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Tarabusino: l’airone in viaggio dall’Oasi LIPU di Gaggio

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Il piccolo airone ha intrapreso il viaggio di ritorno verso l’Africa dopo la riproduzione

«Hanno lasciato la nostra Oasi ma siamo fiduciosi di rivederli anche il prossimo anno – raccontano da Lipu Venezia – dai primi anni ’80, da quando svolgiamo i censimenti delle specie di volatili migratori presenti sul nostro territorio il tarabusino è stato una presenza costante, segno che qui trova le condizioni ideali per nidificare e riprodursi. Il lungo viaggio che li porterà a svernare in Africa, dove passeranno l’inverno, li vedrà impegnati in una rotta rischiosa alla volta dell’area subsahariana del continente e verso il Madagascar».

«In un momento in cui tutte le specie della famiglia degli aironi sono messe in difficoltà dai cambiamenti climatici e dall’intaccamento degli habitat naturali – aggiungono mantenere un presidio riproduttivo nel nostro territorio è positivo, ma non dobbiamo sottostimare la regressione dei canneti in tutta l’area del Mar Mediterraneo. Queste aree naturali sono una manna per tutti i volatili perché sono ricche di piccole specie che fungono da cibo, se però ci sembra di vedere ancora molti aironi non facciamoci trarre in inganno, è perché la Valpadana è una delle zone col maggior numero di esemplari in Europa, la loro presenza non è sintomo di mancato rischio, anzi».

Foto di Raffaele Pellizzon
Le caratteristiche peculiari del tarabusino

Il tarabusino o ixobrychus minutus, ha delle caratteristiche peculiari che lo rendono unico all’interno del panorama della sua famiglia. Innanzitutto si tratta del più piccolo airone europeo, ma la cosa più singolare è che non vive e nidifica in colonie. «Diciamo non sopporta ivicini di casa – aggiungono da LIPU – in quanto è molto fastidioso rispetto alla presenze di altre specie, conducendo una rigida vita di coppia, evitando il contatto con altri volatili. Nella fase di riproduzione il maschio è l’”addetto” alla costruzione del nido, realizzato fra le canne delle zone umide, ma nel caso della presenza di altri esemplari la coppia, se disturbata, non trovando le condizioni a sé gradite, non nidifica».

«Si tratta quindi di un uccello molto schivo anche per essere avvistato, ma quest’anno siamo stati fortunati a individuarlo nella nostra Oasi delle Cave di Gaggio – racconta Raffello Pellizzon, volontario LIPU – abitualmente rimane nascosto nella fitta vegetazione, grazie anche al suo piumaggio che gli permette di mimetizzarsi perfettamente in area palustre. Con tanta pazienza e un buon binocolo è possibile osservarlo tra cannuccia di palude (Phragmites australis ) e la tifa (Typha latifolia ). Se sorpreso a essere osservato, allunga il collo spingendo il becco verso l’altro per sembrare una canna, mimetizzandosi. Lo si può osservare mentre si sposta con brevi voli sopra all’acqua tra la vegetazione in cerca di cibo: piccoli pesci, anfibi, rettili, insetti e altri animaletti palustri».

Foto di Raffaele Pellizzon
I rischi a cui vanno incontro gli aironi come il tarabusino

Il tarabusino condivide le minacce a cui vanno incontro gli altri aironi, come la riduzione degli habitat per la riproduzione, a cui si aggiunge anche l’abbandono della coltivazione delle risaie tradizionali, che riducono gli ambienti ricchi di cibo in favore di quelle a secco. A questo si aggiunge la sua natura solitaria e sensibile al disturbo di membri delle stessa specie o di altre, se il tarabusino infatti non trova le condizioni che gradisce semplicemente non si riproduce, limitando così il numero di esemplari. Uova e piccoli poi sono una preda gustosa per i rapaci, come il piccolo sparviero, molto più vorace della sua stazza, che anche esemplari più grandi di lui. Anche il cambiamento climatico e il conseguente ampliamento dei deserti allunga sempre di più la rotta delle migrazioni, rendendo il viaggio di circa 12.000 chilometri, fatto di notte, sempre più ostico e pericoloso.

La specie è tutelata per garantirne la conservazione (Direttiva Uccelli 79/409/CEE e Convenzione di Bonn) e nonostante l’Oasi LIPU cave di Gaggio, l’Oasi Lycaena Salzano e le cave di Marocco continuino a rappresentare un rifugio sicuro per la sua sopravvivenza nel nostro territorio, il tarabusino, è in calo in Europa: «Noi non riscontriamo questa diminuzione ed è una gran soddisfazione – spiegano orgogliosi da LIPU Venezia – perché significa che riusciamo a mantenere la biodiversità, in un momento in cui è messa decisamente in crisi, ma questo richiede un impegno costante di tutti noi volontari».

Foto di Diego Delso da Wikimedia
L’importanza della preservazione dei canneti come habitat naturale

«Il problema principale è la regressione delle superfici a canneto – spiegano da LIPU – questo processo avviene per due motivazioni: una naturale e una antropica. Le aree umide infatti naturalmente tendono a evolvere in aree boschive o di sottobosco, con la proliferazione di alberi come il salice bianco, l’ontano nero, la quercia e l’olmo, la natura però in questi processi dà vita a nuovi canneti, peccato però che l’uomo cementi le sponde delle zone palustri e dei fiumi, impedendo così la nascita di nuove zone umide. In questo modo, le superfici a bassa profondità, ideali per gli uccelli, una volta perse non vengono più ripristinate».

«Che fare per ridurre questi fenomeni? – concludono da LIPU Venezia i corsi d’acqua potrebbero essere regimentati senza distruggere i canneti, iniziando a investire nella conservazione degli habitat rivedendo le gestione di Siti di Interesse Comunitario (SIC) e Zone Speciali di Conservazione (ZSC), basterebbe infatti scavare i fondali ogni 10-15 anni per ripristinare l’apporto idrico e tenere sotto controllo le piante che crescono naturalmente ma possono ridurre le canne. Noi di LIPU nelle Oasi che gestiamo ci occupiamo di togliere gli alberi che potrebbero portare all’interramento dei canneti. Porte aperte a chi vuole aiutarci e magari ha il patentino per l’uso della motosega, ma anche chi non ce l’ha può rendersi utile, offriamo un’assicurazione gratuita e la riconoscenza (silenziosa) del tarabusino! Basta scriverci una email per partecipare».

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