«La Repubblica Serenissima di Venezia seguiva un precetto base per ogni progetto che interveniva sull’ambiente: doveva essere graduale e reversibile, così è stato per 500 anni in laguna – spiegano da LIPU Venezia – adesso l’ennesimo rilancio della proposta di marginamento del Canale Malamocco-Marghera (più noto come “Canale dei Petroli”) rischia di causare danni enormi all’ambiente se realizzato. Si tratta di ricoprire di massi giganteschi 7,5 chilometri di via d’acqua risparmiando il costo dei dragaggi, rischiando di distruggere completamente l’habitat naturale. Un secondo pericolo è lo scavo del canale “Montiron” per collegare Burano alla terraferma, passando per l’alveo del fiume Dese, modificando l’ultima area integra del paesaggio lagunare».
«Il rischio principale – aggiungono – è distruggere completamente l’ecosistema lagunare, perché queste opere, soprattutto quella di marginamento, hanno un impatto irreversibile sull’ambiente, realizzando un canale artificiale vero e proprio che non sarebbe più interessato alle espansioni delle maree, aumentando il gradiente salino e l’esposizione alle correnti marine con ricadute devastanti su specie naturali e animali». Per questo un gruppo di associazioni formato da Italia Nostra, LIPU, WWF, Venezia Cambia, CAAL, Ecoistituto del Veneto “Alex Langer”, ISDE Medici per l’ambiente ha presentato alla Commissione per le Petizioni del Parlamento Europeo il documento “Tutela della Laguna di Venezia e dei siti ZPS IT3250046, ZSC IT 250030 e ZSC IT3250031”.
«Perché abbiamo portato la questione in Europa? – s’interrogano le associazioni – La competenza delle acque è statale, nello specifico del provveditorato alle opere pubbliche o ex magistrato all’acque, per questo abbiamo cercato un interlocutore sovrannazionale. La questione ricade sul tema del passaggio delle grandi navi per la laguna, le due opere lo consentirebbero, oltre ad aumentare gli accessi dalla terraferma, ma per garantire tutto questo è necessario rendere stabili le rive e mantenere una profondità costante dei canali come alternativa al passaggio affianco all’isola della Giudecca».
«Questo progetto naviga da molto tempo e ogni tanto viene ripescato come soluzione alla manutenzione che richiede il Canale dei Petroli perché tende a interrarsi e necessita di un costante dragaggio – spiegano – l’applicazione di più di sette chilometri di massi renderebbe questa operazione non necessaria, ma sarebbe irreversibile. Per questo chiediamo all’Europa che venga esaminato con una valutazione di incidenza ambientale (VIncA), visto che è in contrasto con il Piano d’area per la Laguna di Venezia (PALAV) mentre il progetto del canale veloce “Montiron”, impatterebbe sull’unica area in cui sono ancora presenti barene primarie con l’habitat prioritario “Steppe salate mediterranee (Limonietalia)”, come da classificazione europea».
«Questi interventi sicuramente gioverebbero al turismo, su cui ci sono grandi interessi economici, ma a che prezzo? – s’interroga LIPU Venezia – La scelta è quella di preservare la laguna attuale oppure rischiare di trasformarla in braccio di mare. Oltre ad andare contro le direttive europee su uccelli e habitat, si prospetta una perdita totale di specie, quando il contesto lagunare è fra i più importanti per le soste dei volatili migratori, che già hanno cambiato rotte con la guerra in Ucraina. Ogni volta che viene meno la biodiversità ci sono dei rischi sulle catene animali. Un esempio? I pesci».
«La laguna infatti – continuano – è una specie di grande “punto nascite” per le specie marine, grazie ad acque poco salate e assenza di correnti, oltre alla presenza di plancton. Se si impatta su tutto questo, perderemo non solo flora, ma non avremo più pesce da mettere in tavola visto che l’Adriatico è molto pescoso anche perché molte specie nascono direttamente nella nostra laguna, senza contare la presenza di valli da pesca. Salinità maggiori e correnti più forti stroncherebbero i processi riproduttivi distruggendo un’intera economia. Dovremmo imparare la lezione dal granchio blu sulla pericolosità di rompere gli equilibri di un habitat. Grazie al sapere degli antichi la laguna di Venezia non si è interrata o trasformata in braccio di mare, una volta distrutta i turisti cosa verranno a vedere?»
La petizione è stata accettata in Europa il 9 aprile scorso, con l’apertura di un’istruttoria, costringendo gli attori pubblici a dover rispondere sul tema. «Crediamo sia giusto seguire dei principi di precauzione vista la posta in gioco – chiariscono da Italia Nostra – Lorenzo Bonometto, esperto e docente universitario di pianificazione naturalistica, con varie ricerche sul tema ha indicato in vari studi come la laguna sia un bene da preservare raro in Europa che resiste da più di 6000 anni. L’alternativa al canale “Montiron” esiste ed è collegare Burano al terminal di terraferma per il canale di Tessera».
«Si tratta sempre di scavare una via marina, ma in una zona già antropizzata – concludono – senza necessità di un nuovo parcheggio e già indicata fra le alternative dal Comune di Venezia. La questione di approdo per la croceristica è un po’ più complessa perché i sette terminal provvisori in laguna (realizzati col D.L. 45/2021 – Decreto Trasporti – Venezia) sono rimasti stabili, ma marginare il Canale dei Petroli significherebbe non solo distruggere animali e ambienti, ma anche mettere a rischio Venezia stessa, che soggetta a maggiore salinità e correnti intense interne alla laguna, potrebbe subire scenari imprevedibili con l’erosione delle fondamenta fatte di fango e argilla che trattengono i pali che sorreggono la città. Anche se oggi sembra che non ci riguardi, gli antichi temevano e rispettavano la natura, forse non era per caso…».
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