L’intervento di conservazione è stato presentato giovedì 1° febbraio nella basilica dei Santi Giovanni e Paolo di Venezia.
«Con le ridipinture successive erano stati occultati diversi dettagli», spiega la storica dell’arte Giulia Altissimo. «Era stata stravolta la configurazione originale. Abbiamo tra l’altro potuto rimettere in luce la doratura trecentesca originale grazie alla perfezione della qualità e all’ottimo stato di conservazione dell’opera».
L’icona, su cui si era già intervenuti nel 1991 a scopo conservativo, ha richiesto approfondite indagini. Data la mancanza di documentazione riguardante restauri ancora precedenti, si sono rese necessarie delle radiografie eseguite nel vicino Ospedale Civile Santi Giovanni e Paolo (opportunamente programmate al di fuori dell’orario delle visite). Questa scelta si è rivelata indispensabile per evitare spostamenti e mantenere l’opera in prossimità della basilica, preservandone così l’integrità.
È proprio da questi studi che si è rivelata fra l’altro la mano sinistra della Vergine, inizialmente coperta da pennellature aggiunte negli anni.
Inoltre nell’icona erano stati inseriti diversi “tasselli”, porzioni di opera che non esistono più. «Abbiamo cercato di valutare come ricostruire le parti rimosse per non sacrificare la visione complessiva», racconta Giulia Altissimo. «In alcune parti la materia originale era completamente perduta».
Il processo di restauro è stato guidato appunto da Giulia Altissimo, incaricata di definire le scelte concordate dall’équipe. Le due restauratrici, Micaela Bortolotto e Giulia Della Libera, hanno collaborato strettamente durante l’intero biennio del lavoro, contribuendo al successo del progetto.
«Abbiamo avuto diversi incontri nei passaggi di lavoro», racconta Giulia Altissimo. «È stato un impegno ardito e meditato al tempo stesso. La meditazione è stata necessaria per prendere delle decisioni sulle scelte da compiere, ponendosi il problema di come rendere onore all’opera. È un insieme di elementi che dovevano trovare un difficile compromesso».
L’intervento assumeva particolare rilevanza essendo l’opera una delle icone più importanti della città di Venezia.
L’opportunità di lavorare su un’opera così antica sottolineava l’importanza dell’incarico, evidenziando la responsabilità di preservare e valorizzare un pezzo di patrimonio culturale così prezioso. Questi elementi hanno guidato la scelta da parte delle studiose di recuperare il più possibile. «L’’icona aveva avuto una serie di rimaneggiamenti», afferma la storica Altissimo.
La relativa rarità del manufatto rende importante quello che è stato scoperto; «Ci sono stati molti momenti emozionanti», afferma la storica Altissimo. «Situazioni dove abbiamo visto l’esito degli incarnati e tocchi di luce che si sono confermati, segno che stavamo riportando l’opera al suo stato originale».
Il percorso che ha portato alla restituzione di questa icona è stato vissuto sia dalla comunità scientifica che da quella religiosa, poiché quest’opera ha anche un grande valore dal punto di vista della devozione e della spiritualità.
«L’icona parla di pace», afferma fra Filippo, parroco della basilica dei Ss. Giovanni e Paolo. «Questo tema risuona in modo particolare in questi giorni, in cui c’è un diffuso desiderio di pace sia interiore che esteriore. Il soggetto di Maria si presenta come un’opportunità per cercare rifugio sotto la sua speciale protezione».
L’opera resterà esposta alla basilica per alcuni giorni per poi essere riportata nella sua cappella di provenienza.
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