
«Quanto costa?», la domanda del Papa. «Un euro», la risposta spontanea del piccolo Gianluca Comin. Pochi istanti per un simpatico siparietto avvenuto all’esterno della Casa di reclusione femminile della Giudecca, il 28 aprile dell’anno scorso, in occasione della visita di Francesco a Venezia e al Padiglione della Biennale della Santa Sede, allestito proprio all’interno dell’istituto di pena dell’isola. Una mattinata che ha portato con sé tante emozioni, in chi ha potuto incontrare il pontefice nel corso delle ore da lui trascorse in Laguna, che in questi giorni segnati dalla sua scomparsa, riaffiorano con commozione. E se il Papa ha donato la propria presenza alla città, a sua volta è stato omaggiato con un affetto incontenibile, accompagnato anche da qualche dono e ricordo da portare con sé nel suo ritorno a Roma. A cominciare da quello del piccolo Gianluca, che a Papa Bergoglio ha proposto di “acquistare” il suo libro dei sogni, dal bambino definito «bellissimo», per stimolarne l’interesse e la curiosità. Il Santo Padre non ci ha pensato due volte: ha accarezzato Gianluca, chiedendo al suo seguito di passargli dei soldi. Ha dunque consegnato 5 euro al bambino, senza chiedere in cambio alcun resto, ringraziando lui e i suoi amici attraverso la consegna di alcuni rosari benedetti. Uno degli episodi più curiosi della giornata, questo, che il piccolo Gianluca conserverà nel cuore per la vita.
Poi la consegna di una forcola, tra i simboli più amati che identificano la città d’acqua, regalata dai giovani della Diocesi in occasione del momento che il Papa ha dedicato loro in campo della Salute, prima di presiedere la Messa in piazza San Marco. Realizzata dal maestro d’ascia, veneziano d’adozione, Matteo Tamassia, è caratterizzata da un legno stagionato. Un regalo in cui è racchiusa tutta la storia della voga in laguna. Perché la forcola, come sottolineato dallo stesso Tamassia, «è essenziale per dare una direzione alla barca, esattamente come il Papa aiuta la Chiesa a trovare la propria». Una passione, quella per il legno, iniziata da bambino quasi per gioco, nella casa paterna fra le colline della Toscana. Nato a Firenze, dove ha conseguito il diploma magistrale, alla fine degli anni Ottanta, quando era poco più che maggiorenne, Tamassia ha deciso di trasferirsi a Venezia, dove ha incontrato la moglie, con la quale ha avuto cinque figli. «Inizialmente ho lavorato per Franco Crea e il suo cantiere – racconta l’uomo a GV –. Mi occupavo delle sculture decorative delle imbarcazioni. Poi mi è stato chiesto di provare ad occuparmi direttamente della costruzione delle barche». In seguito ha lavorato in un antico squero. «Ho condotto l’attività per alcuni anni con Tramontin e ora sono in proprio». Il suo laboratorio si trova alla Giudecca. È stato Giuseppe Carli, il grande maestro remer, ad aver avuto l’idea, negli anni Cinquanta, di creare alla forcola un appoggio ad hoc, in questo modo trasformandola in una vera e propria scultura che è stata esposta al MoMa di New York.
Doni ne sono arrivati anche dalle ristrette della Casa di reclusione della Giudecca, prima tappa del programma del pontefice. Incontenibile, quella mattina, la commozione, come pure l’emozione stampata sui volti delle donne che hanno affidato a Francesco le proprie fatiche quotidiane, vissute tra le mura del carcere. Un momento contraddistinto da un’aura di rispetto (non di timore), fatto di sorrisi, lacrime, speranze, abbracci e strette di mano che il Papa non ha negato ha nessuno, a conferma della sua profonda umanità. Tra i doni, uno zuccotto – simbolo di umiltà e servizio – che ha preso forma nel laboratorio sartoriale coordinato dalla cooperativa “Il cerchio”, realizzato a mano utilizzando dei tessuti fatti appositamente arrivare dalla capitale, affinché Papa Francesco si sentisse un po’ più “a casa”. Zuccotto che il Santo Padre ha voluto provare subito, posizionandolo sul capo, sopra a quello che già indossava. La consegna dei regali è stata scandita anche da alcuni brevi messaggi condivisi dalle ristrette. L’organizzazione di volontariato “Il granello di senape”, attraverso il laboratorio “Mani abili” ha guidato invece le donne alla realizzazione di piccole rose all’uncinetto, bianche e gialle, proprio come i colori del Vaticano. Un’altra rossa, al centro, è stata creata invece come simbolo contro la violenza di genere. E ancora, a Bergoglio sono stati consegnati, grazie al lavoro svolto dalle ristrette con la cooperativa “Rio Terà dei Pensieri”, una serie di prodotti preparati nel laboratorio di cosmesi, oltre che dei rami di ulivo dell’orto coltivato proprio tra le mura del carcere. «Ho desiderato incontrarvi all’inizio della mia visita – le parole che Papa Francesco aveva rivolto alle ristrette ad aprile dell’anno scorso – per dirvi che avete un posto speciale nel mio cuore».
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