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Voga veneta: proposta di riconoscimento Unesco

Delle difficolta di questo sport, erede della tradizione veneziana, se ne è parlato durante la conviviale del Panathlon Club di Venezia, alla presenza degli ultimi vincitori della Regata storica Nicolò Trabuio e Matteo Zaniol

Le unicità di Venezia sono molte, tra queste la pratica tradizionale della voga veneta sta affrontando un momento estremamente delicato. Utilizzato anche dai gondolieri, il metodo di voga veneta si basa su piccoli movimenti a remo unico, è molto complicato e richiede particolare attenzione quando si naviga. Durante la conviviale di giovedì 20 organizzata dal Panathlon Club di Venezia, di cui è presiedente Diego Vecchiato, tenutasi a Ca’ Sagredo, sono stati toccati i temi relativi allasicurezza di chi pratica questa tipologia di voga e le possibilità future di questo sport.

«Il moto ondoso è sicuramente un problema importante – spiega Dino Zani, presidente Canottieri Giudecca – manca la cultura del rispetto verso il vogatore. Quando ero piccolo i bambini vedevano il vogatore come uno sportivo e quasi come un eroe, era immerso nel tessuto sociale urbano. Adesso i giovani a malapena sanno di questa pratica e ce ne rediamo soprattutto conto durante gli eventi e le manifestazioni. – e continua – Non ci sono regolamentazioni, la voga veneta non è riuscita a farsi tutelare come sport ed è rimasta quasi relegata a un fenomeno culturale. I regatanti infatti si presentano singolarmente e non come rappresentanti di una società sportiva».

Da qui emerge il problema della sicurezza per i vogatori che hanno poche tutele. Durante le sessioni di allenamento, infatti, ora devono stare molto più attenti al moto ondoso e alla velocità delle imbarcazioni a motore, come i taxi che sfrecciano per la laguna noncuranti delle persone che remano. Tutto questo deriva dalla poca considerazione generale che viene data al giorno d’oggi alla pratica del rematore.

Proposta di riconoscimento Unesco

Il presidente della Reale Società Canottieri Bucintoro, Francesco Guerra, ha poi sottolineato il legame di questo sport con la storia di Venezia, per cui si sta lavorando per proporne la candidatura all’Unesco: «La voga alla veneta rappresenta il modo in cui ci si spostava a Venezia per gran parte della sua storia. Siamo abituati a considerare anche all’estero Venezia come la città degli spostamenti a piedi, ma non è sempre stato così. In laguna ci si spostava in barca utilizzando i remi. Una pratica che col passare degli anni e l’arrivo dei motori si è ridotta fino ad essere considerata uno sport – e continua Guerra – stiamo lavorando per portare la voga ad essere un bene culturale immateriale riconosciuto dall’Unesco».

Il riconoscimento Unesco permetterebbe di superare l’idea di voga alla veneta intesa come una pratica pittoresca e relegata al turismo. La cultura lagunare sta calando, la minore considerazione e sensibilizzazione verso le pratiche marittime porta sempre più persone a muoversi in laguna senza conoscerla. «I barcavelox sono sicuramente un passo in avanti ma non sono la cura. Pagare la multa e poi continuare nella pratica errata non aiuta la consapevolezza, e di sicuro non aiuta a lungo termine i vogatori. Deve esserci formazione e informazione verso le nuove generazioni, dobbiamo aiutare i giovani a capire cosa c’è di sbagliato per crescere dei futuri cittadini che abbiano rispetto verso la voga» spiegano i referenti. A questo proposito, la Reale Società Canottieri Bucintoro e la Associazione Canottieri Giudecca organizzano delle pratiche destinate alle scuole durante le ore di educazione fisica. «L’inserimento di un patentino può essere una soluzione, – continuano – a patto che non diventi un semplice lascia passare una volta imparate delle domande a memoria o un metodo per recuperare soldi. Se il patentino venisse associato a lezioni finalizzate a responsabilizzare sul tema nautico allora ben venga».

Da pratica comune a sport di nicchia

Durante la cena erano presenti anche i vincitori dell’ultima Regata storica: Nicolò Trabuio e Matteo Zaniol. «Il ruolo del vogatore è cambiato drasticamente, una volta infatti la voga era pratica comune per vivere e lavorare. Alla Regata storica partecipavano di conseguenza i migliori che vogavano quotidianamente. Adesso noi facciamo altri lavori e dobbiamo ritagliarci uno spazio per allenarci per arrivare ad una prestazione importante. A volte rischiamo di essere investiti da barche a motore che anche solo urtandoci possono causare grandi problemi – racconta Nicolò – io personalmente lavoro col turismo e non ne sono contrario, tuttavia la voga veneta, per l’unicità che la contraddistingue, deve essere tutelata per mantenere Venezia una città viva».

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