestioni della Spagna e omaggiano anche la città d’acqua (leggi qui). «Mariano Fortuny è il “Leonardo Da Vinci del Novecento”; la sua fantasia e interesse si sono riversati in mille rivoli e materie anche profondamente diverse tra loro. Oggi dopo 50 anni di apertura del museo abbiamo ancora elementi da studiare, ammirare e scoprire questo genio» ha detto Elisabetta Barisoni, direttrice del Museo Fortuny, sottolineando che alle figure di Mariano e Henriette saranno dedicate un ciclo di conferenze in programma a partire dal prossimo autunno, che si estenderanno fino alla primavera del prossimo anno.
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