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Quando l’arte nasce dalle arti applicate: l’escamotage del vetro boemo

La nuova mostra a Le Stanze del Vetro celebra attraverso sei grandi maestri l’emancipazione, avvenuta dopo la Seconda Guerra Mondiale, del vetro in Boemia

Nasce dalla necessità l’arte degli artisti del vetro boemo. È quanto emerge dalla mostra “Vetro boemo: i grandi maestri”, la nuova esposizione de Le Stanze del Vetro sull’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia, a cura di Caterina Tognon e Sylva Petrová, in collaborazione con il Museo di Arti Decorative di Praga. La mostra intende raccontare l’emancipazione, avvenuta dopo la Seconda Guerra Mondiale, del vetro in Boemia dalla tradizionale categorizzazione di arte applicata e decorativa a un utilizzo per la realizzazione di importanti sculture astratte, attraverso le opere di sei grandi maestri della scultura contemporanea in vetro. In Boemia, regione dell’odierna Repubblica Ceca, a partire dal XII secolo i maestri vetrai furono costantemente spinti all’innovazione poiché incalzati dall’agguerrita concorrenza soprattutto italiana, la cui eccellente produzione dominava i mercati mondiali nel settore del vetro decorativo. Questa storica competizione ebbe però fine nel 1948, quando nella Cecoslovacchia di allora trionfò il regime comunista, che fino al 1989 chiuse totalmente i confini nazionali.

Fabbriche d’arte

Le scuole d’arte vennero chiuse e l’unico escamotage per continuare creare arte era quello di andare nelle scuole di arti applicate. Le ditte statali che producevano vetro per bicchieri e finestre erano infatti rimaste attive, ed il vetro era un ottimo materiale per sperimentare. Le innumerevoli restrizioni e libertà negate a questi artisti non furono quindi in grado di arrestarne la creatività, tanto che questi portarono l’arte nelle vetrerie industriali. Questi grandi maestri sono stati i pionieri della giovane disciplina del “vetro d’artista”, infatti le loro creazioni nascono come esemplari unici e non come oggetti d’uso. Ne uscivano creazioni che il governo esponeva con orgoglio alle mostre internazionali, facendo sembrare che la Cecoslovacchia fosse un paese libero dove arte e cultura fiorivano. <Un’arte che aveva corrispondenze tra fotografia, pubblicità, grafica, scultura, pittura, vetro, tessile, metalli – spiega la curatrice Caterina Tognon – Nella seconda metà del ‘900 il vetro era la loro forma d’arte più importante, addirittura più della pittura e della scultura. Questo nasce dal fatto che la Repubblica Ceca già da fine ‘800 teorizza uguaglianza tra arti applicate e arti visive, diversamente dall’Italia che le divide. Negli anni di chiusura poi gli artisti hanno avuto molti meno stimoli esterni e hanno continuato a ragionare sulle avanguardie storiche. Ragionavano infatti in modo diverso: se nel ‘900 Murano dipinge con il vetro, in Boemia il vetro è trasparente>.Gli artisti in mostra provengono da quest’esperienza e tutti sanno trasferire il pensiero in disegno.

L’universo femminile

Il percorso espositivo inizia con i lavori in vetro soffiato di Miluše Roubíčková (Praga 1922 – Kamenický Šenov 2015). Sua è la rappresentazione dell’universo femminile attraverso oggetti della casa come vasi di pasticcini, fiori arrotolati dalle foglie un po’ informali e bouquet che si ispirano ai fazzoletti muranesi, insieme a ritratti di teste di donne. Astratti sono invece i vetri di René Roubíček (Praga 1922 – 2018), artista e disegnatore compulsivo, legato in vita a Roubíčková ma con un percorso artistico autonomo, che crea installazioni, portando avanti il tema delle colonne. Si prosegue poi con i lavori di Václav Cigler (Vsetín 1929), artista concettuale e minimalista che alla fine degli anni ‘60 realizza installazioni e architetture visionarie e sofisticate in cristallo ottico. Di grande impatto per purezza e minimalismo un uovo molato, tagliato e poi rincollato seguendo il processo della galvanizzazione così da far rimbalzare la luce.

Il vetro come tela

Seguono le opere di Vladimír Kopecký (Svojanov 1931), artista fortemente performativo che usa lastre di vetro industriale come “tela” per una pittura cromatica informale. La coppia forse più interessante in mostra è quella composta da Stanislav Libenský (Sezemice 1921 – Železný Brod 2002) e Jaroslava Brychtová(Železný Brod 1924 – Jablonec nad Nisou 2020) che a partire dagli anni ’40 per oltre sessant’anni si dedicano alle sperimentazioni sul vetro, indagandone le possibilità tecniche, arrivando a creare opere a colori di dimensioni maestose, sperimentando diversi spessori, fino quasi a negare la trasparenza del vetro che trattano con il monocolore come legno o metallo, cercando di riprodurre la figura umana. La mostra si completa con diciannove fotografie di Josef Sudek (Kolín 1896 – Praga 1976) della serie Glass Labyrinths, scattate in occasione della mostra Vetro Boemo Contemporaneo organizzata a Praga nel 1970. Sudek, nominato “il poeta di Praga” reinterpreta l’intrinseca relazione tra il vetro e la luce.

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