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Una creatività inarrestabile: la cifra distintiva dell’Atelier F

Il laboratorio del Corso di indirizzo di Pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia da 25 anni porta avanti la sua attività tutto l’anno, anche con workshop estivi dove studenti e artisti affermati si confrontano costantemente

Al giorno d’oggi, in cui a volte la pittura sembra messa in ombra nuovi media, l’Atelier F del Corso di Pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia per gli studenti è un faro creativo e luogo di incessante sperimentazione. L’Atelier F, il laboratorio principale di riferimento metodologico per le attività formative, costituisce lo spazio di lavoro e di confronto collettivo che consente ai giovani artisti di dialogare e verificare l’efficacia delle proprie scelte di ricerca e di produzione artistica. L’Atelier è nato 25 anni fa con l’arrivo in Accademia del prof. Carlo Di Raco e si è rafforzato nelle sue caratteristiche dal 2010 con l’ingresso del prof. Martino Scavezzon: «Con loro, colonne portanti, l’Atelier ha assunto caratteristiche attuali, intense e continue, anche legate ai periodi di lavoro che vanno oltre i periodi di didattica» spiega il direttore dell’Accademia Riccardo Caldura.

Il seminario estivo

Dal 2009 infatti è l’unico tra gli atelier di pittura che d’estate continua a lavorare con gli studenti, svolgendo un seminario nel periodo di chiusura dell’Accademia. Questo laboratorio prima si teneva negli spazi dell’Accademia a Forte Marghera, mentre ora, per motivi di ristrutturazione, da quattro anni è ospitato nell’hangar di Antares dell’Agenzia Vulcano. Il prossimo anno però probabilmente tornerà alle origini, in un nuovo capannone a Forte Marghera: «Il laboratorio estivo è diventato la caratteristica più importante e particolare che contraddistingue l‘Atelier» spiega Caldura. Un momento per gli studenti molto arricchente: «Anche solo farsi ogni giorno il giro di quello che gli altri stanno facendo, e vedere come il lavoro cambia, è interessante e stimolante» dicono gli studenti che, dopo varie sperimentazioni, scelgono il linguaggio che più gli appartiene. «I ragazzi – continua Caldura – volontariamente proseguono il loro lavoro di ricerca visiva pittorica durante tutta l’estate nel laboratorio per diverse ore al giorno, confrontandosi anche con artisti che in precedenza si sono formati nell’atelier e anche con qualche altro studente del Corso di Scultura». La concentrazione sul lavoro pittorico è tale che le creazioni nate dal laboratorio sono confluite ora in una mostra allestita al Magazzino del Sale n. 3 (leggi qui).

Pratica artistica e nuove tecniche

La continua pratica artistica è infatti fondamentale per definire i contenuti della ricerca di ciascun artista. L’Atelier durante l’anno per gli studenti è sempre accessibile indipendentemente dall’orario delle lezioni. Si tratta di un laboratorio di ricerca e condivisione ricco di stimoli dove colori, pennelli e tele si ammassano pronti per accogliere nuove suggestioni ed idee. Uno spazio convulso, completamente lontano dall’idea classica di Accademia, in cui le opere invadono ogni angolo. Sulla porta d’ingresso dell’Atelier è affisso un decalogo, non sempre rispettato, con i soggetti da evitare di dipingere: modelli già scontati come Venezia, cavalli, gatti e anziani. I professori cercano infatti di incentivare negli studenti la ricerca e la sperimentazione, verificando l’evoluzione tecnica e linguistica in termini di coerenza, rigore formale ed efficacia. «Ogni studente trova la sua identità attraverso la ricerca, facendo emergere interessi e suggestioni che poi maturano attraverso la resa di nuove immagini. Vanno oltre i linguaggi e ne cercano di nuovi grazie all’indagine personale» spiega il prof. Scavezzon. Il percorso per ciascuno ha tempistiche diverse: «C’è chi parte come un treno ma poi si blocca e resta per anche 12 anni, chi invece ha un percorso più lento o immediato. Per noi docenti – continua – è interessante vedere come, tra evoluzioni e cambiamenti, i ragazzi maturano attraverso la ricerca». Ultimamente un’esperienza che si tramanda tra gli studenti è quella di realizzare per le opere di grande formato una base in acrilico, per una questione sia di costi che di tempi di asciugatura: «Impostano le masse principali con l’acrilico – rivela ancora il professore -, mentre le finiture le fanno ad olio per realizzare ad esempio velature, luci ed ombre, che altrimenti non renderebbero al massimo».

Un dialogo incessante

All’Atelier F i cento studenti lavorano incessantemente tutto l’anno: una caratteristica, questa, che lo distingue da tutti gli altri laboratori dell’Accademia che hanno un iter più classico e tradizionale legato al calendario accademico. L’Atelier F solitamente è aperto dalle 9 alle 18: «Noi studenti passiamo la maggior parte del corso in laboratorio. Con i professori il dialogo avviene dopo che iniziamo a rappresentare qualcosa, quando ancora le possibilità sono aperte. Loro interagiscono con noi, ci consigliano e insieme cerchiamo di individuare nuove possibilità» raccontano gli allievi. Altra particolarità dell’Atelier è quella di continuare a relazionarsi con gli ex studenti. Questi non solo partecipano ai laboratori estivi, ma alcuni durante l’anno svolgono in Atelier un tutorato fungendo da punto di riferimento per gli artisti più giovani. L’Atelier F è molto conosciuto nel panorama artistico e molti sono i nomi noti nel campo dell’arte rimasti entusiasti dopo aver visitato i suoi spazi e aver assaporato la sua essenza, tra cui la curatrice della Biennale d’Arte Bice Curiger e quella della Collezione Pinault Caroline Bourgeois, ma anche artisti quali Christian Boltanski e William Kentridge. Inoltre, la Quadriennale di Roma a gennaio verrà a presentare in Accademia l’ultimo numero della sua rivista, in cui un intervento è dedicato proprio all’Atelier F.

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