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ULSS3 Serenissima: infermieristica si studia anche a Chioggia

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In avvio i corsi di laurea dell’Università di Padova in collaborazione con l’azienda ospedaliera

Manca poco al 5 settembre, la data in cui avranno luogo le selezioni dei corsi di laurea per le professioni sanitarie anche all’Università di Padova. La grande novità per l’anno accademico 2024/2025 è che i corsi di laurea in infermieristica, per il territorio dell’ULSS3 Serenissima e in convenzione con la stessa azienda sanitaria, si terranno per la prima volta anche a Chioggia. «Volevamo venire incontro agli studenti della città un po’ decentrati rispetto alla sede principale di Mestre – spiega la dottoressa Chiara Rizzo, coordinatrice del corso per l’ULSS3 – la proposta ha riscontrato grande interesse e siamo certi che il debutto qui sarà un successo».

«Si tratta della prima sede universitaria in città – continua – e permetterà a decine di giovani del territorio di frequentarla senza dover affrontare trasferte in altre sedi. Dei 250 studenti previsti per il territorio della nostra ULSS gli spazi messi a disposizione al Padiglione ASPO, accoglieranno 50 matricole a Chioggia, mentre le altre studieranno fra Mestre e Mirano. Sento una nuova responsabilità, visto il mio ruolo di cerniera fra l’università e i presidi sanitari, interfacciandomi inoltre con i docenti per l’organizzazione delle lezioni e degli esami, però fortunatamente ricevo una grande collaborazione e supporto dai miei collaboratori e tutor didattici, per cui sono sicura che questo sarà solo l’inizio di un bel percorso verso una professione che è cresciuta nel tempo e che continuerà a essere sempre più importante».

Chi sono gli studenti che si avvicinano alla professione infermieristica?

«Questo è un percorso che impone una crescita personale oltre che professionale – racconta Rizzo – è un corso che fa maturare da subito perché mette a contatto con la malattia e la morte, è una scelta che va oltre al trovare lavoro facilmente. Negli ultimi anni gli iscritti sono stati molto variegati, sia come provenienza, chi dalle scuole ma anche da altri percorsi universitari e ci sono anche casi di studenti lavoratori, sia operatori socio sanitari ma anche persone da ambiti completamente differenti, tanto che si è alzata anche la media dell’età. Poi ci sono anche studenti di culture, Paesi e lingue diverse, quindi gli stimoli non mancano, mettendo insieme tante sensibilità diverse, ma tutte rivolte alla cura degli altri».

«Anche se chi s’iscrive è conscio delle opportunità di occupazione, appena inizia il tirocinio, che viene svolto già dal primo anno, capisce se il percorso fa per lui – aggiunge – devo dire però che gli studenti, soprattutto i più giovani, sono molto sensibili e abbiamo un 5% di abbandoni all’impatto con l’esperienza sul campo. E’ cambiata però anche a mentalità e le aspettative sulla formazione, tanto che come professionisti dobbiamo adattarci a formare e interagire in modo diverso dalle vecchie scuole per infermieri, ci deve essere un interscambio generazione, ma è una bella sfida. L’Università di Padova offre otto sedi per il corso, almeno una per ULSS, coinvolgendo tutti gli ospedali, i distretti ambulatoriali e le strutture convenzionate».

La professione infermieristica oggi: sfide e cambiamento

«Un infermiere o un’infermiera oggi hanno un percorso universitario che arriva fino al grado magistrale – spiega Rizzo – si sta lavorando anche per far approvare al Ministero indirizzi clinici oltre a quello attuale più manageriale quindi in futuro ci saranno vere e proprie specializzazioni per formare in ambiti sempre più complessi e specifici, perché il domani non sarà solo il reparto ospedaliero, ma saranno richiesti ruoli di coordinamento e dirigenziali con responsabilità crescente. Nonostante i posti messi a disposizione, la richiesta di professionisti non verrà saturata nei prossimi anni, l’Università di Padova sta già facendo il massimo avendo aumentato i posti, che comporta reperire docenti, aule, spazi,…».

«Anche la cultura della pratica infermieristica e il suo ruolo sono cambiati molto assieme alla loro percezione – aggiunge – è fondamentale ormai sapersi relazionare con le persone che si assistono, capacità come l’ascolto e la comprensione dei bisogni vanno affinate, oltre a saper lavorare in gruppo per poter anticipare realmente i bisogni di assistenza della società. Per questo la professione è cambiata, è richiesto un aggiornamento continuo perché la medicina è in costante evoluzione e bisogna non solo stare al passo, ma anche avere il coraggio di uscire dalla propria zona di comfort e affrontare sfide nuove, come quelle assistenziali fuori dalla struttura ospedaliera. Anche il rapporto coi medici è cambiato, c’è maggior rispetto dei ruoli e reciprocità mettendo davvero al centro le persone, nonostante la criticità del periodo, lo stress, il nodo dei budget, la nostra figura andrebbe ulteriormente valorizzata perché per tanti reparti e strutture è una vera colonna portante».

Il futuro della professione di infermiere?

«In futuro la nostra professione infatti non si realizzerà esclusivamente nell’ambito degli ospedali gestendo situazioni acute – precisa Rizzo – si tratterà sempre di più di assistere, anche a domicilio. In questo momento le differenze contrattuali fra pubblico, privato e cooperative sono penalizzanti, rendendo difficile la crescita di gruppo della nostra categoria, ma si dovrà farsi trovare pronti ad aiutare sia molti più anziani che persone che soffrono di malattie croniche e degenerative. Prenderà sempre più piede la figura dell’infermiere di famiglia, con controlli direttamente a casa, insomma c’è tanta strada da fare e da cambiare per come si concepisce il nostro lavoro, dove la capacità di relazione sarà importante tanto quanto la tecnica».

«In qualche modo questo cambiamento in atto gli studenti lo sentono già e forse, un po’ si aspettano di riuscire a ottenerlo – conclude – ma soprattutto hanno ben chiaro il rapporto tra la professione e le ricadute sul territorio. Lo comprendono già nell’ambito dei tirocini, che richiedono dal primo anno al terzo rispettivamente 480, 600 e 720 ore, confrontandosi con realtà prossime al luogo in cui si formano. Decentralizzare ci avvicina all’ambito locale, che risponde sempre bene alla presenza di centri di formazione, sentendosi in parte co-responsabile della crescita dei professionisti di domani. E’ importante però garantire in questo percorso di studi anche momenti di confronto e interscambio, per questo prevediamo appuntamenti nelle sede centrale dell’università a Padova, per far sentire tutti, parte di un grande progetto per la sanità di domani».

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