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PFAS: ovunque ed eterni, come gestirli secondo ISDE Venezia

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Un convengo organizzato dall’associazione dei medici per l’ambiente sui rischi delle sostanze perfluoro alchiliche

«Il problema maggiore dei PFAS? – si interroga Paolo Regini, medico e Presidente di ISDE Venezia – che sono ovunque e purtroppo quasieterni”, data la loro capacità di sciogliersi in acqua e di rimettersi in circolo all’interno dei cicli naturali». Per fare chiarezza sull’argomento, il 1 giugno a Mestre si è svolto un convengo presso la sede dell’Ordine dei Medici di Venezia, intitolato “Medici e scienziati a confronto su PFAS e salute umana”, occasione non solo per ribadire la pericolosità di questi composti chimici, ampiamente usati dall’industria per le caratteristiche idro e oliorepellenti, ma anche per riflettere su come affrontare la situazione di un inquinamento massiccio, come il caso del Veneto.

«Le caratteristiche di questi elementi – aggiunge il sanitario – sono molto utili per l’industria, perché finché sono applicati su materiale che non li rilascia hanno usi interessanti, come nel caso del celebre Gore-Tex, il problema nasce quando gli oggetti che li contengono si degradano o diventano rifiuti e vengono così rilasciati nell’ambiente, come nel caso degli scarti di lavorazione. Infatti, le stesse proprietà di resistenza agli elementi si mantengono quando vengono dispersi, restando presenti senza degradarsi per moltissimi anni tanto nei terreni che nei corpi che li ingeriscono attraverso acqua o cibo contaminato, per questo sono noti anche come sostanze chimiche eterne”».

Il convegno: un’occasione per riflettere sulle implicazioni dei PFAS in Veneto

La giornata è stata organizzata da ISDE, la società internazionale dei medici per l’ambiente, presente in Italia dagli anni ’90, raggruppa anche infermieri e veterinari e nel distaccamento di Venezia conta 15 professionisti di varie specializzazioni. «Il nostro è un approccio sistemico alla salute, di tipo “one health” – spiega Regini – non si può stare bene in un mondo dove una specie prospera a discapito di tutto il resto, si tratta di un equilibrio che va salvaguardato, per questo ci impegniamo a fare informazione, soprattutto nelle scuole, sul tema dell’inquinamento e della salute per creare una cultura ambientale diffusa di rispetto e precauzione».

L’occasione da cui è nata l’idea del convegno è l’uscita del libroPFAS. Una contaminazione persistente, pervasiva e pericolosa”, edito da ISDE Italia, scritto da Vincenzo Cordiano, medico di Valdagno e Presidente di ISDE Veneto; con Vitalia Murgia, pediatra di Mogliano Veneto. Come ha ricordato Giovanni Leoni, Presidente OMCEO Venezia: «La presenza di PFAS nel nostro ambiente è una delle sfide sanitarie più urgenti che dobbiamo affrontare, è fondamentale promuovere politiche pubbliche che regolamentino rigidamente l’uso di queste sostanze in tutta Europa». Cordiano, presente all’incontro ha aggiunto: «Il Veneto ha pagato un prezzo alto a causa della contaminazione da PFAS, non possiamo permettere che questo accada altrove. È nostro dovere morale e professionale fare pressione affinché vengano adottate azioni stringenti in materia».

PFAS: quali ricadute sulla salute dei cittadini?

Il Veneto, con l’inquinamento causato dalla Miteni di Trissino, ha il triste primato di essere uno dei più gravi casi di contaminazione da PFAS nel mondo. «Anche se non ci sono Paesi che si salvano – spiega Regini – è un problema enorme che bisogna affrontare perché queste sostanze sono ovunque. E’ importante conoscerne la reale pericolosità per arrivare a delle soluzioni condivise. Questi composti sono idrosolubili, quindi se finiscono in acqua arrivano alle falde, da cui sono prelevati, vengono rimessi in circolo con l’irrigazione dei campi finendo negli alimenti. Ma non solo, sono presenti in un sacco di oggetti, dalle pentole anti-aderenti all’abbigliamento, passando per la schiuma degli estintori, fino alla cosmesi, ai pesticidi e, per assurdo, ad alcuni farmaci».

 «Questa loro resistenza – continua il medico – è ormai un reale problema per la salute collettiva. Un recente studio ha indagato l’andamento della mortalità nella zona rossa compresa fra Vicenza, Verona e Padova tra il 1980 e il 2018 e ci sono 4000 morti in più probabilmente riconducibili alla contaminazione da PFAS, che causano, oltre a problemi cardiovascolari, tumori a reni e testicoli, ma il timore vero è quello che creino problemi neurologici sui bambini. Di questo manca uno studio sugli esseri umani, ma le evidenze su animali non lasciano adito a dubbi circa la correlazione. Queste sostanze sono frutto di un grande progresso tecnologico ma a che prezzo per la nostra salute? Sorge il dubbio che forse la pericolosità non fosse sconosciuta a tutti, ma purtroppo dell’inquinamento ci si rende conto solo quando il danno è fatto, mentre prevenire sarebbe buona norma. Come ISDE sosteniamo sempre il principio di precauzione: se c’è il sospetto che qualcosa sia nocivo, è meglio evitarne l’utilizzo e non aspettare di vedere se si creano danni».

Come smaltire correttamente i PFAS? Meglio stoccarli che bruciarli

«Sono stati trovati PFAS ovunque nel mondo – aggiunge il sanitario – il loro smaltimento richiede anni e si depositano nell’organismo. Per questo è necessario un approccio integrato che metta insieme tanto la scienza che la politica e la società civile. Come ISDE ci battiamo non solo per far sapere la pericolosità ma anche per metterne al bando la produzione e l’uso. Dobbiamo già gestire quello prodotto e disperso nell’ambiente che allo stato attuale non si può smaltire, al massimo stoccare o usare come materiale di riempimento finché non si trova una batterio che riesca a “digerirli” e a processare i residui in modo sostenibile. C’è un tema sui filtri per purificare l’acqua che producono fanghi che in qualche modo bisogna poi gestire».

«Il problema infatti è che questi si degradano a 1400°C e gli inceneritori lavorano tendenzialmente a 900°C dati i costi proibitivi che avrebbe la temperatura ottimale, in questo modo non vengono completamente smaltiti e con le polveri ritornano in circolo – conclude Regini – le perplessità sollevate dai comitati come quelli contro il progetto di Eni Rewind a Porto Marghera sono quindi legittime, come ha detto anche l’Istituto Superiore di Sanità: una zona come quella di Venezia ha già livelli di inquinamento superiori alla media regionale e tassi di mortalità tumorale maggiori. Come medici ISDE ci piacerebbe ci fosse un maggior dialogo oltre che con le istituzioni anche con le imprese, noi saremmo felici di poter essere ascoltati, le nostre preoccupazioni sono fondate su dati scientifici, ma fino adesso l’unico che ha preso una chiara posizione su questo progetto è il Patriarca di Venezia Francesco Moraglia».

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