«Siamo venuti qui con una cinquantina di giovani provenienti dalle diocesi di Kharkiv e di Odessa proprio per fare testimonianza della verità e della realtà di quello che stanno vivendo in questa guerra», afferma padre Roman, responsabile per la pastorale giovanile della Chiesa greco-cattolica in Ucraina. «I nostri giovani sono quelli che portano le ferite visibili e invisibili del nostro popolo e testimoniano questa guerra tra l’Ucraina e la Russia».
Il progetto “Accoglienza per la pace”, avviato in Riviera del Brenta ha come obiettivo offrire un momento di sollievo a questi giovani che affrontano quotidianamente le difficoltà legate ai conflitti in corso. Capofila dell’iniziativa è il gruppo scout Agesci Mira 2, che in collaborazione con i comuni di Camponogara, Dolo e Mira, rientra nella più ampia “Rete per la Pace – Riviera del Brenta”.
Il progetto coinvolge 60 ragazzi, provenienti da paesi in conflitto, tra cui 50 ucraini e 10 palestinesi. I giovani trascorrono queste giornate ospiti presso famiglie del territorio rivierasco.
«È molto importante per noi raccontare la nostra situazione perché molte persone non sanno quanto dura e difficile è la guerra», descrive Tania, una delle ragazze ucraine. «Finché non la vivi, non capisci quanto è drammatica».
«Ho 16 anni e la mia città è nell’est dell’Ucraina, a soli 15 chilometri dai confini russi», racconta Tania. «Quando la Russia bombarda la mia città, non puoi sapere se quel giorno riuscirai a sopravvivere o se attaccheranno proprio casa tua. È davvero difficile e la paura è una compagna costante».
Nonostante la situazione drammatica, Tania e i suoi coetanei cercano di mantenere una routine normale, studiando online e cercando di convivere con il conflitto. «Stare qui mi sta facendo bene. In Italia mi sento al sicuro e ho la possibilità di vedere persone e comunicare faccia a faccia, non solo per telefono», dice.
Il suo racconto rivela la durezza della vita sotto attacco continuo. Le case devono essere protette e, quando scatta l’allerta, gli abitanti si rifugiano nei seminterrati, l’unico posto relativamente sicuro.
«Questa esperienza mi sta facendo bene», aggiunge Tania. «Qui in Italia mi sento al sicuro, mi sembra assurdo vedere così tanti aerei senza avere paura; in Ucraina quando senti un aereo significa che ti stanno per bombardare».
Pertanto, oltre a condividere un momento di sollievo con i ragazzi, il progetto mira ad informare i giovani e tutto il territorio sulla situazione di tragico disagio che diverse realtà stanno vivendo in più parti del mondo.
«Prima della guerra in Ucraina c’erano altre guerre nel mondo e io ne sentivo parlare ma quasi non mi importava, mi sembrano lontane da me e dalla mia realtà». continua la giovane. «Ora ho capito che parlare e spiegare cosa stiamo vivendo è davvero fondamentale».
«Questa è davvero un’opportunità per noi per comunicare la verità di quello che sta succedendo ma anche per testimoniare l’eroismo dei nostri giovani che vivono la realtà della guerra», sottolinea padre Roman. «Essere abbracciati qui e da quelli che ci circondano e ci vogliono bene è fondamentale. Siamo grati per questo progetto e per tutti quelli che hanno collaborato, perché ci offre una possibilità di costruire la pace».
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