La sua gloria artistica fu come una meteora, veloce ma luminosissima. Sono trascorsi cento anni dalla nascita dell’artista, veneziano d’adozione, Mario Marabini (1923 – 1962), che nelle sue sculture seppe tradurre sentimenti profondi. Bolognese di nascita, Marabini si trasferisce ancora molto giovane con la famiglia a Venezia, città dove riceve la sua prima formazione scolastica con il fratello Ottone, anche lui artista. La sua formazione artistica seguì un percorso di studi accidentato a causa della chiamata alle armi, che lo vide coinvolto come paracadutista e partigiano combattente durante la Seconda Guerra Mondiale e che lo portò a 18 anni ad interrompere bruscamente gli studi artistici. Quando nel ’43 torna in città, profondante segnato dalla guerra, inizia a formarsi e lavorare con il fratello come mosaicista. È però grazie alla conoscenza dell’artista Luigina De Grandis (leggi qui), che poi diventerà sua moglie nel ’53 ad Assisi, che all’età di 25 anni riprende a studiare all’Istituto d’arte per poi iniziare ad insegnare nelle sciole del territorio e contemporaneamente riprendere la sua sperimentazione artistica iscrivendosi nel ’55 all’Accademia di Belle Arti. Qui frequenta il Corso di Scultura tenuto da Alberto Viani, dal quale poi si discosterà per seguire il linguaggio di Arturo Martini. Nel ‘54 nasce la figlia Chiara, oggi direttrice dell’Archivio che custodisce le sue memorie (leggi qui), che rappresenterà amorevolmente in diverse sculture e ritratti.
Abile e raffinato nel disegno, una parte questa ancora tra le meno conosciute dell’artista, nel primo periodo della sua produzione artistica si esprime alternando pittura, mosaico e scultura. Verso la fine degli anni ’50, e ancor più nel primo biennio successivo, la ricerca artistica di Marabini è focalizzata prevalentemente sullo studio della figura umana, esprimendosi attraverso piccole sculture di raffinate figure in gesso, cera e bronzo. Le sue opere si concentrano su una semplificazione formale, alla volta di un sereno e armonioso naturalismo. Costante è la ricerca del dinamismo e del movimento, soprattutto quando riprende con leggerezza i passi di danza delle ballerine, come si deduce anche dai disegni preparatori. Le posizioni sono studiate e ricercate, così come la tensione degli arti, come è ben visibile nell’opera “Tuffatore”. Nelle figure di donne, realizzate nei disegni in posizioni accovacciate, realizza invece accurati studi di luci e ombre. Non manca però una parte dei suoi lavori dedicata anche a centauri, tori, cavalli e cavalieri.
Dal 1961 si misura anche con grandi formati. Tra le sue opere “Donne al sole” è una delle sculture più grandi realizzate, dove lo studio per esaltare i panneggi delle vesti rimanda anche ad un certo classicismo scultoreo. Inoltre, partecipa ad un concorso pubblico per il monumento a Mazzini in occasione dei cento anni dall’Unità d’Italia, in cui progetta un basamento in gesso geometrico, a cui si appoggiano le tre figure sintesi del pensieromazziniano: Unione, Concordia e Repubblica. Nella parte alta, invece, la figura intera di Mazzini risente della statuaria risorgimentale che Marabini aveva apprezzato in città. Inoltre, è significativo riscoprire la produzione di opere musive. Tra le più famose e monumentali vi sono i due mosaici realizzati per la scuola Pacinotti di Mestre e i mosaici della stazione di Trento che eseguì, in collaborazione con Romualdo Scarpa e con Cesarina Seppi, nella tecnica “dritto su muro”, realizzando tredici stilizzate e raffinate grandi scene dal sapore arcaico che si ispirano al territorio, ai mestieri e alle stagioni. Sculture dell’ultimo periodo, che si fanno più patetiche e liriche, sono poi la “Pietà” e la “Supplica”, quest’ultima ora esposta in mostra in Sala San Leonardo a Venezia (leggi qui). Gli anni ’60 e ’61 sono i più fecondi, soprattutto in ambito scultoreo. È però nel momento più alto della ricerca artistica che si interrompe la vita l’artista, quando nel 1962, a soli 39 anni, con la moto precitata sul greto di un fiume, proprio mentre andava alla ricerca di alcune pietruzze per un mosaico che doveva presentare alla Biennale d’Arte e che stava completando su un cartone della moglie Luigina. Termina così una carriera promettente che stava spiccando il volo.
Pochi, vista anche la breve vita dell’artista, sono i materiali a disposizione dell’Archivio, che ne custodisce le sue memorie e con cui si è cercato di ricostruire la breve ma significativa carriera dell’artista. Molte ancora oggi però sono le tematiche che possono essere ancora approfondite. Sicuramente c’è ancora molto da scoprire circa le sue abilità nel campo della grafica disegnativa, che raggiunse livelli altissimi, indipendentemente dagli studi preparatori per la scultura. L’Archivio De Grandis Marabini conserva trecento fogli, molti di questi datati, che sono stati preziosi per consentire di collocare cronologicamente le opere scultoree. Oltre a questi, non mancano scenografie e un nutrito corpus di disegni dedicati al teatro, in cui studia scene e costumi che aprono un mondo sulle abilità e sensibilità dell’artista ancora in parte da approfondire.
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