Una sinergia per il reinserimento nella società, che vede coinvolti il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria per il Triveneto e AVA Associazione Veneziana Albergatori, ha debuttato a Venezia con il primo neo-lavoratore impiegato nel ristorante di un albergo per dare una seconda possibilità ai detenuti offrendo un’esperienza lavorativa all’interno degli hotel veneziani. Dopo due anni di preparazione il percorso entra nel vivo, grazie al supporto di Veneto Lavoro per la formazione del personale, con l’obiettivo di creare dei corridoi professionali per assicurare un presente e un futuro per chi vuole emanciparsi attraverso il lavoro.
«E’ un’opportunità che si è creata grazie a una precisa volontà del Provveditorato e della Regione – spiega Daniele Minotto, vicedirettore AVA – oltre al primo lavoratore impegnato fra sala e cucina abbiamo dato avvio anche all’inserimento di un minore presso un’altra struttura. Questi sono percorsi che vengono scelti dalle persone e non imposti, vanno superate le paure verso chi affronta questa sfida volontaria perché è un segnale chiaro di volersi re-inserire nella società. Come AVA viviamo di turismo e quindi della valorizzazione del territorio e credo che anche questa forma di sostenibilità sociale possa migliorare la qualità della vita ed elevare lo standard della nostra destinazione. Per noi questo è solo l’inizio, a regime potremmo avere un numero importante di partecipanti al programma, contiamo di poter occupare quasi 1000 persone all’anno».
«Con questa iniziativa dimostriamo che lo Stato e i suoi presidi territoriali regionali possono trasformare persone relegate ai margini in nuovi cittadini – afferma Angela Venezia, Direttore dell’Ufficio III Detenuti e Trattamento del Provveditorato – questo è possibile grazie alla Legge Smuraglia, che permette alle aziende di fruire di sgravi fiscali assumendo persone in condizione di privazione della libertà, dando la possibilità di trascorre una parte della giornata di detenzione all’esterno del carcere per svolgere una pratica lavorativa, che una volta esaurita la pena non solo dà l’opportunità di professionalizzarsi ma anche di maturare un’esperienza spendibile sul mercato del lavoro. Questo progetto pilota che parte da Venezia, si estenderà all’intera regione».
«AVA crede in questo percorso – aggiunge Minotto – tanto che avvieremo percorsi di formazione direttamente in carcere per formare le persone da inserire nelle nostre strutture alberghiere. L’obiettivo che condividiamo con l’Amministrazione Penitenziaria è agevolare e professionalizzare il reinserimento, ci piacerebbe che buona parte dei detenuti che iniziano questa attività restassero anche a seguito del periodo di detenzione, sarebbe davvero il coronamento di un percorso di rinascita personale, oltre che lavorativa. L’individuazione dei candidati sarà a cura delle Direzioni carcerarie, in modo da offrire l’opportunità ai più idonei, per dare un riscontro tangibile alla volontà di voler ricominciare voltando pagina col passato».
«Vorremmo però portare il lavoro anche direttamente all’interno dei penitenziari – aggiunge Minotto – attraverso un secondo protocollo di intesa con l’Amministrazione penitenziaria regionale dedicato ai detenuti che non sono autorizzati a uscire dalla struttura. Questo avviene già con la cooperativa Il Cerchio, che ha avviato un’attività di lavanderia all’interno del carcere femminile della Giudecca a Venezia che per molte nostre strutture è diventato un fornitore affidabile di alta qualità, per questo vorremmo potenziare forme di collaborazione di questo tipo. Come AVA rappresentiamo più dell’85% degli hotel veneziani, quindi possiamo ampliare il lavoro di questa realtà, assorbendo nuova manodopera».
«Noi di Veneto Lavoro ci occupiamo di preparare i detenuti con dei corsi dedicati – aggiunge Alessandra Rossi – si tratta di un’attività alla base del reinserimento lavorativo, in modo da dare tutti gli strumenti per svolgere le mansioni in sicurezza e nel rispetto della procedure previste. Offrire nuove opportunità nel contesto alberghiero in una città come Venezia, dove il settore è trainante, può agevolare il futuro lavorativo di queste persone, incrociando la domanda con l’offerta. Le attività vengono organizzate il collaborazione con il COGES Don Milani già nell’istituto femminile in città, ma la Regione crede talmente in queste iniziative da averle estese in tutti i territori su vari penitenziari, si tratta di un esempio proficuo di collaborazione pubblico-privata, l’auspicio è proprio quello di attrarre sempre più imprese per offrire queste forme di riscatto sociale e umano».
«Quello che mi ha colpito di più è vedere l’entusiasmo del primo ragazzo inserito in questo percorso mentre svolge la sua giornata come un comune cittadino, uscendo e rientrando soddisfatto negli orari definiti dal carcere – racconta Enrico Farina, direttore del carcere di Santa Maria Maggiore – ogni giorno ringrazia me e gli operatori per questa opportunità, ma noi gli ricordiamo che deve ringraziare sé stesso perché è lui artefice delle basi che sta creando per tornare dalla propria famiglia che lo sta aspettando avendo colto una grande opportunità e non solo avendo scontato una pena, costruendo veri e propri “ponti di rinascita”».
«Questa importante esperienza di avvio è solo l’inizio – conclude Minotto di AVA – ci sono già altre persone in formazione e con l’opportunità che offre al città, con 8.000 posti di lavoro diretti e un turn over continuo del personale non sarà difficile impiegarli. Per noi albergatori è anche un modo per contribuire alla collettività favorendo meccanismi occupazionali per evitare recidive e per aiutare veramente i detenuti in questo percorso. Con tutte le cautele del caso, che prevedono un’attenta fase di valutazione del comportamento del soggetto antecedente al permesso di svolgere attività lavorativa, i nostri imprenditori sono entusiasti del progetto iniziando a vedere il carcere come risorsa che per agire per il bene di Venezia».
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