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Sport di squadra o individuale? La colpa è di Pelé!

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di Andrea Passarella, pediatra a Marcon

Vi scrivo dall’eremo in cui mi sono nascosto per paura delle conseguenze di quello che sto per dire. Prima un paio di definizioni. Sportivo attivo: la persona che pratica lo sport. Sportivo passivo: la persona che guarda lo sport. Atleta: la persona che pratica lo sport a livello agonistico.

Da sempre sento ripetere che lo sport di squadra abitua alla cooperazione, al lavoro in gruppo, alla condivisione e bla bla bla… In effetti anch’io l’ho ripetuto per un mucchio di tempo a chi chiedeva la mia opinione nel momento di avviare i figli all’attività fisica.

Foto di patrick gantz da Pixabay
Il valore dello sport di squadra? Lo spiegano i grandi

Poi “ho visto la luce” (citazione da “The blues brothers”): io non ho mai praticato sport di squadra! Ma perché? Dopo una breve seduta di analisi della mia infanzia e adolescenza ho trovato il motivo: la colpa è di Pelé!

A questo punto fermi tutti! Ricordiamoci di Galileo e applichiamo il metodo scientifico: osserva, trai le tue conclusioni e poi verificale. Mettiamoci, allora, nei panni del bambino o della bambina adeguato o adeguata, come dicono gli psicologi. Arriva ungrande” che ti spiega l’importanza della squadra, eccetera, eccetera…

Foto di Paolo Ghedini da Pixabay
Sport? Meglio che per i bambini resti soprattutto un gioco

Tutto bene, Cominci a giocare… ed ecco Pelé! Il tuo compagno, convinto di essere figlio di Pelé, e che gioca solo lui. Così non va. Lo sai: non capirà mai che non è il figlio di Pelé. Quindi, meglio lasciar perdere. Devo dire che in questo mi ha aiutato notevolmente trovare il calcio uno sport decisamente noioso. La stessa cosa, comunque, se giochi in squadra con il figlio di Michael Jordan.

Le vecchie generazioni erano abituate ad arrangiarsi, a trovare il più delle volte un temporaneo accordo, ma soprattutto si giocava in un cortile o in un patronato senza troppi adulti attorno. Adesso, apriti cielo! Se il pargolo non scende in campo, si va subito dall’allenatore a protestare.

Lo sport: si fa per divertirsi e stare bene con sé stessi e gli altri

Torniamo, quindi, al nostro soggetto adeguato, quello che fa quello che gli si dice: difficilmente andrà a casa a dire che non lo lasciano giocare, sentendosi probabilmente in colpa per non essere abbastanza bravo. A quel punto scatta il muso: “Non voglio andare, ho mal di pancia” e così via con tutte le possibili somatizzazioni. Da qui il consiglio di avviare i ragazzi “adeguati” verso sport individuali che si praticano in gruppo, rivalutando le attività tipiche delle nostra zona e un po’ neglette come, ad esempio, la voga o la vela, l’atletica e il tennis.

Ma sopratutto: cari genitori e nonni ricordatevi che lo sport si fa per divertirsi e per stare bene, e non per diventare campioni a tutti i costi, Pelé o Michael Jordan. Ricordatevi che, qualsiasi sia il risultato, i ragazzi e le ragazze vanno incoraggiati e lodati per l’impegno che ci mettono. E soprattutto ricordatevi che i figli non sono mai la vostra rivincita per una carriera sportiva personale men che mediocre. Alla prossima chiacchierata… se nessuno mi trova!

Ps: pur non essendo Bruce Lee, il kung fu mi ha dato soddisfazioni. Con la racchetta da tennis, invece, i margini di miglioramento sono molto ampi.

Pps: pur avendo cercato di avviare le mie figlie verso qualsiasi tipo di attività, mi sono arreso alla genetica materna: sport? Cos’è?

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