«I principali problemi che gli utenti veneti affermano come emerge dal nostro studio – spiega Stefano Dal Pra, ricercatore della Fondazione Corazzin – sono la percezione di tempistiche troppo lunghe, che generano insofferenza nell’attesa fra un’impegnativa e il relativo esame e la convinzione che questa inefficienza favorisca il privato. E’ importante sottolineare però che le critiche non sono dirette al capitale umano della sanità veneta, ma agli aspetti organizzativi e di risorse. I veneti sembrano soffrire del fatto che la Regione non offra più l’eccellenza in campo sanitario che l’ha resa famosa in tutta Italia».
La percezione netta di peggioramento, iniziata ben prima della pressione a cui i presidi sono stati sottoposti dalla Pandemia da Covid-19, viene fotografata nelle opinioni espresse dai lavoratori e pensionati a cui Cisl Veneto ha voluto somministrare un’indagine condotta dalla Fondazione Corazzin. La ricerca ha coinvolto 3.527 persone che si sono rivolte al sistema di servizi di Cisl, con un questionario somministrato tra giugno e agosto 2023. La popolazione dell’indagine è composta per il 54% da donne, il 54,2% ha un’età compresa tra i 45 e i 64 anni, il 29,2% ha più di 65 anni e il 16,6% meno di 45 anni. Si tratta per il 55,4% di lavoratori e lavoratrici, per il 39,2% di pensionati e pensionate, per il 5% disoccupati e per lo 0,4% di studenti.
«A fronte di un 9,8% che esprime soddisfazione, il dato che preoccupa è che il 31,4% degli intervistati dà una valutazione negativa rispetto al funzionamento della sanità veneta nel suo complesso – continua Del Pra – c’è però una fascia significativa, ben il 58,8%, che ha un giudizio “intermedio”, composto da utenti abbastanza o non completamente soddisfatti. Ma quasi 7 rispondenti su 10 ritengono peggiorato il servizio sanitario pubblico regionale negli ultimi due anni, non solo a livello di tempi di attesa ma anche di qualità delle prestazioni. Alla mancanza di ascolto viene affiancata la percezione che si stia favorendo il privato a scapito del pubblico, lo pensano ben il 72,79% degli intervistati».
«Gli utenti però riconoscono ancora qualità nel sistema laddove lo trovano funzionante, come nel caso di interventi chirurgici e vaccinazione oltre alle figure dei medici di base, che sono ancora visti come un punto fermo, anche se in molti esprimono delusione e frustrazione per costi insostenibili e carenza di presidi sul territorio – aggiunge il ricercatore – uno degli elementi maggiormente criticati è formato dai pronto soccorso dove la maggioranza manifesta un giudizio negativo (67,2%). Se al privato il 72,1% vi si è rivolto per ridurre i tempi di attesa, va sottolineato come l’87,1% abbia speso cifre superiori ai 100€. Contrari all’aumento dei ticket i cittadini propongono di aumentare il personale e che i dipendenti pubblici non facciano anche prestazioni a pagamento oltre al proprio impiego».
«Ci ha sorpreso il tasso di risposta degli utenti a margine del questionario, più di un utente su tre ha lasciato un’opinione personale – racconta Anna Orsini Presidentessa della Fondazione Corazzini – sono emerse critiche, soprattutto al sistema di prenotazione e funzionamento dei Cup, al trattamento complessivo inferiore per le prestazioni non a pagamento e scarsa assistenza domiciliare e presidi sul territorio, soprattutto per i servizi che riguardano i minori. La paura maggiore che emerge è che la sanità passi da universale a ristretta ai pochi che potranno permettersela».
«Queste informazioni sono particolarmente interessanti perché vanno oltre ai numeri espressi dai grafici – continua Orsini – fotografando una percezione di grande frustrazione nelle persone, che sono preoccupate per il deterioramento della sanità pubblica e chiedono risposte per un cambiamento. Chi si rivolge al privato dichiara di farlo per necessità, dimostrando di fidarsi del pubblico ma non delle sue tempistiche. C’è il timore di una precisa strategia per smantellare il sistema di assistenza universale. E’ una risposta di tipo emotivo, le persone comprendono le difficoltà e difendono il pubblico ma richiedono un cambiamento, garantendo più risorse, a costo di richiedere una maggiore tassazione, tanto che oltre il 41% di loro considera utile un aumento della pressione Irpef sui redditi medio-alti».
«Come Cisl emergono delle evidenze che confermano un quadro che avevamo già chiaro – precisa il Segretario Generale Gianfranco Refosco – c’è un peggioramento in corso e corriamo il rischio del diffondersi di una sfiducia generalizzata se quasi 6 rispondenti su 10 non si sentono di esprimere un giudizio positivo, ma va detto neppure negativo, va riconquistata la loro fiducia. Abbiamo deciso di commissionare questa ricerca per dare una lettura del vissuto delle persone. La fotografia che emerge è quella di un indebolimento del sistema pubblico rispetto al privato, per una scelta intenzionale».
«Appare chiara la necessità di un intervento della Regione per dare un chiaro segnale di discontinuità, non solo per intervenire dal punto di vista pratico, ma anche per arginare questo malessere diffuso che rischia di compromettere la fiducia nel sistema – continua Refosco – dopo l’avvio della mobilitazione di Cgil, Cisl e Uil Veneto, con la Regione si è dato inizio a un tavolo di confronto, visti i risultati della ricerca, serve rilanciarlo ma soprattutto bisogna mettere in campo un intervento che segni un cambio netto di direzione che parta dal rafforzamento dei presidi territoriali per l’assistenza, degli ospedali di comunità e dei punti di primo accesso, come i pronto soccorso».
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