
Le porte della ex Chiesa di San Lorenzo si aprono ancora una volta all’oceano. In occasione dei dieci anni di “The Current”, il programma curatoriale di TBA21–Academy, la sede veneziana di Ocean Space presenta la mostra “Otras montañas, las que andan sueltas bajo el agua”. L’esposizione, curata da Yina Jiménez Suriel, è il culmine di un percorso di ricerca scientifica tramutato in installazioni video e sonore site-specific, sculture e dipinti di grandi dimensioni. Il progetto artistico esplora l’improvvisazione come strategia e strumento estetico utile a sfidare le prospettive terrestri ed estrattiviste per reimmaginare sistemi alternativi di supporto alla vita. In parallelo, la research room ospita “Echoes of the Sanctuary”, un progetto curato da Louise Carver, approfondisce il lungo impegno di TBA21–Academy con la Alligator Head Foundation in Giamaica per la conservazione marina. «La prospettiva oceanica offre una cornice alternativa per la formazione della vita attraverso il moto perpetuo», osserva la curatrice, «c’è un urgente bisogno di spingersi oltre confini della terraferma e superare la prospettiva che storicamente ha plasmato e limitato i nostri sensi e i modi di produzione della conoscenza».
“The Current” è un programma di borse di studio curatoriali promosso da TBA21–Academy, nato con l’obiettivo di esplorare il rapporto tra l’Oceano e la società attraverso una prospettiva interdisciplinare. Dal 2015, l’iniziativa riunisce artisti, scienziati, ambientalisti e altri esperti in un percorso di ricerca collettiva della durata di tre anni. Ogni ciclo del programma è guidato da uno o più borsisti curatoriali selezionati dall’Academy, che a loro volta coinvolgono figure di spicco nei rispettivi campi per sviluppare un dialogo tra arte, scienza, conservazione e politica. Attraverso spedizioni, workshop ed incontri con comunità locali, “The Current” si propone di mappare le sfide ambientali contemporanee e promuovere nuove prospettive sulla tutela dei mondi acquatici. L’edizione attuale, The Current IV: Caraibi – Otras montañas, las que andan sueltas bajo el agua , affidata a Yina Jiménez Suriel fino al 2025, esplora le strategie e gli strumenti estetici generati dall’esperienza nei Caraibi dei maroon, schiavi in fuga verso le montagne che rivendicavano il diritto a una vita libera. Le zone montuose hanno rappresentato un rifugio naturale e un baluardo di resistenza. Il progetto si concentra sull’identificazione, lo studio e la diffusione di queste conoscenze con l’intento di contribuire ai processi emancipatori della regione, riconnettendo le comunità locali all’Oceano. Un percorso che parte dalle alte montagne sopra il livello del mare per immergersi nelle profondità delle acque caraibiche.
Camminando tra le navate della chiesa sconsacrata, ci si imbatte nei resti di un relitto. “A shipwreck is not a wreck” della fotografa di Trinidad e Tobago Nadia Huggins accoglie lo spettatore in un abisso rallentato. Tra gli schermi si alternano corpi, rocce e coralli sommersi. «Addentrarsi nell’opera significa tuffarsi in un viaggio interiore per riscoprire la propria identità», spiega l’artista, «all’interno di questa struttura frammentata ognuno è libero di immaginare la propria dimensione ascoltando la chiamata ancestrale dell’oceano. Ho smesso di considerare solo la superficie per immergermi sul fondale, una nuova via da percorrere». Sopra il livello del mare, il corpo umano è quasi sempre verticale, ma sott’acqua il galleggiamento ne modifica l’orientamento, creando la possibilità di nuovi modi di essere. «Se camminiamo sul fondo del mare dei Caraibi, ci renderemo conto che non abitiamo isole o terre continentali, ma una successione di montagne tra le acque», aggiunge la curatrice, «la frammentazione è uno stato mentale imposto dall’impresa coloniale e dai conseguenti stati nazionali in questa parte del pianeta».
“A call to the Ocean” è una geografia del possibile. L’artista haitiana Tessa Mars dà forma ad un paesaggio pittorico vibrante e stratificato, in cui personaggi «risvegliati» e dormienti fluttuano in ascolto del richiamo del mare. L’opera si muove sul filo dell’improvvisazione, o meglio, del freestyle inteso come gesto di disobbedienza creativa. È in questa danza istintiva con la materia e la memoria si aprono allo slancio verso l’altrove. Mars intreccia la libertà gestuale della pittura alla necessità politica e ontologica di fuggire, sovvertire, trasformare. Le montagne, non sono semplici rilievi del paesaggio, ma entità autonome, dotate di un proprio ritmo evolutivo. I personaggi all’interno dell’opera si dissolvono e mutano come se sognassero sé stessi in altre forme. Ogni figura sembra attraversare una tappa diversa di un viaggio introspettivo. La loro corporeità è liquida, porosa, in costante dialogo con un mondo che cambia. «Le montagne emerse non sono separate da quelle sommerse: le une ci guidano verso le altre», spiega l’artista, «le prime custodiscono la memoria di mondi già vissuti che rende possibile l’atto di immaginare altri futuri, mentre le seconde si fanno incubatrici di futuri orizzonti».
La mostra è aperta al pubblico da mercoledì a domenica, dalle 11 alle 18. L’ingresso è libero.
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