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Sanità e cambiamento climatico: un problema e un’opportunità

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di Francesco Bortoluzzi, gastroenterologo Ulss 3 Serenissima

Che il clima stia cambiando ormai è evidente: l’aumento di anidride carbonica e altri gas serra nell’atmosfera, legato alle molteplici (troppe?) attività umane, ha già portato a un aumento di oltre un grado della temperatura dell’acqua e dell’aria rispetto all’epoca preindustrale.

Un grado in più può sembrare poco, ma così non è, come testimoniato dai sempre più frequenti eventi estremi – alluvioni, incendi (quello di inizio anno e devastante in California, ad esempio), uragani e via discorrendo… – con ripercussioni su alcuni aspetti fondamentali per la vita sia diretti, come la disponibilità di cibo e acqua, sia indiretti: sicurezza delle infrastrutture, riduzione della biodiversità, esposizione a tossine quali i pesticidi per supportare l’agricoltura in difficoltà, aumento dei rischio di trasmissione dei patogeni, ecc. ecc.

Immagine di freepik
Aumentano le temperature con ricadute su cibo e acqua

Di recente anche Copernicus, il Servizio per il Cambiamento Climatico dell’Unione Europea, ha confermato che il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato a livello globale e il primo anno solare in cui la temperatura media globale ha superato di 1,5 gradi centigradi il livello preindustriale (leggi qui).

Tanto per essere chiari, la siccità che interessa quasi la metà del mondo porta a utilizzare acqua di scarsa qualità, con rischio di infezioni ed epidemie; la necessità di ricorrere a cibo industriale è responsabile del 25% del cosiddetto effetto serra!

 

Immagine di freepik
Bisogna cambiare per ridurre le emissioni, anche a livello sanitario

Il cambiamento climatico, dunque, rappresenta oggi una delle più grandi minacce all’umanità; pertanto la lotta a tale cambiamento deve essere un obiettivo primario della politica e anche dell’organizzazione sanitaria. La sanità deve confrontarsi sempre di più con un duplice aspetto correlato al cambiamento climatico.

Da una parte il personale sanitario deve essere preparato ad affrontare e gestire malattie ed effetti nocivi sulla salute, dall’altra è necessaria una riorganizzazione sostenibile per ridurre le emissioni nocive alla salute stessa: problema non da poco, considerando che il settore sanitario è responsabile del 10% delle emissioni globali di anidride carbonica… Basti pensare, oltre ai consumi energetici di ospedali, accertamenti diagnostici, sale operatorie ed endoscopiche, all’enorme problema di produzione, consumo e smaltimento dei rifiuti e dei farmaci.

La ricetta per ridurre il cambiamento climatico in sanità

Vanno quindi sviluppati strategie ed atteggiamenti virtuosi che portino le strutture sanitarie a ridurre l’utilizzo di risorse energetiche del nostro povero pianeta mantenendo però, anzi aumentando, la qualità delle cure garantite a tutti noi.

Una sfida non da poco, che passa per:

  • percorsi di appropriatezza diagnostica e terapeutica: l’esame o la cura giusti al paziente giusto nel momento giusto;
  • l’utilizzo di materie e tecnologie a minor impatto ambientale: meno plastiche, più materiale di consumo riciclato e riciclabile;
  • il corretto smaltimento dei rifiuti: differenziare è bello e pure giusto…

Occorre agire urgentemente e abbiamo poco tempo. Dovremo quindi adottare il sistema delle otto R: riduci-riusa-ricicla-rimuovi-ripara-revisiona-ricerca-reinventa, tenendo bene a mente che, purtroppo, non esiste un pianeta B di ricambio.

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