Stravaganze e cose straordinarie. Il Museo di Storia Naturale di Venezia è custode di una delle più preziose Wunderkammer, letteralmente “camera delle meraviglie”. Si tratta di una stanza dedicata a tutto ciò che nel mondo c’è di più curioso, stravagante, prezioso e meraviglioso. A raccontare la storia di queste camere sui generis, in riferimento a quella custodita al Museo di Storia Naturale, è stato lo scorso 22 ottobre lo storico dell’arte e divulgatore Jacopo Veneziani, da poco nominato presidente della Galleria Ricci Oddi di Piacenza (leggi qui), intervenuto al Museo in occasione dell’incontro “Storia delle Wunderkammer, tra mirabilia, artificialia e naturalia”, organizzato all’interno di una serie di eventi promossi dalla Fondazione Giancarlo Ligabue per festeggiare i 50 anni delle sue attività e 100 anni dalla nascita del Museo che porta il suo nome.
Le mappe ed i libri medievali rappresentavano nani, sirene, centauri, draghi e fenici. È collezionando cose rare e stravaganti che nascono le Wunderkammer: «Alla base della nascita delle Wunderkammer c’è la voglia di meravigliarsi e l’idea che bisogna spingersi lontani da casa per stupirsi» spiega Veneziani. Nell’Europa del Rinascimento però, oltre ad esploratori, mercanti, pellegrini e artisti, pochi erano coloro che potevano viaggiare: «Chi poteva permetterselo, regnanti, principi e prelati, tenevano in casa pezzi provenienti da posti lontani e irraggiungibili, i “best of” del mondo che portavano con sé storie e curiosità a cui destinavano proprio una stanza dedicata». Questi reperti erano alimentati da storie immaginarie e fantasiose che creavano una domanda nel mercato europeo. Per anni i collezionisti hanno cercato di accaparrarsi un corno di un unicorno, l’artiglio di un grifone o altre parti di animali leggendari conosciuti solo dalle stampe e dai testi antichi e che anche gli scienziati del ‘500 credevano esistessero. «Nel secolo dei lumi Galileo Galilei già diceva di non fidarsi di chi possedesse una Wunderkammer, sottolineando che non andavano prese troppo sul serio. Proprio queste infatti hanno alimentato fake news incredibili e, oltre a voler incuriosire ed impressionare gli ospiti, erano usate anche come strumento diplomatico» spiega Veneziani.
Nelle Wunderkammer c’erano animali esotici impagliati, erbari composti da piante sconosciute che non erano ancora state classificate, uova di struzzo, conchiglie di nautilus, pietre preziose e oggetti provenienti da mondi lontani. La Wunderkammer del Museo di Storia naturale di Venezia, dedita più al collezionismo scientifico, apparteneva a Teodoro Correr e solo nel 1923 venne trasferita al Fontego dei Turchi, che venne adibito a museo. «Nella Wunderkammer del Museo di Storia Naturale ad esempio, non manca la noce di cocco. Queste, recuperate dagli esploratori in terre lontane, un tempo venivano usate come dono diplomatico. Altro pezzo forte è sicuramente il corpo di sirena, il cui scheletro in realtà non è altro che un insieme di ossa prese da diversi animali. – dice Veneziani – Una fake news che fu alimentata per parecchio tempo proprio per convogliare l’attenzione su tutto ciò che fosse curioso e stravagante. Non mancano poi i fossili e lo scheletro del dinosauro». Nelle Wunderkammer inoltre confluivano tutte quelle creature ibride, difficili da catalogare, come il corallo: «Un tempo c’erano dubbi se questo avesse un’identità minerale, vegetale o animale. – spiega Veneziani – Ovidio pensava si trattasse di un’alga pietrificata poi resa rossa dal sangue colato dalla testa mozzata di medusa. Inoltre, si pensava avesse proprietà medicinali e che inserito nelle posate svelasse le pietanze avvelenate». Nelle collezioni più ricche non poteva poi mancare il dente di narvalo, cetaceo dei mari artici, o il teschio di un elefante: «Il buco per la proboscide veniva scambiato come prova scientifica dell’esistenza dei ciclopi, esseri mitologici con un occhio solo». Ogni oggetto naturale che finiva nelle Wunderkammer raramente poi restava nelle sue condizioni naturali, ma veniva abbellito da orafi o scultori con oro, argento e pietre preziose, in una sorta di competizione su chi fosse più creativo tra l’uomo e la natura.
All’inizio le collezioni erano allestite senza criteri particolari, solo col passare degli anni si pensò di catalogarle e ordinarle con la distinzione tra naturalia e artificialia, collezioni poi disgregate e confluite nei musei di storia naturale, come quello di Venezia, o in musei d’arte. «Nel tempo le Wunderkammer iniziarono ad andare forte tra la borghesia e spesso vennero ridotte in armadi o bauli delle curiosità, in cui gli oggetti venivano stipati. – e racconta lo storico dell’arte – La famosa “Boite en valise” di Duchamp è figlia dell’evoluzione delle Wunderkammer». Anche la saga di Harry Potter trae spunto dalle camere delle meraviglie: «Il Bezoar, la pietra magica che compare nel racconto, altro non è che una sfera dura di materia digerita di capre asiatiche». Infine, Veneziani si domanda quali possano essere le Wunderkammer del futuro: «Oggi a meravigliarci sono le nuove tecnologie. Forse le future Wunderkammer saranno nel metaverso, nei nostri smartphone, nell’intelligenza artificiale, oppure verranno dallo spazio con reperti provenienti dai pianteti. – e conclude . La cosa più significativa però è che le Wunderkammer ci insegnano a coltivare la curiosità che, come diceva Giambattista Vico, è figlia dell’ignoranza e madre della conoscenza. L’importante allora è non perdere il piacere della scoperta».
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