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Una pluralità di linguaggi unici: l’arte è Potenza

Artista eclettico e versatile, il maestro veneziano Gianmaria Potenza, arrivato ad 87 anni, continua a creare opere monumentali

Sculture bronzee di grandi dimensioni, realizzazioni in mosaico e marmo, ma anche legno, polistirolo, acciaio, cemento, ceramica e tessuto. Opere che mescolano insieme natura e architettura, connotate da linguaggi simbolici e alfabeti sconosciuti, in una continua tensione tra segno e immagine. Tutto questo contraddistingue l’arte del maestro Gianmaria Potenza (1936) che, partito da Venezia, dove ancora lavora nel suo studio in Rio Terà Ognissanti, ha esportato la sua arte nel mondo, lavorando principalmente per grandi committenze sia in Italia che all’estero, in particolare per la decorazione di navi, hotel, chiese ed edifici pubblici. Artista eclettico e versatile, ma con uno stile ben definito e riconoscibile, nel cui segno è nata la Fondazione Potenza Tamini (leggi qui), Potenza, arrivato ad 87 anni, non può fare a meno di mettersi a creare ogni giorno. Disegna e crea i modelli delle sue opere fino a portarli a grandezza naturale: «Non potrei fare a meno dell’arte. Ogni mattina alle 8 sono giù a lavorare nello studio. – racconta il maestro – Quando creo non parto mai con le idee chiare ma seguo il cuore e l’istinto, prendo una matita e inizio a disegnare su un foglio, altre volte vado direttamente al modello». Ad ispirarlo è la natura e in particolare la sua città: «Nei colori delle mie opere c’è Venezia, la trasparenza dell’acqua, i riflessi, la luce e l’oro che richiama l’arte Bizantina».

Gli inizi

La passione per l’arte l’ha ereditata dai suoi due zii, il fratello del padre, il pittore Primo Potenza, e quello della madre, lo scultore Ennio Pettenello: «Lo zio Primo aveva lo studio attaccato a casa mia e da bambino, mentre dipingeva, mi mettevo vicino a lui a sporcare con i colori» racconta Potenza. Finita la quinta elementare chiese così ai suoi genitori di fare l’Istituto d’Arte, dove ebbe grandi soddisfazioni: «Lì mi hanno spinto a sperimentare varie tecniche. – racconta – Andavo a scuola alle 6 e incominciavo a dipingere. Quando arrivavano i miei compagni avevo già riempito il pavimento della sala. Ero il prediletto del direttore, l’architetto Giorgio Wenter Marini, che ogni giorno mi permetteva di seguire corsi diversi: dalla ceramica al vetro inciso, fino alla tessitura». Ancora allievo realizzò due grandi graffiti per la Scuola media di Rovereto e, giovanissimo, nel ‘52 e nel ‘54 come miglior allievo espose alla Biennale d’Arte. Una partecipazione, quella alla Biennale, in cui tornò più volte da artista affermato, a partire dal 1986, quando espose la scultura galleggiante “Ninfea Armonica”, un grande fiore di 7 metri di diametro collocato di fronte ai Giardini, dove unì scultura e suono. Nel 1956 si diploma e inizia a lavorare nel piccolo studio sotto casa, avviato ancora prima di concludere gli studi. Prestissimo iniziò a collaborare con importanti architetti quali Luigi Vietti, Luigi Nervi e Giò Ponti, inoltre realizzò diverse pubblicità per le aziende. Del ‘68 è la creazione a Murano della vetreria “La Murrina”: «A Natale volevo regalare agli architetti dei vasi che avevo disegnato e sono andato da Ulderico Moretti per realizzarli con Lino Tagliapietra come servente. Da questo insieme a Moretti è nata “La Murrina”, dove promossi Tagliapietra a maestro. Successivamente Moretti si ritirò e io continuai a realizzare opere dall’originale design. Dopo otto anni però decisi di dedicarmi totalmente alla mia arte».

L’esperienza in Vaticano

Presto trovò un modo originale per lavorare anche il velluto bruciando la stoffa con l’ausilio del pirografo e degli acidi, creando disegni e geometrie. Fu così che gli venne in mente di realizzare delle casule per la Santa Sede: «Con l’intraprendenza tipica dei giovani arrivai con la mia Flaminia coupé in Piazza San Pietro, parcheggiai a pochi metri dalla Basilica e chiesi di mons. Macchi, a cui consegnai la casula per Papa Paolo VI». Da lì mi ordinarono diverse casule per regalarle ai sacerdoti con cui il Papa concelebrava la messa. Erano così tanti ordini che dovetti creare una piccola sartoria in casa» ricorda. Incontrò Paolo VI due volte: «Fu sempre una grande emozione. La seconda volta lo vidi con il braccio ingessato e ricordo mi chiese cosa fosse successo. Per l’occasione gli regalai una croce di vetro con le murrine che tenne sul suo scrittoio» dice, raccontando che per il Papa realizzò anche diversi calici. Da lì molte sono le opere che ha realizzato per le chiese, tra cui grandi vetrate e lampadari, fino all’ultima impresa: l’adeguamento liturgico della cattedrale di Cremona, ultimato nel 2022 dopo due anni di lavori, dove ha realizzato in bronzo l’altare, l’ambone e la cattedra di 300 kg.

Un nuovo modo di interpretare

Negli anni ’80 Potenza raggiunge la maturità artistica. È il periodo in cui realizza le prime sculture in bronzo a cera persa e le pitto-sculture. Presto molte sono le innovazioni che il maestro porta in campo artistico, prima fra tutte la reinterpretazione del mosaico bizantino con gli occhi della contemporaneità, a cui conferisce per la prima volta tridimensionalità, ideando sculture in mosaico che prima non esistevano. «Invece che usare il mosaico di piatto, come è consuetudine fare, realizzo le opere posizionando le tessere in smalto vetroso di taglio» spiega il maestro, che così si avvicina di più alla scultura che alla pittura. È in questo modo che ha rivoluzionato la tecnica del mosaico, come tenne a sottolineare il maestro Licata. Altrettanto significative sono le sculture in legno “Elaboratori”, ispirate ai nuovi linguaggi che negli anni ’90 iniziavano ad entrare nelle case con i computer. Opere che diventano non solo il racconto di un’epoca ma nuovi codici e geometrie essenziali, che nel 1994 porta in mostra al Museo di Arte Turca e Islamica di Istanbul. Tutte creazioni a cui Potenza conferisce un ritmo intrinseco, una sorta di spartito segnico che chi sa leggere la musica può provare ad interpretare e musicare: «Con la neonata Fondazione – conclude Potenza – vorrei organizzare un concorso per i ragazzi del Conservatorio, così che guardando ed interpretando i miei lavori possano ispirarsi e creare nuova musica».

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