È uscendo dagli schemi che si distingue un artista. Ricerca e novità sono le cifre distintive della mostra “Antares. Laboratorio di pittura Extra Ordinario”, allestita al Magazzino del Sale n. 3, che presenta una selezione dei lavori degli studenti del Corso di Pittura dell’Atelier F dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, uno tra i più riconosciuti nel settore (leggi qui). L’esposizione, a cura dei docenti Carlo Di Raco, Martino Scavezzon e dell’Atelier F, visitabile fino al 5 gennaio, presenta una serie di opere realizzate durante la quarta edizione del laboratorio intensivo “Extra Ordinario Workshop” che si tiene nei mesi estivi, mentre l’Accademia è chiusa. Un’ iniziativa, organizzata in collaborazione con Vulcano Agency, che ha visto centoventi artisti, sia giovani studenti che ex studenti già affermati, lavorare fianco a fianco nel Padiglione Antares di Vulcano, un hangar in cemento degli anni Trenta situato nell’area industriale del Vega a Marghera. Un’ esperienza unica che ha dato vita anche ad un catalogo a cura di Daniele Capra e Nico Covre, che sarà presentato a gennaio.
La mostra, attraverso le opere più rappresentative dell’ultima edizione del workshop, testimonia un percorso pluriennale di ricerca iniziato nel 2009 dall’Atelier F e dai suoi docenti di riferimento, prima negli spazi dell’Accademia a Forte Marghera e poi tra le pareti di Antares, messe a disposizione da Vulcano dopo che quelle dell’Accademia durante gli anni del Covid erano impegnate per dei restauri. L’esposizione racconta il processo di continuo scambio formativo fra differenti competenze e sensibilità, in un costante confronto. Grazie a modalità di lavoro orizzontali e partecipative, i partecipanti al workshop hanno potuto operare in un’intensa atmosfera laboratoriale caratterizzata dalla massima libertà espressiva. «In questo workshop la singola ricerca di ogni artista si fonde in un’esperienza condivisa. Quella che risulta non è una mostra su un particolare o un tema specifico ma l’insieme di realtà che continuiamo a rimescolare» spiegano gli artisti. Il workshop si svolge con studenti a partire dai 19 anni, appena entrati all’Accademia, e artisti già diplomati all’Atelier F di 35 – 40 anni che ormai vantano un’esperienza di molti anni e hanno fatto dell’arte il loro lavoro. Tutti artisti provenienti da varie regioni l’Italia o da paesi quali Cina, Kosovo e Bosnia. «Peculiarità del laboratorio è che ognuno individua un proprio linguaggio. – spiega il prof. Scavezzon – A volte emerge più una componente figurale riconoscibile, altre volte le opere tendono all’informale e a componenti geometriche».
L’esposizione, attraverso opere ad olio, acrilico, acquerello, tempera e grafite, propone molteplici filoni che non si possono etichettare in modo definito. Tante sono poi le opere di grandi formati realizzate grazie ai grandi spazi di Antares che permettono l’attività prima laboratoriale e poi espositiva, e di cui ora al Magazzino del Sale sono accolti i lavori più rappresentativi: «Le opere sfociano in verticalità, orizzontalità e anche nella terza dimensione, non manca infatti chi si è cimentato nel realizzare piccole sculture dipinte» dice Scavezzon. Tra i lavori compaiono sia scenari fantastici che legati alla contemporaneità, con riferimento sociopolitici e alla crisi ecologica: «I temi non sono diretti ma sempre celati attraverso l’immagine, che deve dare più sfaccettature per non essere mai banale» continua Scavezzon. A fianco alle opere degli studenti quelle di artisti, ex studenti dell’Atelier F, ormai affermati come Thomas Braida, ora docente allo Iuav, che ha realizzato un enorme granchio blu, o l’artista cinese Jingge Dong, che ha realizzato un polittico con significati legati alla politica attuata dalla Cina. «Sono figure importanti per noi studenti, esempio di ambizione e supporto» dicono i giovani artisti.
Tra le opere degli studenti esposte, spicca quella di Rebecca Zen che, partendo da due fette di pane in cassetta, ha colto la provocazione del prof. Di Raco di realizzare degli indiani che fuggono da mandrie di bisonti: «Sono temi da me già trattati che qui dovevo riuscire ad incastrare sul piano prospettico e di andamento». “Al primo sparo non si daranno alla fuga”, questo il titolo dell’opera, che riprende una frase del fumetto Tex, che porta in scena una ricerca-paradosso, in quanto quelli ritratti sono dei soldatini giocattoli e quindi la violenza rappresentata è in realtà finta. «Mi interessa la contrapposizione tra i giocattoli con connotati violenti e la morbidezza del pane» spiega Zen. Si concentra invece sulla figura umana la grande opera di Simone Rutigliano. «Mi interessano le danze popolari e i rituali. Dicono che abbia un’influenza classica ma in realtà nelle mie opere ci sono molti particolari astratti» dice. Se al centro del dipinto compare, con un tratto ben controllato, la schiena definita di una donna, l’immagine poi si allarga perdendo via via definizione, in particolare nella resa delle teste e dei piedi delle figure. Totalmente diverso invece il campo di ricerca di Giorgia Pirani che lavora sul tema del contatto ritraendo mani e capelli: «Il mio è un processo meditativo – dice -, prima inizio dal disegno e solo successivamente passo alla tela». Le sue opere sono esposte su una parete che presenta piccoli lavori dai diversi linguaggi realizzati della maggior parte degli artisti che hanno preso parte al workshop, un pannello che serve a far percepire ai visitatori la varietà delle opere prodotte e fare una sintesi dei vari linguaggi, tecniche ed esperienze presenti all’interno della mostra.
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