La buona notizia è che le vongole di Chioggia fino adesso sono sopravvissute alla minaccia del granchio blu, nonostante le difficoltà, ma la brutta è che hanno due grandi nemici peggiori: i garusoli e l’eccesso di salinità lungo Sacca Toro, il nome con cui è identificata l’area dove sfocia il Brenta nella parte sud della laguna veneta. «Ci siamo attrezzati per tenere testa alla specie aliena riuscendo comunque a produrre, seppur in calo – spiega Maurizio Marangon itticoltore e consigliere della rete di impresa Allevatori vongole veraci di Chioggia – ma se il canale non verrà dragato permettendo di aumentare la portata di acqua dolce del Brenta le nostre semine non avranno scampo dal sale e dal proliferare dei murici. Ma al momento non abbiamo risposte. Ci sentiamo abbandonati».
«Abbiamo cambiato le semine e siamo riusciti a mantenere la produzione che però è significativamente diminuita negli anni per il progressivo interramento dei canali – racconta – siamo passati da avere fino a tre metri di profondità a soli 80 centimetri. L’ultimo dragaggio è datato 2012, lo scorso novembre abbiamo presentato un progetto di un nuovo scavo alla Regione, grazie anche all’interessamento del consigliere Marco Dolfin, oltre a Veneto Agricoltura e al Provveditorato Interregionale (l’ex Magistrato alle Acque), da lì poi si è tutto arenato una volta arrivato all’ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale). Purtroppo i tempi della burocrazia non sono come i nostri, fra massimo otto mesi rischia di saltare l’intero comparto dell’itticoltura di Chioggia perché siamo esposti con le banche e non abbiamo ricevuto nessuno dei ristori promessi. Almeno dobbiamo essere messi in condizione di poter lavorare».
«La soluzione al granchio blu? Pescarlo tutti i giorni e curare quotidianamente il vivaio – spiega Marangon – bisogna lavorare continuamente sugli allevamenti, impensabile lasciarli a sé stessi per 6/8 mesi a crescere dopo la semina, come si poteva fare prima del suo arrivo. Questa specie infatti prolifera bene dove c’è “sporcizia”, ovvero alghe e altri prodotti marini come le uova di garusoli, per cui per prima cosa dobbiamo assicurare le condizioni per rendergli la vita difficile, inoltre abbiamo adottato recinti con pali piantati nel terreno che emergono dall’acqua per sorreggere delle reti, in modo da ostacolarne il passaggio, in alternativa si possono usare teli ancorati al fondale che proteggono le vongole e gabbie con esche per attirare i granchi».
«Facendo tutto questo si può riuscire a sopravvivere – aggiunge – ma è una lotta che si scontra con l’aumento di salinità che spinge la crescita dei garusoli, noti anche come Murici o bulli, che sono una specie predatrice, famosa dai tempi dell’antichità perché da loro si ricavava la porpora, che è particolarmente temibile anche per le nostre vongole perché ne è particolarmente vorace. Le loro uova, che formano caratteristiche “spugne”, si riproducono in modo massiccio in milioni di esemplari, tanto che ne raccogliamo settimanalmente dei quantitativi importanti, mangiano di tutto e forse sono addirittura peggio dei granchi. Fino a cinque anni fa il 95% delle vongole si produceva in Sacca, ma è ovvio che a queste condizioni lavorare così comporta un aumento dei consumi della sola benzina per andare tutti i giorni a salvare il vivaio, contributi e spese sono sempre fisse e in aumento e i ricavi precipitano. Ci serve un aiuto concreto, altrimenti ne risentirà l’intera economia della città».
«La particolarità delle nostre vongole è quella di essere leggermente più saporite delle altre, perfette tanto per una pasta che per una gustosa cassopipa, ma adesso con la salinità stiamo esagerando – chiarisce l’itticoltore – il MOSE ne ha accentuato il livello in laguna, soprattutto nella nostra area. Dalla diga entra molta acqua salata, tanto che le acque dolci dei fiumi non riescono a bilanciarle e siamo saliti da un 25-28%, ideale per le vongole, a un 33-38%, questo ha causato non solo morie maggiori ma anche la riduzione delle aree in cui si può allevare il nostro mollusco».
«Se tutta la marineria di Chioggia è solidale con la Sacca di Scardovari e Porto Caleri per la lotta condivisa al granchio blu, noi ci troviamo anche a gestire questa criticità – rincara – prima si facevano 400/300 quintali all’anno adesso per singola azienda se si arriva a 30/40 è un traguardo, abbiamo almeno il 60% in meno della capacità produttiva, ma con lo scavo del canale ci potremmo salvare. Oggi solo andare e tornare da Chioggia a Sacca Toro costa almeno 70-80€ di benzina, farlo tutti i giorni costringe a lavorare quasi gratis, considerando che i molluschi devono passare nei centri di depurazione autorizzati per essere venduti e ci sono altre spese. Gli scavi possono essere fatti anche con acqua calante e non è necessario fermare la nostra produzione perché i danni sono limitati. Nel 2012, con l’ultimo scavo, si è operato con la semina in corso. Insomma non ci sono alibi per riportare a favorire il circolo delle acque nella nostra porzione di laguna».
«A Chioggia c’è un detto: “per un ordine ghe vol un disordine”, ma non possiamo mandare all’aria un intero comparto per accorgerci che senza, l’economia si blocca – spiega preoccupato Marangon – Chioggia è la prima marineria d’Italia per barche e la seconda per produzione, il settore delle vongole da solo assorbe quasi 400 persone. Siamo rimasti in piedi fino adesso perché ci siamo ingegnati per salvare i nostri amati molluschi, ma se entro 6-8 mesi al massimo non si interviene quasi la metà delle 60 aziende che allevano in Sacca Toro rischiano di saltare. Ci siamo indebitati per produrre comprando semina e materiali, siamo molto preoccupati, perché al momento non vediamo futuro, non tanto per noi più esperti, ma per i giovani, col rischio di perdere la storia e l’identità di Chioggia».
«Non ce l’abbiamo con nessuno – conclude – ma questa burocrazia lenta rischia di schiacciarci e di creare un problema sociale, oltre che economico. L’Europa è assente e le nostre richieste arrivate a Roma, restano senza risposta. La pesca e l’allevamento a Chioggia son stati regolamentati negli ultimi decenni, con qualche cosa che poteva essere fatta meglio, come equiparare pescatori a itticoltori. Noi infatti seguiamo le maree, ma non vogliamo dover pensare che “si stava meglio quando si stava peggio”, ci sentiamo un po’ abbandonati come se si pensasse che tanto noi chioggiotti in qualche modo c’è la caviamo sempre. Questa volta non è così, ci serve un aiuto concreto. Per questo da settembre assieme a Coldiretti, che ci è stata vicino con Alessandro Faccioli e il Direttore di Chioggia Silvano Bugno, ci organizzeremo per chiedere un tavolo tecnico con Veneto Agricoltura e il Provveditorato, oltre al Prefetto. Siamo al limite per lo scavo del canale, se non avremo risposte siamo pronti a farci sentire, andando anche fino a Rialto o più in giù se serve».
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