La sanità pubblica veneziana si trova ad affrontare problematiche specifiche e altre comuni a livello nazionale. Le peculiarità territoriali che rendono difficili gli spostamenti sia per i pazienti sia per i medici la accomunano a zone periferiche o di montagna, in cui i giovani medici, potendo scegliere, evitano di andare. Data la difficoltà di applicare un incentivo direttamente allo stipendio, l’ULSS locale si è mossa ampliando l’offerta di appartamenti e foresterie a prezzo calmierato, ma non per tutti i settori ciò si è rivelato sufficiente. Tra i settori più critici, al pari che nel resto d’Italia, la medicina di base del territorio e i settori di urgenza.
Per quanto riguarda l’ambito ospedaliero, grazie a vari bandi di copertura dell’Ulss3 Serenissima, si nota un recupero dell’organico: «La gobba pensionistica è stata superata – dichiara il dott. Giovanni Leoni, riconfermato Presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Venezia e Vicepresidente della Federazione nazionale degli Ordini sanitari – però bisognerebbe dare un maggiore impulso alla residenzialità perché a Venezia più del 70% dei medici viene dalla terraferma ed anche a livello provinciale più della metà viene da fuori del territorio di competenza dell’Ulss3». Anche le liste di attesa, dopo l’aumento anomalo post-pandemia, si stanno riducendo, seppur con maggiori difficoltà per oculistica, cardiologia, ortopedia e dermatologia, ma resta il nodo della carenza di medici di medicina generale.
«La medicina generale, nell’Ulss3 come in tutta Italia, è in sofferenza – dichiara il dott. Cristiano Samueli, medico di base a Murano ed eletto vicepresidente dell’Ordine dei Medici di Venezia per il 2025 – perché ha una scarsa attrattiva. Basti pensare che il 30% dei colleghi di medicina generale prosegue nelle specialità e che l’anno scorso su 2000 borse di studio in tutta Italia per medicina generale ne sono state assegnate soltanto 1000. Occorre trovare un metodo per rendere più appetibile la specialità in modo da avere un numero di medici che vada di pari passo con i bisogni di salute sempre più elevati di una popolazione sempre più anziana».
L’Italia, infatti, è il secondo Paese al mondo per numero di anziani dopo il Giappone, con un aumento negli ultimi 20 anni degli over 65 pari al 27%. La situazione in Veneto non è che lo specchio di quella nazionale: il rapporto tra numero di abitanti over 65 e under 14 nella regione è di 1.8, in tutto il territorio dell’Ulss3 da Chioggia a Quarto D’Altino è di 2:1 (come a livello nazionale) e nel centro storico di Venezia raggiunge addirittura un rapporto di 3:1. Perciò i 347 medici di medicina generale attuali dell’Ulss3, già insufficienti per una popolazione di 616.000 abitanti, dovrebbero essere in numero decisamente maggiore per poter andare incontro alle effettive esigenze sanitarie della popolazione.
La riorganizzazione della sanità pubblica nasce per cercare di dare una risposta migliore alla popolazione: il territorio sarà diviso in zone di al massimo 30.000 persone, controllate dalle Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT). Le AFT sono pensate per mettere in collegamento tra loro i medici di medicina generale: «In questo modo – spiega Samueli – se, per esempio, un paziente non trova in ambulatorio il proprio medico di base, l’AFT interverrà per permettergli di essere visitato da un altro medico». Due AFT faranno riferimento a una Casa di Comunità Hub, aperta 24h tutti i giorni della settimana: «Nel Decreto Ministeriale 77/2022 non è descritto l’effettivo funzionamento, per questo bisogna studiarne il progetto assieme all’Ulss3 – continua Samueli – però probabilmente saranno presenti medici di medicina generale (che dovranno svolgere delle ore in queste strutture oltre che nel proprio ambulatorio), pediatri, assistenti sociali, specialisti, infermieri e rappresentanti delle associazioni del territorio».
«Le Case di Comunità Hub si porranno tra il medico del territorio e l’ospedale – aggiunge il medico – occupandosi di pazienti con diagnosi difficile o con patologie complesse che necessitano di accertamenti, come nel caso di una bronchite cronica riacutizzata o di un diabetico non compensato. L’esame verrà compiuto in queste strutture, alleggerendo il pronto soccorso, e in base all’esito, il paziente potrà essere indirizzato a una visita specialistica». Entro metà 2025 nel territorio dell’Ulss3 Serenissima dovrebbero essere attivate due Case di Comunità Hub sperimentali, una a Noale e una al Lido di Venezia. Secondo il DM 77 per un’assistenza sanitaria più capillare dovrebbero essere previste anche delle Case di Comunità Spoke, più piccole e con orari ridotti rispetto alle Hub. «Per queste occorrerà più tempo e sarà importante la collaborazione con i Comuni per trovare accordi e strutture» spiega Samueli.
Le criticità più importanti della sanità veneziana si riscontrano nei Pronto Soccorso e nei settori con un alto tasso di attività di urgenza: «C’è una grave carenza di vocazioni per il Pronto Soccorso – afferma Leoni – il medico di Pronto Soccorso spesso è solo e deve saper gestire autonomamente situazioni impegnative. Per integrare i turni normali spesso è necessario assumere liberi professionisti e infatti da un’indagine del sindacato medico CIMO-FESMED risulta che più del 70% dei Pronto Soccorso in Veneto lavorano con medici da cooperative, cioè con liberi professionisti che, anziché ricevere 30/35€ l’ora attribuiti dal sistema sanitario nazionale, ricevono 95/100€ l’ora fuori da un contratto nazionale, ma in balia libero mercato. Il sindacato ha proposto una nuova area contrattuale dedicata a tale area vista la peculiarità della specialità».
«La carenza di vocazioni deve essere contrastata con proposte migliorative in termini di retribuzione e condizioni di lavoro – conclude il Presidente dell’Ordine veneziano – il tema deve essere ripreso anche alla luce della trasformazione globale al femminile della professione, la percentuale di lavoro svolto in urgenza o in elezione deve iniziare ad essere una variabile determinante sulla retribuzione, lo stipendio finale deve essere parametrato alla difficoltà oggettiva dell’urgenza e al rischio assoluto come responsabilità professionale ed incolumità personale visto il numero crescente di aggressioni: le varie voci e le classificazioni aziendali in realtà ne danno già la possibilità. Appare necessario partire dal Pronto Soccorso e 118 e continuare con i reparti che da sempre sono in urgenza come Medicina Interna e Geriatria che sono i terminali di ricoveri a ogni ora della notte e del giorno, più di quelli chirurgici, come da statistiche ospedaliere».
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