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«Per noi volontari della San Vincenzo ogni persona è famiglia»

Martina Siebezzi, presidente del Consiglio centrale di Venezia, racconta la missione di una realtà preziosa in città. E il bisogno di “modernizzare” l’approccio verso il prossimo, alla luce delle nuove problematiche dei nostri giorni

«Per noi ogni persona, ogni nucleo seguito, è famiglia». Martina Siebezzi, presidente della Odv Società di San Vincenzo De Paoli – Consiglio centrale di Venezia, traccia i tratti distintivi di una realtà preziosa, articolata in conferenze: 5 nella città d’acqua (Lido compreso), per un totale di 60 soci, 258 persone supportate e 82 famiglie assistite. Numeri significativi e in aumento, a conferma di come i bisogni e le urgenze negli ultimi tempi siano cresciuti. «L’incremento dei prezzi, oltre a quello delle bollette, ha portato ad un ulteriore impoverimento della popolazione – analizza la presidente –. Di conseguenza crescono le richieste di aiuto, anche dal punto di vista alimentare, da parte di quelle famiglie giovani che, non lavorando nel settore del turismo, si trovano in difficoltà». Uno stato di precarietà che pesa e che coinvolge anche molte madri sole, con figli. «La ragazza madre di oggi non va identificata con quella di una volta. Nella società contemporanea abbiamo a che fare con donne che non vengono aiutate dai propri uomini, poiché dei figli non si interessano. Qualcuna, immigrata, è sposata e, pur avendo accanto un marito, è incaricata di occuparsi totalmente della famiglia. Senza un lavoro fisso, specie nei mesi invernali non sempre sanno come fare a “sopravvivere”, fintanto che la stagione turistica non riparte». 

Imparare ad affrontare problematiche nuove

E se da un lato i bisogni aumentano, dall’altro – per i volontari della San Vincenzo – è sempre più importante imparare ad affrontare problematiche nuove, che fanno parte di un quotidiano che porta con sé una serie di cambiamenti che toccano anche l’essere umano nel profondo. Perché la società non è più la stessa di qualche anno fa e di conseguenza è fondamentale adeguarsi ai cambiamenti che la stanno via via attraversando. «Problemi legati alla salute mentale dei giovani, o difficoltà collegate a depressione e Alzheimer», commenta Siebezzi citando alcuni esempi. «Si tratta per noi di una sfida positiva, volta a rinnovare le nostre modalità di contatto con gli altri. Cercando di entrare sempre di più nella realtà dei nostri giorni, diversa da quella passata. Ci vuole una “modernizzazione” nell’approccio verso il prossimo. A novembre scorso abbiamo organizzato un incontro per esprimere le difficoltà che il volontario della San Vincenzo (ma non solo) tocca con mano. D’altronde ci si porta a casa i problemi di altri e si può anche arrivare a non dormire la notte proprio perché non si riesce a capire come risolverli». A fine marzo ci sarà un altro appuntamento, «per cercare di sostenere il volontario nella gestione delle proprie emozioni nei confronti del prossimo». 

Stretta la sinergia con la Casa circondariale di Santa Maria Maggiore

Questi i servizi offerti: dal supporto socio-economico, alla distribuzione di alimenti e vestiario («per quanto riguarda gli abiti, molte volte ci arrivano richieste specifiche»). Dal finanziamento di borse di studio, all’aiuto nel cercare un lavoro. Senza dimenticare l’attività svolta nella Casa circondariale di Santa Maria Maggiore, dove stretta è la sinergia dei volontari con il direttore Enrico Farina e con il nuovo cappellano don Massimo Cadamuro. «Siamo riusciti a fare da ponte tra il carcere e il convento di San Francesco della Vigna, dove abbiamo un nostro punto di distribuzione: sono stati assunti dai frati tre ristretti in regime di semi-libertà». Poi la realizzazione di un “punto verde” esterno. «All’interno della Casa circondariale è presente un cortile dove c’era la necessità di intervenire rendendolo più gradevole attraverso delle piante». Siebezzi racconta anche di un corso di arte che accompagna i detenuti ad esprimere il proprio io, conoscendosi più a fondo proprio grazie al disegno e alle varie tecniche utilizzate. «L’idea, che auspichiamo di concretizzare in primavera, o al massimo in estate, è quella di far realizzare ai ristretti dei murales nello spazio esterno», spiega, soffermandosi poi sul Premio letterario Castelli, al quale il carcere di Santa Maria Maggiore aderisce. 

«La nostra peculiarità? Esserci sempre»

Sant’Ignazio, al Lido, San Marcuola, San Francesco della Vigna, Santi Apostoli e Santa Maria Formosa sono le sedi in cui le conferenze della San Vincenzo sono distribuite, organizzazione cattolica, di laici, la cui missione comprende ogni forma di aiuto. Materiale, morale e spirituale, prestato attraverso un rapporto personale, volto ad alleviare le sofferenze. «La nostra peculiarità – riferisce la presidente – è che noi siamo sempre disponibili telefonicamente, anche fuori orario. Ogni persona è parte della nostra vita e quindi il bello è esserci, in ogni momento. Certo, tutto questo implica delle difficoltà in termini di gestione. Ma finché possiamo, lo facciamo». La maggior parte delle conferenze che si occupano della distribuzione, sono associate al Banco alimentare europeo, dopodiché il passaparola e l’aiuto garantito dalle comunità parrocchiali, anche in termini economici, gioca un ruolo fondamentale. «Personalmente mi occupo anche di interfacciarmi con Ulss 3 o Comune per quelle situazioni sanitarie particolarmente complesse», che necessitano di essere risolte. «A Venezia, il Comune è riuscito a mettere in rete buona parte delle strutture di volontariato locali. Una mossa importante. Progetti per il 2025? Andiamo avanti anche alla luce delle necessità. Poi chiaro, alla base rimangono sempre la distribuzione di alimenti e di abiti su richiesta. Cercheremo di consolidare l’interazione non solo con il carcere, ma pure con l’ospedale Civile, per il quale abbiamo già fornito delle tute. Quest’anno avremo un’altra borsa di studio finanziata per una giovane e, se arriveranno i fondi previsti, vorremmo mettere in campo un investimento dedicato a progetti legati ai campi estivi. Un’occasione per riunire bambini di qualsiasi etnia e religione: un’attività inclusiva». 

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