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UICI Venezia: per aiutare i non vedenti servono oculisti

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L’appello ai professionisti sanitari per aiutare nella cura e prevenzione delle malattie oculari

«Fortunatamente sempre meno bambini nascono non vedenti o ipovedenti – racconta Alessandro Trovato, Presidente di UICI Venezia, l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti – quindi la nostra è una condizione che si sviluppa sempre di più nel corso della vita, è cambiata anche la fascia d’età, con patologie che colpiscono in età adulta e senile e spesso non si tratta solo di una singola malattia della vista ma correlata ad altre più gravi. Proprio per aumentare la prevenzione, oltre che supportate nella gestione della condizione di cecità totale o parziale, la nostra associazione offre visite oculistiche nel nostro ambulatorio permanente che è molto fornito, ma abbiamo bisogno della disponibilità di più medici per garantire il servizio, chi è interessato a collaborare con noi, è il benvenuto!».

«Le visite si rivolgono ai nostri soci a cui garantiamo un’attività di supporto permanente – aggiunge – con un servizio disponibile una volta a settimana, ma stiamo faticando a dare continuità per la difficoltà nel reperire oculisti e ortottisti che possano darci un supporto, non per forza esclusivamente volontaristico. Due volte l’anno offriamo uno screening gratuito anche verso l’esterno a tutti i cittadini, che in ogni caso possono accedere a pagamento per scoprire eventuali patologie latenti nella nostra sede. Il nostro ambulatorio, all’avanguardia per attrezzatura, può essere utile per scoprire se servono lenti o per approfondire alcuni disturbi, ma si concentra anche sulle terapie riabilitative, attività che forniamo per supportare gli ipovedenti a migliorare o stabilizzare la propria condizione. Inoltre ospitiamo la commissione provinciale INPS per il riconoscimento della cecità. Stiamo lavorando per convenzionarci con l’ULSS3 Serenissima, ma la burocrazia è lunga e vogliamo continuare a garantire l’attività. Chi può quindi, ci aiuti!».

L’associazione UICI Venezia e i servizi offerti ai non vedenti

«La nostra associazione nazionale esiste dal 1920, ormai è attiva da più di un secolo con sedi regionali e territoriali in ogni capoluogo – spiega il Presidente di Venezia – in tutta Italia conta 237.000 mila soci, di cui in Veneto 2500 e a Venezia siamo circa 400. Lo scopo principale è quello, a partire della tutela per legge dei non vedenti, di dare servizi per l’integrazione sociale, scolastica e lavorativa. Aiutiamo i nostri soci ad accedere in sicurezza e consapevolezza a questi ambiti interagendo con gli uffici di queste istituzioni ed enti. Poi ci occupiamo di dare tutta una serie di insegnamenti, formazione e supporto ad affrontare in sicurezza la vita di tutti i giorni in città che non sono nate a misura di non vedente». 

«Diventare non vedente quando si è nati col dono della vista non è facile da accettare – racconta Trovato – per questo ci attiviamo anche per fornire supporto psicologico, oltre a insegnare a leggere e comprendere l’alfabeto braille e reperire libri e audio-libri per fare pratica. Inoltre offriamo anche corsi di informatica con l’utilizzo di screen-reader e di ginnastica posturale per gestire il bastone bianco. Poi però organizziamo anche visite guidate con guide turistiche formate ad hoc, per conoscere e “sentire Venezia”, proprio per iniziare a cimentarsi con l’accessibilità tattile, la nostra sede ospita una riproduzione 3D in scala di Venezia e mentre si tocca per decodificarne gli edifici e le calli si possono sperimentare i suoni tipici della zona che si sta leggendo con il tatto».

Le difficoltà per i non vedenti in città tradizionali come Venezia

«Insegnare l’orientamento ai nostri soci significa familiarizzare con il bastone bianco, il nostro principale strumento per muoverci nello spazio – chiarisce Trovato – è un supporto fondamentale anche per l’utilizzo dei cani guida. Ci si impratichisce così a prendere dei punti di riferimento in giro per le strade, insegniamo tecniche per riconoscere gli ambienti, gli attraversamenti pedonali, le fermate dei mezzi pubblici e le insidie del traffico. Ma soprattutto aiutiamo le persone a gestire autonomamente una casa, in modo da rendere il più indipendenti possibile in totale sicurezza».

«Se fra le mura domestiche ci si può organizzare – prosegue – le città sono un po’ più difficili da rendere a misura di non vedente. Gli elementi più critici sono i semafori, che non sono sempre tutti sonori, perché non c’è ancora un obbligo di legge. Per noi tutti i contesti privi di suoni sono una sfida: dalle code con i numeri per il proprio turno, al prendere l’autobus giusto, ma anche gli ostacoli come biciclette e monopattini lasciati sui marciapiedi diventano insidiosi, oltre alle macchine e i mezzi elettrici silenziosi. Venezia in questo senso è un po’ a macchia di leopardo, ci sono aree di Mestre molto accessibili, ma già nelle zone periferiche la situazione è più difficile, il centro storico poi è già complesso per tutti, per noi lo è soprattutto quando il GPS non funziona, ma sono stati fatti passi avanti e non abbiamo il pericolo delle auto tranne a Piazzale Roma e gli approdi dei vaporetti sono ancora difficoltosi, ci vorrebbe un po’ di segnaletica tattile in più».

Non vedere non significa non sentire il mondo attorno a sé

«La nostra disabilità è poco note e può succedere che chi non ne conosce le caratteristiche si trovi un po’ in imbarazzo a interfacciarsi con noi – confida il Presidente UICI – ma si risolve tutto col dialogo, la comunicazione per noi si basa molto meno su gesti ed elementi visivi e in qualche modo “sentiamole cose in modo diverso, andiamo oltre all’aspetto fisico e cerchiamo di capire chi abbiamo davanti concentrandosi su come si rivolge a noi e che parole sceglie. In qualche modo il nostro limite ci dà un vantaggio perché ci permette di conoscere le cose e le persone in modo più profondo, dando grande importanza ai rapporti umani che si creano. Per questo è importante che i non vedenti frequentino anche persone senza disabilità, uscendo dalla propria comfort zone, noi crediamo nello scambio e nell’integrazione».

«A questo scopo organizziamo eventi come le cene al buio – conclude – in cui in una sala oscurata i commensali, tutti vedenti, sperimentano questa esperienza con noi non vedenti come camerieri, oltre a percorsi all’interno di giardini per far provare il movimento senza il senso della vista. Il 22 settembre inaugurerà anche una mostra fotografica sensoriale a Jesolo per cui abbiamo collaborato. Sono tutte attività che affianchiamo a quella ordinaria per la raccolta fondi. L’obiettivo è non solo diffondere quello che facciamo ma dimostrare che c’è ancora vita oltre la patologia, questo è importante farlo sentire soprattutto a chi arriva da noi pensando di aver perso tutto senza la vista, cerchiamo di far capire che non è finita e che si può ripartire, un contraccolpo duro soprattutto per le persone più adulte, che affrontato insieme si può però superare».

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