Venne totalmente rapito dalla magia dell’Oriente, tanto da rappresentarlo nelle sue opere in ogni sua forma. Sono passati cento anni dalla nascita del maestro veneziano Saverio Barbaro (Venezia 1924 – Montorio, Verona 2020) e, per l’occasione, la Fondazione Saverio Barbaro ha deciso di celebrare il maestro con quattro mostre monografiche. Il programma delle celebrazioni dal titolo “1924-2024 Cento anni di Saverio Barbaro”, a cura di Marco Dolfin, direttore artistico della Fondazione, prenderà il via da maggio fino alla fine dell’anno. L’obiettivo è valorizzare e far conoscere al grande pubblico il patrimonio dell’artista di cui la Fondazione possiede 2 mila opere, tra dipinti, disegni, sculture, incisioni e ceramiche, dagli anni giovanili fino alle ultime creazioni realizzate pochi giorni prima della morte nella sua casa di Montorio Veronese, oggi divenuta sede della Fondazione, nata nel 2011 per volontà della moglie dell’artista. Barbaro non è artista improvvisato: «Già dai quaderni delle scuole elementari che abbiamo in fondazione si vede l’attitudine artistica nel segno e nel disegno. Per lui era importante che l’artista fosse formato anche dal punto di vista storico e musicale. – racconta il Presidente della Fondazione Roberto Bertuzzi – A lui interessava solo dipingere, non era interessato alla parte commerciale e difficilmente riusciva a donare le sue opere tanto gli era affezionato. – e racconta – Il maestro dipingeva sempre alla luce del sole e durante la pandemia era preoccupato di non reperire oli e tele per affrontare il quotidiano lavoro di pittura».
Barbaro ha seguito gli studi classici per poi diplomarsi all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Dopo l’esordio nel ‘48 alla Fondazione Bevilacqua La Masa, due furono le partecipazioni negli anni ’50 alla Biennale d’Arte, dove nel 1950 con il quadro “Giardino Armeno” ottiene il premio “Fondazione Omero Soppelsa” e nel 1956 il premio della Presidenza della Biennale. Del 1952 è il trasferimento a Parigi dove seguì l’esempio di Matisse e Picasso. Al soggiorno parigino, durato fino al 1960, alterna ritorni a Venezia e viaggi in Svizzera, Germania, Belgio e Olanda dove approfondisce la pittura nordica e l’espressionismo. La cultura mediterranea e del Medio Oriente attrasse particolarmente l’artista che, dopo un periodo in Spagna (1958), si recò in Marocco, Tunisia, Turchia, Persia e Algeria (1964), iniziando a dipingere quasi esclusivamente aspetti della cultura arabo-islamica.
La prima mostra dedicata al maestro si terrà dal 4 maggio al 2 giugno al Centro Culturale Manin di Cavallino-Treporti, luogo a lui caro dove vi trascorse la giovinezza. Intitolata “Saverio Barbaro. Finestre sull’Oriente”, la mostra si snoderà attraverso 50 opere, tra cui molti inediti, per la maggior parte olii ma anche opere su carta. L’esposizione è dedicata al filone orientalista e al racconto dei luoghi che per Barbaro costituirono un originale campionario di ispirazioni e che tradusse nelle sue tele di anche oltre due metri: dagli assolati paesaggi desertici ai vividi colori azzurri e violacei delle tende marocchine, dalle slanciate palme nelle oasi ai dromedari tra le sabbie. Immagini di finestre, archi e porte che si aprono ai paesaggi desertici del Medio Oriente che portarono il maestro ad essere considerato dalla critica l’ultimo degli orientalisti. La seconda mostra “Saverio Barbaro, Le ceramiche” si terrà invece a Venezia nello Spazio Micromega Arte e Cultura in Campo San Maurizio, dal 9 al 25 maggio. Qui verrà proposta al pubblico una selezione di ceramiche d’arte realizzate dal maestro e mai esposte: brocche, vasi, piatti, alzate in ceramica dalle forme semplici e contraddistinte da un segno grafico lineare, sintetico e a tratti picassiano, in cui si ritrovano i temi orientalisti della sua pittura come palme, volti arabeggianti e colombe. Inoltre, sarà presentata per l’occasione anche una serie di lavori dai motivi decorativi di carattere erotico.
La terza mostra dal titolo “Saverio Barbaro, gli esordi di un maestro”, si terrà invece dal 5 ottobre al 3 novembre a Villa Brandolini a Pieve di Soligo. Qui sarà mostrata la produzione pittorica giovanile di Barbaro, dalla fine degli anni ‘40 agli anni ’60, poco nota al pubblico. Ci saranno chicche mai esposte prima, in cui la pittura sintetica sembra avere come riferimento la pittura di Gino Rossi e della Scuola di Burano, come per le opere “Rio a Burano” del ’52 o “Parigi Palace Pinel” del ‘53. L’attesa quarta e ultima mostra, intitolata “Cento anni di Saverio Barbaro”, si terrà dal 29 novembre al 6 gennaio 2025 a Palazzetto Tito a Venezia, nella sede della Fondazione Bevilacqua La Masa dove tutto è cominciato. L’evento di punta della programmazione del centenario presenterà al pubblico una sintesi di 50 opere selezionate, suddivise in sezioni dal taglio cronologico, che racconteranno l’evoluzione stilistica del maestro dalla giovinezza fino alla piena maturità in cui dipinse solo il Medio Oriente. Diversi saranno gli scorci veneziani in mostra, comprese le opere risalenti al periodo per l’artista più tormentato e meno colorato, quasi espressionista, come l’opera “Gitana” del ‘65. Ma ci saranno anche incisioni e disegni su china, tecniche che il maestro prediligeva sempre su grandi formati. Inoltre, sei sono le opere del maestro presenti nei depositi di Ca’ Pesaro che si spera in occasione dell’anniversario il Museo possa esporre temporaneamente.
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