Carlo e Giovanni Moretti erano due imprenditori che a Murano e nella storia del vetro e del design hanno saputo lasciare il segno. “Storie di fabbriche. Storie di famiglie. Donazione Carlo e Giovanni Moretti 1958-2013” è la mostra allestita nello Spazio Ex Conterie al Museo del Vetro a Murano, a cura di Chiara Squarcina, Mauro Stocco e Marta Moretti, che presenta le opere realizzate dai due fratelli, celebrandone l’esperienza e la storia della loro creatività. L’esposizione, visitabile fino al 30 giugno, fa conoscere al pubblico per la prima volta la maggior parte dell’importante e cospicua donazione di oltre 400 opere della ditta Carlo Moretti, pervenuta al Museo del Vetro nel 2020, che permette di ripercorrere in modo puntuale ed esaustivo le vicende storiche dell’azienda creata da Carlo e Giovanni Moretti nel 1958 e l’evolversi fino al 2013 della fortunata produzione, quando l’azienda è passata di mano.
Molto diversi tra loro, Carlo e Giovanni hanno lavorato vis-à-vis, integrandosi per oltre cinquant’anni, condividendo la stessa stanza ma anche gli stessi obiettivi. Erano due personalità diverse ma complementari, che avevano come obiettivo comune quello di lasciare il segno. Carlo si contraddistingue per il suo gusto colto e raffinato, quasi scabro, che agendo per sottrazione puntava fin da subito nelle creazioni ad un’essenzialità formale e linguistica, che corrispondeva anche ad una asciuttezza e sinteticità di carattere e di modi diventata ben presto la sua cifra stilistica conosciuta in tutto il mondo. Giovanni, invece, attento agli orientamenti del mercato ed intuitivo anticipatore di gusti e bisogni, è capace di creare la narrazione che meglio si potesse accompagnare ai loro prodotti, usando parole di seduzione e contagiando interlocutori e clienti nel suo entusiasmo. Raccontava delle storie, in parte vere, in parte di fantasia, contribuendo a creare un’aspettativa, un’aura intorno alle sperimentazioni che prendevano forma ogni giorno in fornace. Contribuendo ognuno con le proprie modalità e attitudini, Carlo e Giovanni hanno definito uno stile che, facendo tesoro della sedimentazione di storia e di tecnica maturate in laguna, al tempo stesso prese respiro da quelle grandi correnti di pensiero e di gusto che sfuggono ad una connotazione di spazio e di tempo.
Gli inizi delle loro creazioni sono all’insegna dei vetri trasparenti e di bicchieri colorati, caratterizzati dalla ricerca costante di linee pulite ed essenziali, unita a innovazione tecnica e messa a punto degli strumenti di lavorazione. Da subito nelle realizzazioni apparve chiara la volontà di lasciare il segno andando oltre i dettami da sempre seguiti nell’isola e creando nuove idee di respiro internazionale che fossero capaci di dialogare con la contemporaneità. All’inizio degli anni ‘60 la Carlo Moretti mette in produzione le prime serie di articoli in vetro bicolore con il bianco lattimo all’interno e il colore esterno e, successivamente, la fortunata serie dei Satinati destinata ai grandi magazzini Bloomingdale’s di New York. Si avvia così il processo di affermazione dell’azienda sui mercati esteri. Cifra stilistica della Carlo Moretti è l’adozione di forme semplici e basilari e di linee essenziali per calici e coppe, composte per lo più da geometrie basate su cilindri e sfere. Gli anni ‘70 rappresentano per l’azienda il periodo di maggiore innovazione, che si manifesta anche nella ricerca tecnica. In questi anni viene attuata la ripresa del tradizionale cristallo muranese, che per la Carlo Moretti diventa un vero marchio di fabbrica. Nascono allora straordinari progetti come il bicchiere Ottagonale del 1974, serie che dal 1980 entra a far parte della collezione permanente del MoMA di New York, e l’Ovale del 1976. Un momento di svolta nel repertorio formale si verifica nel corso degli anni ‘80 con i vetri che meglio identificano la produzione dell’azienda e la sua cifra stilistica: oggetti raffinati e sobri in cristallo spesso finiti a sola molatura, quali le serie Millemolature e Bande molate del 1984. È presente in mostra anche la celebre serie di Calici da collezione, lanciata in occasione del Natale 1990, frutto di un’intuizione di Giovanni Moretti. Ogni anno rinnovati nei colori, nelle forme e nelle decorazioni, i Calici ottennero subito un grandissimo successo commerciale. Dal punto di vista delle creazioni più propriamente artistiche risale agli anni ‘90 il progetto Monolite, sculture in vetro pesante ispirate al paesaggio urbano notturno di Manhattan e la serie “Tramonto in laguna” ispirata a Venezia e alle mille rifrazioni dell’acqua, che testimonia come il colore in quegli anni torni ad essere protagonista nella produzione aziendale. Gran parte della produzione degli anni 2000 è caratterizzata dai vetri in pasta, in cui ogni oggetto è firmato a mano a punta di diamante, in modo da renderlo inconfondibile e unico.
Le creazione della Carlo moretti danno piacere e bellezza al quotidiano. Con l’esigenza di raccontare il vetro in modo nuovo Carlo e Giovanni si sono sbizzarriti, riuscendo a dare ad oggetti di tutti giorni in un’occasione di gioco, di divertimento, di leggerezza. Conquistano le principali copertine di design che vedono nei loro vetri novità nel colore e nelle forme. «Con gli oggetti in vetro enfatizzano gli interni – sottolinea l’esponente della famiglia Marta Moretti – Con il loro gusto estetico superando la tradizione hanno de-industrializzato il vetro. In particolare, grazie alle dimensioni e ai colori diversi, fecero diventare i bicchieri dei simpatici segnaposti. La loro idea era di trasformare la tavola in una superficie colorata e variopinta rendendo d’interesse gli oggetti d’uso quotidiano». In mostra si passa infatti dai servizi trasparenti, sottili e geometrici con forme squadrate, fino ai calici da collezione che danno sfoggio di creatività e sofisticatezza. «Siamo felici di esporre ora questa donazione formalizzata ancora nel 2015, che vanta oltre 400 pezzi» ha sottomento la direttrice Scientifica della Fondazione Musei Civici Chiara Squarcina, ponendo in particolare l’accento sui vetri soffiati all’interno di forme di legno, con una tecnica non a mano libera ma semi industriale che permetteva di garantire regolarità agli oggetti.
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