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Oltre i confini della guerra: tra Palestina e Ucraina

Giornate del progetto"Accoglienza per la pace"
La Testimonianza di Dessislava Vertchova Moussa sulla guerra in Palestina durante il progetto “Accoglienza per la pace”

La guerra non conosce confini, non fa distinzioni e lascia dietro di sé solo dolore. Le testimonianze che arrivano dalle zone di conflitto parlano di vite stravolte, di sogni infranti e di speranze che lottano per sopravvivere. 

In questo contesto drammatico, nell’ambito del progetto “Accoglienza per la pace”, promosso in Riviera del Brenta dagli scout Agesci, che ha accolto nei giorni scorsi una sessantina tra giovani palestinesi e ucraini, c’è stata la possibilità di parlare con Dessislava Vertchova Moussa, animatrice del gruppo giovani di Ramallah, che ha raccontato come la sua vita e quella del popolo palestinese siano cambiate dall’inizio della guerra. 

Per molti di loro le giornate nel Veneziano sono state la prima volta fuori dalla Palestina, un’esperienza che ha aperto i loro cuori e le loro menti a una realtà completamente diversa. «È come vivere in un sogno», spiega, «dove le persone ti accolgono, ti amano e ti mostrano come dovrebbe essere la vita». 

Quando si confronta con le persone che stanno vivendo una guerra in altre parti del mondo, come in Ucraina, Dessislava prova una profonda delusione per la cosiddetta civiltà moderna. «Siamo nel XXI secolo, ma sembriamo incapaci di risolvere i problemi del nostro piccolo pianeta», afferma Dessislava. «Non ci sono vincitori in guerra, solo vittime. Ma la sofferenza ci insegna che la sopravvivenza è possibile e che lo spirito umano può raggiungere livelli straordinari».

Giornate del progetto "Accoglienza per la pace"
Vite sotto assedio: la quotidianità dei palestinesi tra guerra e occupazione

Ogni mattina, la vita dei palestinesi inizia con numeri che pesano come macigni: morti, feriti, detenuti, terre rubate. Questi dati, che per molti di noi sembrano distanti, per le famiglie palestinesi sono una tragica realtà quotidiana. «I bambini palestinesi sono nati e cresciuti ascoltando le stesse notizie, giorno dopo giorno, come i loro genitori prima di loro», racconta Dessislava. 

La guerra e l’occupazione hanno frammentato la Palestina, dividendo non solo il territorio, ma anche le vite delle persone, intrappolate in una situazione di isolamento e terrore. 

In particolare, la situazione a Gaza è diventata insostenibile: più di due milioni di palestinesi vivono sotto un costante bombardamento, con gran parte delle infrastrutture distrutte. Non ci sono più elettricità, acqua, cibo o medicine. «Ogni giorno – prosegue Dessislava – migliaia di persone vengono evacuate da un luogo all’altro, spesso a piedi, portando con sé il minimo indispensabile».

Giornate del progetto "Accoglienza per la pace"
Dolore e silenzio: la vita in Cisgiordania all'ombra della guerra

Anche chi vive in Cisgiordania, pur non subendo direttamente i bombardamenti, sente il peso della guerra. «Ci sentiamo impotenti», confessa Dessislava. 

Non solo la guerra a Gaza ha intensificato le operazioni militari israeliane in Cisgiordania, ma la vita quotidiana è diventata una sfida continua. Molti palestinesi sono detenuti senza processo, le città sono bloccate da decine di posti di blocco e spostarsi da un luogo all’altro è diventato rischioso. «I nostri giorni sono coperti di dolore, ansia e silenzio», dice Dessislava, «Tutti gli eventi culturali e le celebrazioni sono stati cancellati».

Giornate del progetto "Accoglienza per la pace"
Una sola umanità: l'incontro che ispira la lotta per la pace

«Siamo tutti una grande famiglia e condividiamo gli stessi sogni, che iniziano tutti con una parola: pace», descrive Dessislava. «La pace non è solo l’assenza di guerra, ma la capacità di vivere insieme, di comprendere e rispettare le differenze, e di costruire un futuro basato sulla condivisione». 

Questa esperienza di viaggio in Italia ha lasciato in Dessislava e nel suo gruppo un segno profondo. «Abbiamo vissuto momenti unici fatti di relazioni umane, arte, cultura e storia», racconta. «Ma soprattutto abbiamo stabilito connessioni con persone che credono nella possibilità di rendere il mondo un posto migliore». 

Per loro, questo non è solo un ricordo prezioso, ma uno stimolo a continuare a lottare per la pace e la giustizia. 

«Abbiamo le nostre battaglie e voi avete le vostre», conclude. «Ma la vostra presenza ci ricorda che non siamo soli in questo mondo spaventoso. Siamo tutti parte della stessa umanità».

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